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News e appuntamenti


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IN LIBRERIA

29 aprile 2011

Jovanotti - quando sarò vecchio

O sto invecchiando appunto, o questa canzone di Jovanotti non mi dispiace affatto.

23 aprile 2011

La trasparenza del male (il l look)



Stavo leggendo questo testo di Jean Baudrillard “La trasparenza del male”, bene ho trovato che assieme a Jeremy Rifkin e Naom Chomsky (e qualche altro illuminato fuori tempo) proponga questo tempo con una chiarezza e una lucidità rispetto la nostra evoluzione sociale, identitaria, emozionale, non ché politica ed estetica incredibile. Penso posterò diversi passaggi, perché son questi temi sui quali riflettere, ma farlo con quel minimo di sforzo che la riflessione dovrebbe comportare, e questa analisi sfonda come dire una porta aperta sulla quale troppo spesso pensiamo di starci a guardare uno splendido paesaggio, ma più facilmente nemmeno si tratta di una proiezione nemmeno cinematografica. E ‘ bel altro che bellezza.

La trasparenza del male, saggio su fenomeni estremi  
dal capitolo “transessuale" 





“Non abbiamo più il tempo di cercarci il tempo in un archivio, in una memoria o in un progetto o in un avvenire. Ci serve una memoria istantanea, un collegamento immediato, una sorta di identità pubblicitaria che possa verificarsi nel momento stesso. Così quel che cerchiamo oggi non è più tanto la salute, che è una sorta di equilibrio organico, ma uno splendore effimero, igienico e pubblicitario del corpo - ben più una performance che uno stato ideale. In termini di moda e di apparenze quel che cerchiamo non è più la bellezza o la seduzione, ma il look.
Ognuno cerca il proprio look. Dato che non è più possibile trarre argomenti dalla propria esistenza, non resta altro che fare atto d’apparenza senza preoccuparsi d’essere, né tantomeno di essere guardati.
Non già: esisto, sono qui, ma bensì sono visibile, sono immagine...look, look! Non è neppure narcisismo, è un’estroversione senza profondità, una sorta di ingenuità pubblicitaria, in cui ciascuno diventa l’impresario della propria apparenza.
Il look è una sorta di immagine minimale a bassissima definizione come l’immagine video, una sorta di immagine tattile, direbbe MacLuhan, che non provoca nemmeno lo sguardo o l’ammirazione, come ancora fa la moda, ma un puro effetto speciale, senza significazione particolare.
Il look non è già più di moda, è una forma oltrepassata della moda. Non si rifà neppure più a una logica delle distinzione, non è più un gioco di differenze, bensì gioca alla differenza senza crederci. E’ indifferenza. Essere se stessi diventa una performance effimera, senza domani, un manierismo disincantato in un mondo senza maniere...”


Così, il sesso non è più nel sesso, il politico non è più nel politico: l’uno e l’altro infettano tutti i campi, l’economia, l’arte, la scienza, la dietetica, lo sport… per questo oggi solo i “fenomeni estremi” attirano quel poco di attenzione che ancora resta: l’Aids, i virus informatici, il terrorismo, i crack di Borsa. Ognuno di essi è il precipitato clinico della contaminazione del sesso, della comunicazione, della politica, dell’economia, e tutti si toccano e si contaminano…In una diffrazione all’infinito, tutti gli avvenimenti della vita sociale ci arrivano ma non possono toccarci perché sono privi del loro referente, del loro contesto, della loro storia, di ciò che li definiva come fenomeni particolari e identificabili… Le cose continuano a funzionare, ma sono scollegate dalla loro idea, dal loro valore, dalla loro origine, dalla loro destinazione. Si pensi alla politica, o alla televisione” (Intervista a Jean Baudrillard, “Libération”, 15 febbraio 1990).
Jean Baudrillard (Reims 1927- Parigi 2007). Dal 1966 al 1987 ha insegnato sociologia all’università di Nanterre. Ha pubblicato tra l’altro Il sistema degli oggetti (1969), La società dei consumi (1970),Dimenticare Foucault (1977), All’ombra delle maggioranze silenziose(1978), Le strategie fatali (1983), La sinistra divina (1985), America(1986) e Cool memories (1991).

08 aprile 2011

A Silvia Tagliaferri

















La morte fa veramente schifo, ed è qualcosa di tremendo, di qui on ci si esce, se non per quel chiudere gli occhi in maniera pacifica col mondo.
La settimana scorso ho perso una delle mie migliori amiche, e la cosa che davvero pare impossibile quando succedono tragedie simili, nell'immediato pare impossibile che qualcuno che hai ben presente, direi benissimo presente, presentissimo non ci sarà mai più.
E appena lo sai pensi ti pare ancora più impossibile non poter mettere un piede nella linea dell'indeitro a fermare il corso dei fatti, prima che quell'infinito cominci a farsi strada tra te e chi ti è caro.
Però posso dire di esser anche molto incazzata, incazzata con questo mondo, con la nostra società col fatto che ti costringono a doverti sentire adatto, e la cosa che mi fa anche più incazzare che le persone dotate di una maggiore sensibilità che spesso coincide anche con la fragilità finiscano con l'essere schiacciati da questi "doveri etici" nei confronti di questa merda di società. Dove se non hai un lavoro di un certo tipo, una   relazione di un certo tipo, uno status di fatto di un certo tipo tacitamente ti snobbano, e anche se te sei la persona più stupefacente del mondo non gliene frega proprio nulla, te devi dimostrare quelle stronzate date dall'accademia del vivere.
Ma una cosa è certa, sembra nessuno sia mai responsabile di nulla,  mentre andrebbero tutelate persone che hanno qualcosa da dire realmente, persone che farebbero davvero bene, darebbero respiro alla società e dalla stesa vengono letteralmente fatte fuori.
Le parole poi son davvero poca cosa difronte a tragedie simili, perché è come avere un vortice e un crepaccio nel cuore dove si è sprofondati senza diritto di replica alcuna.
Resta un vuoto incolmabile, che non sarà facile dire col tempo tutto se ne va, anche se è vero il bello e il brutto si attutisce, ma dal momento che tutti saremo di troppo per sempre anche un'assenza prende la stessa eternità. Ed ora come faccio a scriverle a chiamarla a fare tutto quello che avrei potuto fare prima in un qualsiasi momento.
E la cosa buffa è che aveva sempre un parola buona e di conforto quando erano gli altri a stare male, e poi era lei che non poteva più stare qui.
Non ci sono cose razionali per cui posso dire che in tutto questo si poteva evitare con grande grandissimo rammarico tutto dovrebbe essere stato diverso; certo è che chi si toglie la vita si leva un peso, ma lo dà moltiplicato ai propri cari, e poi guardo questo sbocciare di primavera e mi incazzo ancora di più, e mi verrebbe da dire "cogliona cosa ti sei persa".
Ma forse tutte le scelte vanno rispettate anche se una voce cara è difficile da sopportare solo nel ricordo, ed ora dovrà passare quel tempo necessario  a fare diventare nostalgia il dolore, ma che dolore.

voglio dedicare oltre a De Andrè e l'ho già fatto che adorava e piangeva da tanta poesia quando l'ascoltava questa sentita canzone di Marco Ongaro.