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News e appuntamenti


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IN LIBRERIA

26 febbraio 2007

Essere donna



E' confortante sapere che il valore aggiunto dell'essere donna sia in quel che non si ha...

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25 febbraio 2007

Desiderare


Di questi tempi bisogna desiderare con parsimonia.

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20 febbraio 2007

Ridere è come piangere all'incontrario


"Ridere è come piangere all'incontrario", un verso di una canzone dei "Le Masque" diceva. Ed è una frase che porto del cuore. Come dice pure un altro verso di Learco Pignagnoli "

"Se non c’è niente da ridere vuol dire che non c’è niente di tragico, e se non c’è niente di tragico che valore vuoi che abbia?" . Credo sia davvero sottovalutato un certo tipo di ironia di comicità che spesso viene vista come deteriore rispetto ad altre forme letterarie o creative.

Invece è proprio perché ciò che ci fa ridere è - quel colpire le debolezze - che sono le debolezze del genere umano. Quelle che ci possono dare la prospettiva di questo essere niente, come valore assoluto tra le distanze che accomunano gli essere umani.

Learco Pignagnoli tra una battuta e un colpo dio frusta ce lo spiaccica bene in faccia, questa pochezza di cui a volte andiamo fieri portandola come stendardo vittorioso. Del resto come ho già detto dalle proprie bassezze ognuno vede le proprie profondità.

Ho fatto una scelta di alcune opere. Quelle che fan ridere fan ridere, fan ridere che stroncano - quelle che stangano, stangano. Consiglio la lettura SOPRATTUTTO degli ultimi 3 pezzi per rendersi conto di quanta verità ci possa essere in alcune opere. e la verità senza che sia veridicità, è la verità in quanto elemento in cui tutti possiamo riconoscerci. Certo a volte sta in fondo, in fondo così in fondo che a volte si fa fatica a guardarci.


Ve le consiglio di vivo cuore

Opera n. 16

Quando eravamo giovani e andavamo fuori in gruppo, c'era sempre uno che non potevo compatire e che voleva fare un po' il poeta, come aria. E diceva sempre delle frasi tipo: Qual è il senso della vita? Noi chi siamo?

Perdìo, io lo sapevo chi ero. Ero Silvio Soncini.

Opera n. 33

C'era uno che quando parlava di sua moglie, la chiamava sempre "mia moglie" e mai col suo proprio nome. Mia moglie qui, mia moglie là. Era an

che un tipo un po' elegantino, sempre ben rasato e con la cravatta. Finché un giorno non l'abbiam visto in un'osteria che beveva del vino rosso ed era tutto spettinato con la barba lunga. Allora gli abbiam detto: Oh, come sta tua moglie? Ma lui non ha risposto niente. Guardava fisso nel suo bicchiere dove c'era appena caduta dentro una farfalla che s'era strinata contro il lampadario.

Opera n. 54

Si possono dire un sacco di cose, tutte marce.

Opera n. 136

Si va all'inferno, però uno non lo sa. Continua a chiedersi: Sono all'inferno?

Opera n. 137

Prendiamo un tipo come Hitler, era mica meglio ammazzarlo quando era ancora un ragazzo? Tutti avrebbero detto oh che crimine hanno ucciso un ragazzo di quattordici anni! Parlate pure, s'è visto che bella roba ha fatto. Ma se non ci fosse stato lui ci sarebbe stato un altro, Himmler, o Goering, dicono. Intanto cominciamo da lui, cominciamo dai responsabili diretti e individuali.

Opera n. 175

Comunque ricordatevi che se comprate un libro di Moravia non comprate un libro ma un mezzo chilo di carta. Se avete bisogno di carta va bene, avete fatto un buon acquisto, soprattutto se avete comprato il libro ai remainders o in edizione economica. Ma se lo avete comprato per leggere qualcosa allora non ci siamo. Non ci siamo neanche lontanamente. Non ci siamo proprio. Non ci siamo nel modo più assoluto. Non ci siamo per niente. Non ci siamo affatto. Se avete comprato il libro perché avevate bisogno di carta va bene, è un acquisto azzeccato che non si discute. Ma se lo avete comprato per leggere qualcosa allora non ci siamo. Non ci siamo neanche lontanamente. Non ci siamo proprio. Non ci siamo nel modo più assoluto. Non ci siamo per niente. Non ci siamo affatto.

Opera n. 205

Le grandi emozioni sono nella prima volta. La seconda volta produce emozioni riflesse, che si hanno ric

ordando, o perché spinti da un’immagine che si presenta familiare, o perché c’è qualcosa nell’aria che fa fare una involontaria associazione di pensieri. La terza volta invece è già diversa, perché non è più possibile il rapporto diretto con la prima, anche se molti pensano che ciò sia possibile e dichiarano che anche la terza volta nel suo legame emotivo con l’accaduto è simile alla prima o a quello che si prova la seconda volta. La terza volta invece non è mai così. La delusione ha già fatto il suo corso, ha appassito i vostri pensieri, e diciamo che la terza volta si presenta come un mondo in cui si vaga senza particolari apprensioni o aspettative. Un mondo in cui vige l’indifferenza. I legami con la prima volta ci sono e anche ben visibili. Alcuni li vorrebbero dipendenti direttamente dalla prima, ma non è così. Sembrano diretti, ma non lo sono, perché nella vostra mente ha operato il lavorio distruttivo della delusione provata la seconda volta. (La seconda volta è quella più importante, duratura, realistica, non modificabile). La quarta volta, se ci proverete una quarta volta, vi sentirete di casa, e ciò provocherà il malessere dell’assuefazione o dell’abitudine. E come subentra l’abitudine il discorso è chiuso. Possono ancora emergere ricordi dalla prima volta, m

a saranno come graffiti oscuri o come certi ritornelli di ballate popolari che nell’essersi tramandati da una generazione all’altra si sono modificati al punto da essere quasi incomprensibili. Ma ciononostante si rimane lì anche la quarta volta, e ci si aggrappa a quella prima volta di tanti anni prima che era stata così importante per la vita. E in fondo è questo il punto in cui si snoda il senso della vita. Quella prima volta, se fosse andata bene, avrebbe determinato una sequenza di eventi. Ma non essendo andata così, c’è il ripetersi dell’esperienza infruttuosa che conduce all’annichilimento per il tramite della ripetizione insensata. E la quinta volta è quella della noia. La prima volta appare ormai lontana e irripetibile. Qui si sente nostalgia anche della seconda, in cui si era provato un senso di delusione; si sente nostalgia della terza, dove a ben pensarci si era con un piede già fuori di questo mondo, e si sente un filo di emozione per la quarta, quella appena trascorsa e che sembra ormai così lontana. Si vorrebbe tornare alla quarta, infatti. Dire: In fondo non avevo capito che si poteva star lì, senza pensare a nient’altro. Ma si era cercato qualcos’altro, sempre più in là, nell’impossibile tentativo di tornare alla prima volta, per riviverla daccapo e vedere se poteva andare un po’ meglio.


POETRY NUMBER FOUR


Era come il modo che ti guarda il cane

Così implorante e allo stesso tempo fiero

La tua vita che andò fra speranze vane

Nel gioco della mente soprappensiero.


POETRY NUMBER FIVE


Ah, consumatrice di spettacoli

Dove sei stasera? al cine?

Sei andata a vedere il film che ha vinto il Leone di Venezia

O quello che ha vinto l'Orso di Berlino?

Era quello che parlava di uomini e donne

Se non sbaglio

Di un rapporto

Che tu chiamavi intrigante

Ammirando la complicità che hai visto fra di loro!

E la recensione di quel libro

L'hai poi letta? Parlavi sempre di quel libro,

Avrà letto la recensione, pensavo.

Ma il libro intero

L'hai mai letto? Non lo so. Io,

Conoscendoti, pensavo:

Avrà letto la recensione.

Ne parlavi sempre.

Eh, consumatrice di spettacoli?

Consumatrice di riviste

Di giornali

Di carta.

Consumatrice di spettacoli, dove sei?

A teatro? C'è un poeta che legge o uno scrittore?

Non c'è per caso un calzolaio, un idraulico,

Un imbianchino, un muratore che parla

Dove sei tu

Ad ascoltarlo?

Chi c'è?

Un poeta? Uno scrittore?

Ma tu sarai al cine.

Hai controllato sul giornale

E finalmente danno il film che ha vinto

Il Leone di Berlino.

Sarai lì a guardarlo.

Che poi tu mandi una e-mail al tuo ex uomo

Che adesso è in viaggio lontano.

Eh, consumatrice di spettacoli?

Ci ho preso?

Oppure telefoni a quell'altro

Che dicevi essere tutto tempo perso?

Il tempo l'ho perso io

Che ora mi guardo intorno

Perché il mio cane ulula

Da basso

Perché si sente solo.

Ma consumatrice di spettacoli

Ne hanno fatto di soldi con te

Tutti quei cialtroni

Che vedevi sul giornale.

Nuiorch-sul-Naviglio (Milano), 31 gennaio 2000.







L'orhestra "l'usignolo e i lettori della opere di Learco Pignagnoli . Da sx verso dx gli scrittori: Paolo Nori, Daniele Benati, Marco Raffaini, Ugo Cornia.

19 febbraio 2007

Blog

Buondì - allora solo a scopo informativo - ho facilitato l'accesso al blog, quindi chi volesse partecipare ai post lo può fare senza essere iscritto - questo significa che mi tocca poi filtrare da me ^_^ ... se come a volte capita ci sono commenti inopportuni faccio io da filtro, visto che spesso mi si scrive di non riuscire ad accedere facilmente...Così una sciocchezza.

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17 febbraio 2007

La ragazza definitiva


Bene, fatto, titolo definitivo,
La ragazza definitiva come dire mancano 2 mesi circa all'uscita... e due mesi passano in fretta, se penso a quando l'ho scritto; ormai più di una anno fa...oggi mi hanno annunciato che c'era la notizia sull'Espresso, non ne sapevo nulla, beh è stata una bella sorpresa, come dire un pò di vanità... ^____^

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qui accenno su La Stampa

15 febbraio 2007

Sogno


Ti sogno come sogno i morti cari
Lontani, ma che mi parlano al cuscino.
Ti penso come penso a loro
come ci siano, ma lasciandoli là
perché non posso averli vicini.
Solo il sogno mi riporta a quella strada,
a poterti vedere senza pensarti lontano.
O poterti pensare felice, vicino o lontano.


Eppure in quel sogno c'era la neve
il cane ti era scappato, e tu non c'eri.
Ha riconosciuto le mie impronte,
saltellava e faceva giri in tondo che ero io,
così l'ho condotto sulla via, su per la salita
che porta al tuo cortile di montagna
che era d'un un bianco rado pure quello,
ma non mi son fatta vedere.


Forse mi avresti sorriso,
e sarebbe stato tutto daccapo.
Il cane ha riconosciuto la sua casa,
ha sentito il tuo odore, e pure io.
Ho guardato verso il cortile bianco
il cane gioiva gagliardo su quella neve
e pure gli animali del bosco gioivano
che l'avevo riportato indietro.


In un coro largo mi ringraziavano
Io pure li ringraziavo che mi commuovevo
Era come mi parlassero di te.
Camminavo all'ndietro tendendomi stretta
speravo di vederti in lontananza
senza che tu potessi accorgetene,
ma forse non era quello che volevo,
o forse sì.


12 febbraio 2007

Giovanna e bivio

Visto che domani su Italia 1 sarà protagonista Giovanna Casotto, posto questa foto fatta ormai qualche anno or è con lei...
ah beata gioventù...

(chi l'ha detto l'ammazzo!)

07 febbraio 2007

Guest-book

Allora rispondo qui dal blog perché sul guest-book non mi pare luogo. Avevo detto di lasciar perder e invece, vabbé.
Allora per “Punk” – hai ragione la mia è una buttata sui punkabbestia, mi piaceva l’idea di descriverli in quel modo, e pure i capelli - perché appunto mi pareva questa visione “suonasse” bene visivamente. Io lavoro in Accademia di Belle Arti e non è quindi il mio non è un fatto generico sui punk, mi rifaccio quindi un po’ a quello che vedo nell’ambiente lavorativo - e sinceramente trovo anche in alcuni di questi, (ma non solo in questi anche dark – punk – metallari ((e non meno fetish)), ma in Accademia punkabbestia e dark sono la maggioranza), la propria rappresentazione la usino come posa e una posa a volte piuttosto strafottente - ovviamente sapendo di aver il culo parato a casa sennò probabilmente non si dedicherebbero a questo stile con tanto diletto. Ma come in ogni cosa non è generalizzabile, e credo che in quel racconto non ci sia rabbia o disdegno in ogni caso, semmai un affettuso "Maddài".

- Poi a me del fetish e pure del bondage non mi frega una mazza senza offesa per chi lo vive veramente, ma questo credo di averlo rilasciato in varie interviste - parlo “non mi frega una mazza” come essenza, - sì mi può piacere in alcuni casi l’estetica del fetish il latex nella fotografia certe pose, certi richiami, ma non mi appartiene visceralmente (come invece gli anni ’50 e pin up...ironia e malizia e il genere di donne che mi caro - oh sì) e detesto un po’ tutte quelle tendenze così “forzatamente alternative”. Rispetto massimo per gli altri, ma penso che chi crede nelle parola trasgressione non sia libero, - se sei davvero libero cosa trasgredisci? La trasgressione nasce dall’opporsi ad un concetto ad un cocetto ritenuto morale in partenza. Come chi parla male dei borghesi, che sì posso capire, ma in questo rinnegarli allo teso tempo significa dare importanza. Quindi per te oppositore esistono, e ti toccano in un qualche modo.
Ma a nulla sono contraria se c’è il rispetto, che spesso manca pure nelle persone che si ritengono più tradizionaliste per quello, anzi fanno valere l'arroganza perché non accettano che possano esserci alternative ad un mondo pre-costituito. Io ad esempio sono agnostica, ma assolutamente nn sono laica. (C'è modo e modo di vivere la propria "spiritualità, comunque sia e non è necessariamente una contraddizione)

-Altro punto ho cominciato a fare foto a diciassette anni, per esibizionismo, e anche fattore non indifferente per tirar su qualche soldo, dato che son venuta a vivere via. E’ chiaro che non credo di essere stragnocca, nemmeno molto bella - ed è forse un bene perché se lo fossi o lo pensassi di essere - probabilmente l’autocompiacimento sarebbe dannoso e mi farebbe rimanere centrata solo con quello. Avrei sempre voluto avere occhi più chiari, gambette più stecchine, e più tette, però oh son così, e probabile moltissime ragazze che fanno le modelle, come è capitato a me, è per dimostrare ase stesse che nonostante questo essere solo carine e appunto non gnocche o stragnocche possono comunque essere aprezzate, poi qundo ti rendi conto che non è poi così difficile, ci si rilassa e con il tempo questa necesità di sperimentazione del piacere per compiacersi dilusice un pò è una fortuna credo - in ogni caso c’è sempre chi non disdegna - il mondo è anche molto misericordioso, e quindi - è perché al mondo siamo in tanti - che per lo stesso motivo al mondo uno qualunque riesce ad essere qualcuno per qualcun altro- e questa è una salvezza. Credo vada così.

-Ho sempre amato scrivere allo stesso modo, di fare le foto, (anzi da prima) il primo libro su Piero è stata una grande gesto d’amore verso lui, e per chi lo ama, puntualmente criticato (dalla gente non dai critici)- ma in questo caso queste osservazioni non mi hanno scalfito minimamente, perché ecco in questo caso, e solo in questo caso ho avuto la certezza di aver fatto la cosa giusta in quanto atto d’amore che può andare oltre qualunque commento inopportuno.
E poi considerando che, un’opera mediocre (se mai la mia lo fosse) su qualcosa di sconosciuto trovo sia è molto più importante esista rispetto un’opera eccellente su qualcosa di molto conosciuto; se non altro perché dà la possibilità di approfondire meglio (di quanto l'autore in questione abbia fatto) ad altri fruitori, magari più capaci di "ritirare fuori" in maniera ancora più approfondita l'argomento o il personaggio, che se pure non è stato esposto in manieraeccllente, ma con affetto chi ne è disposto non può non sentirlo a pelle, equindi non ne sarebbe mai comunque una vetrina negativa. Questo credo.

Per la poesia - di sicuro non è il mio forte, lo so. Non mi ci son mai messa seriamente anche se mi pare giusto lavorare sulla metrica; in troppi vanno a capo pensando di mettere in croce due parole a farne una poesia, ovviamente è capitato anche a me. E pure in questo ci vuole orecchio.
La narrativa, la sento molto invece, e ci tengo a migliorarla, e per quanto riguarda refusi anche errori grammaticali, è vero pure gli editori un po’ impazziscono, perché ho talmente fretta di scrivere le cose, che ho paura di perdere l’idea per strada la butto giù, una volta buttata giù poi mi demotivo e non ho poi tanta voglia di tornarci su, perché è un'esigenza imminente che viene spesso sommersa da un'altra subito dopo o dal sonno... Quindi l’editing per me è un lavoro penoso, che mi fa schifo e lo faccio quando devo farlo. Lo stile però ripeto, è un’altra cosa ancora rispetto la grammatica lo stile è un suono ancora una questione d'orecchio ( Thomas Bernhard ce lo insegna molto bene) e può piacere o no.
Ovviamente anche in questo caso c'è dell’esibizionismo nello scrivere ed è un esibizionismo diverso rispetto le foto, ma c’è e credo valga per la maggior parte degli scrittori e non meno per i “critici” che sponendosia dare giudizi hanno lapretesa di far vedere che i paragoni loro sono in grado di farli - è giusto esistano, anche se buona parte andrebbe eliminata però siamo sempre nel campo del realtivo -
Poi se quello che scrivo mi viene pubblicato, tanto meglio 1) perché son abbastanza povera e quindi l’idea di guadagnare scrivendo (che tra l’altro mi piace) non mi fa schifo affatto, poi si può piacere niente, poco, tanto fare schifo, idem per le foto, ma questo è un altro discorso 2) Appunto condividere dei messaggi in quanto esibizione, perché poco menarla se di decide di pubblicare (e se si ha la fortuna di pubblicare) è un’esibizione per chiunque, perché c’è la volontà di rappresentarsi in un modo piuttosto che un altro, e anche di essere giudicati in un qualche modo, in un contesto di paragone nel marasma del tutto in cui "la cultura" in generale si ritrova oggi.

Ritengo di essere stata molto fortunata in questo senso nel trovare consensi editoriali, questo non significa che io pensi di essere una gran scrittrice, però scrivo, quindi scrittrice in quanto persona che scrive, modella in quanto ragazza che si fa fotografare e dà le proprie immagini ad un pubblico. E se uno ti pubblica è perché dietro ci vede un potenziale ritorno in soldi, tutto il resto, stile - scrittura -avanguardia- letteratura- ora come ora non è un criterio di scelta.
Quindi non è mai stato secondario, (ma mai finalizzato intendiamoci ) il fatto di poterci campare (poi mica chissà che bene) con questi lavori, e spero che lo scrivere nel tempo diventi il mio lavoro sì lo spero, è certo che si deve migliorare, perché è un mio modo di dare le forma a quello che sento- come per altri può essere la pittura, la musica, la fotografia, la scultura o quant'altro. Quindi ripeto, al di là dei soldi per me è un fatto forte, necessario, reale, però certo è un inizo.

La prima volta che ho presentato il romanzo l’editore m’ha detto “ragassuola, il libro c’è, ma devi ancora lavorarci, torna dopo”. Mi son aun pò avvilita - poi un anno è passato non mi ha cagato nessun editore stroncature o proposte da casette editrici tipo Barbie. Allora era giusto ridimensionarsi, ci ho rilavorato e di editori "buoni" per "l'etichetta pubblica" ne avevo tre dopo un anno “a corteggiarmi” ed è stata una scelta dura, ma sono andata a pelle e non mi pento.
Ci vuole molta umiltà in tutto, e credo che l’umiltà sia davvero il metro di paragone dell’essere umano, tanto più è un’umiltà non compiaciuta, diventa un metro di grandezza, diveramente diventa al contrario una forma di sovrastima. Ezio Vendrame me l’ha insegnato.

-Per i testi, cmq "Punk" alla fine ti è piaciuto punkabbestia- no? (pure se è parecchio migliorabile) uno sfogo di rabbia simpatica può capitare, ma non è guerra intendiamoci- lì per lì sono sfoghi, parole, frasi capoversi che mi comunicano delle cose, magari tra qualche anno non sarà più così, ma potranno forse comunicarle ad altri.
-Per lo bello stile, Alessia credo sia davvero relativo, e semmai se la letteratura più non esiste in Italia, (e ne dò atto, perché se esiste è molto ben nascosta e di certo non promossa a pieno entusismo) bisogna prendersela con gli editori, con i vertici - non con gli scrittori - che se anche un’opera è eccellentee non fa cassetta te la fanno putrefare, o è macero già mentre le scrivi- andare avanti una vita per idealismo se non sei al riparo, ti fa venire il latte alleginocchia- oggi è merce il libro, è bistecca, a meno che non ci si accontenti delle nicchie, che però pure quelle hanno i loro tempi, altre poche son invece più fedeli, ma poche.
Ma se uno con lo scrivere ci vuole vivere, come fa? Forse mi è andata bene - e se han scelto di pubblicarmi è perché potenzialmente credono possa vendere un prodotto (libro), forse, forse no, forse buco nell’acqua, ma di certo a prescindere è un libro che ho sentito dentro, molto sofferto anche se ironico, sul sesso e sulla morte - non so bello, per me sì, perché lo sento aderente a quello che "sento" to feel.
Alessia, - ma tu poi cosa intendi per bello, non è provocatorio, te lo chiedo - ma credo sia davvero così arbitrario. Certo Doestoevkij è bello, è bello assoluto, ma quegi autori non son più uomini - sono spirito santo e che cazzo c’è da giudicare. Giusto noi che non esistiamo ci possiamo prendere la briga l’uno con l’altro di darci un minimo di importanza su questi spazi virtuali che diversamente sarebbero il pettegolezzo comaresco a cena.
Io ragazzi la mia vita è altro che fetish e fetish la passo dal letto al divano, allo scrivere ( inventarmi ricette culinarie) e mi sforzo di andare al lavoro fuori quando devo (anche perché mi è doveroso mantenere un rapporto con la realtà, e in questo senso un'imposizione del genere mi fa solo che bene, anche se mi scoccia), perché son depressa, parecchio depressa, sto male parecchio male, e non è un piangermi addosso, ma per dire che quando mi si fanno osservazioni sulla grammatica o vari, la mia malattia si sente un po’ presa per il culo. E quindi la vita non mi fa ridere, no, ma nemmeno arrabbiare perché per arrabbiarsi ci vogliono energie che io non ho, sono stanca, molto stanca.

Spero sia più chiaro.

04 febbraio 2007

...

02 febbraio 2007

Metromorfosi: epifanie artistiche.



Intervista a Emanuele Kraushaar


-Come è nata l'idea di creare una rivista di musica, cinema, teatro, arti visive, scrittura? Non ce ne sono già in abbondanza?

In effetti è veramente pieno di riviste, Roma stessa ne è zeppa. Un tipo proprio qualche giorno fa mi ha detto: “Quando i cinesi si metteranno a fare riviste nella stessa percentuale di noi italiani, la carta ci sommergerà”. Ecco, proprio per questo abbiamo pensato di dare alla luce Metromorfosi! A parte scherzi, la nostra rivista nasce come esigenza di dare forma a certe pulsioni e stimoli artistici che purtroppo spesso vengono schiacciati proprio dall’ondata mediatica e anche cartacea che ripropone sempre le solite cose. Metromorfosi fa una scelta di momenti ed epifanie artistiche da seguire, ha una sua utilità di guida, vuole essere uno stimolo per qualcosa da proseguire. Parla soprattutto di quello che deve succedere: per esempio il numero uno di febbraio riguarda tutti momenti artistici del mese che il lettore può poi decidere di vivere al di là della lettura.

La rivista ha l’ambizione di indicare una forma madre per vivere la nostra città e di conseguenza noi stessi: essere una guida ai momenti e movimenti più utili proprio per ritagliarsi i contorni di questa forma. La divisione in sezioni non è una scelta di rigidità (siamo molto interessati alle fusioni), ma più che altro è legata ad un desiderio di comunicazione diretto e semplice per il lettore. Le sezioni di musica, cinema, teatro e arte hanno una funzione più strettamente info-critica. La sezione di scrittura, invece, propone sì alcuni momenti di letteratura, ma è una vera e propria proposta di lettura.

-“Metromorfosi intende diventare un punto di riferimento per l’appassionato curioso e cercatore, letteralmente sommerso dalle molteplici proposte artistico-culturali della metropoli, spesso non filtrare ed organizzate per chi deve sceglierle e fruirne” - Questa è la tua premessa per questa rivista. Tu invece su che “filtro” ti basi per creare una guida madre in questa nuova creazione...

Decidere cosa inserire non è facile. Il formato tascabile e snello ci costringe ad operare scelte critiche nel doppio senso della parola. Ogni responsabile di sezione fa delle vere e proprie indagini sui vari impulsi che gli arrivano cercando di capire su cosa è più giusto puntare. “Giusto” anzi è una parola troppo definita per la liquidità ed elasticità di Metromorfosi. Direi che l’aggettivo appropriato è “metromorfico”: che vuole dire anche essere in grado di tornare indietro oppure rimbalzare di colpo in avanti, in modo fluido e senza controllo.

-Chi sono i collaboratori alla rivista? E' anche aperta ad un'eventuale pubblico?

Metromorfosi ha come vertebre proprio dei curiosi: innanzitutto i responsabili delle varie sezioni: Donato Zoppo per la musica, Maria Cera (cinema), Rosaria Abate (arte) ed io per la scrittura. Cercheremo sempre di scovare le proposte più interessanti e stimolanti, perché prima di tutto siamo dei cercatori noi stessi.

Info-critica per me significa questo: trovare, sentire, capire, scegliere e comunicare.

Lo stesso nome Metromorfosi ammicca all’idea di trasformazione e come tutte le cose vitali è in piena evoluzione, aperta a qualsiasi contributo interessante.

-Vedo che l'idea è di centrare soprattutto l'area di Roma e dintorni, possibilità di allargarla...?

Metromorfosi nasce come rivista di “Roma e dintorni”, ma certamente mi piacerebbe poter creare in futuro gemelle in altre città. Gemelle, ma non cloni, dato che ogni realtà ha diverse sfaccettature. Roma, per esempio, è una città labirintica nelle sue proposte. Qui fare una scelta è davvero difficile e la rivista vuole proprio essere una sorta di filo d’Arianna per non perdersi.

-Quale cadenza avete intenzione di dare a questa rivista?

La rivista è mensile, perché prima di tutto l’attenzione è all’informazione e all’utilità per vivere la città: il numero di febbraio è già reperibile da fine gennaio in un centinaio di punti distributivi. La lettura è solo un’introduzione al momento artistico. Noi, insomma, diamo un segnale, che poi eventualmente va seguito e vissuto. Anche per questo Metromorfosi può essere l’introduzione a letture più specialistiche.

-Qualcosa che vorresti dire a tutti...

La cosa che più ci interessa è il rapporto con il lettore per poter far crescere Metromorfosi, che in effetti ha preso forma ascoltando gli stimoli e anche le critiche durante la sua gestazione: quindi vi invito a scriverci ad info@metromorfosi per dirci qualcosa. Prima di tutto siamo qui per ascoltare.

http://www.metromorfosi.com/


Gestazione


"Emanuele
kraushaar prende appunti durante la gestazione di metromorfosi"

01 febbraio 2007

Paul Valéry


Dio ha creato tutto dal nulla, ma il nulla traspare.


Paul Valery