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IN LIBRERIA

31 luglio 2011

Conversazioni del vento volante (Gianni Celati)














Ci sono volte che ha senso tornare perché si sente che si ha qualcosa da dire, oppure che qualcuno ha detto cosa che condividi e quindi sì, se avessi potuto le avrei dette io e quindi mi va di riportarle a mia volta.



Il nuovo libro di Gianni Celati uscito per la Quodlibet editore è uno di quei libri che ti illuminano la strada, che magari sai che c'è, ma non la vedi poi a volte così bene. "Conversazioni del vento volante" è il libro. ne riporterà alcuni passaggi che trovo molto importanti significativi, concetti di Celati forse già anticipati in altri scritti ma che farebbero sempre bene non rimangano righe scritte, ma vere e proprie lezioni di interpretare l'esistenza, specie quella attuale.

"Scrive max Frish un Stiller: "Quanto deserto vi è in questo pianeta che ci ospita non l'avevo mai saputo prima, l'avevo soltanto letto; né mai avevo saputo fino a qual punto tutto ciò di cui viviamo sia il dono di una piccola oasi, inverosimile come la grazia" - (-----)

Celati - "tra queste due illuminazioni c'è un filo di pensiero che,  se sviluppato ci porta a vedere il deserto sulla soglia di ogni luogo abitato, d'ogni nostra casa, e alla fine ci porta anche a vedere il carattere illusorio addomesticamento del pianeta.

Questo filo di pensiero dice anche che noi non siamo i padroni del pianeta, benché questa sia la nostra convinzione più profonda. Ci dice che la nostra dimora è sempre precaria, benché lo sforzo della civiltà moderna consista nel far scordare agli uomini la precarietà della propria presenza. ci dice infine che, in questa tarda fine d'epoca, non c'è alcun lavoro di ricerca con qualche autenticità, senza riferimento all'emblema del deserto. Perché il deserto che alla fine poeti e fotografi, narratori e filosofi, hanno sempre di fronte, quando mandano richiami verso il mondo.

Questo è un emblema non solo della nostra miseria epocale, ma anche dell'enorme sforzo immaginativo che è richiesto da ogni attraversamento dello spazio, del vuoto, del deserto. Perché nel vuoto che ci avvolge, miseria e immaginazione si riconoscono e si danno la mano, non si negano a vicenda: e avremo allora deserti  che sono immagini di pienezza, la grazia della piccola oasi sullo sfondo di sabbia fino all'orizzonte, la parola ritrovata per mezzo del silenzio, gli uomini come le piante, le ere mitiche come paesaggio quotidiano, e il vento volatore che attraversa la valle.