Un tentativo di profumo, il più buono della profumeria, per poter pensare ancora ai tramonti come un rosso orizzonte potente di sole. C’era stato certo un tempo nemmeno troppo distante dove anche una macchia sui vestiti faceva sorridere. Ora invece ogni ricerca di perfezione altro non era che un traballante monumento. Solo l’avere ancora tra le mani una giovane dava loro qualcosa di autentico, di non ancora sciupato, in un certo senso loro stesse che potevano essere l’altra. E il desiderio lavava via l’invidia. Ero la loro cucciola, e mi lusingava esserlo. Forse un giorno sarei stata così anch’io. Avrei anch’io speso ogni risparmio per avere accanto la bellezza, mi sarebbe sembrato tanto, come tanto era per loro vedersi risorgere.
Sbagli e successi che più si spostano con il tempo meno importano e più gravano, sbagli che con il tempo devono avere delle scuse che tengano bene, e successi che passata una certa età rischiano il ridicolo. Ogni sforzo per migliorare che vedevo in queste donne non faceva che esasperare la loro irrefrenabile caduta. Eppure cos’è che mi dava il diritto di pensarle così? Il fatto di essere ancora in prima fila. Lo sapevo e mi facevo guardare dal basso verso l’alto. Tutto questo dopo mi dava una gran nostalgia del futuro, del mio, e pure del loro passato. Altro non era che la stessa storia in fin dei conti, su binari diversi, sì, ma la stessa.
Le giornate di fronte, dalla finestra il tempo alternarsi. Mi chiedevo, anche se non potevo vederlo, sole dopo sole, pioggia dopo pioggia, cos’è che mi portava avanti, dove riconoscere un segno che quella di ieri non c’era più, se sarebbe bastata una sola notte per potermi cancellare. In fin dei conti è tutto un attimo dilatato dalla percezione. Sapere di cambiare e non vederlo. Con uno specchio mi avvicinavo tanto gli occhi da vederne uno intero e grande, come poter entrare in quell’uno al di sopra di tutto.
Il passato c’era stato e mi aveva portato fino allora, a quegli angoli, a quel tempo, a quegli uomini, a quelle donne, nelle malattie delle strade e delle menti. In quella vita fatta più spesso dalle cose che non si scelgono che da quelle che si scelgono, mi trovavo a vivere nella povertà con l’incubo di non uscirvi, eppure allo stesso tempo cercavo di fregare il denaro buttandolo o puntando tutto sullo 0. Scommettendo tutto-tutto-tutto, per esserci comunque per intero anche nelle spezzature. E quante volte dirmi che la paura non era paura, ma solo prudenza e quanto spesso mi rassicurava l’idea che il coraggio fosse imprudenza.