28 aprile 2008
Erano giorni
Io cosa faccio nel giorno?
C'è la malinconia che non mi lascia pace, allora poi per parlare un po' con la malinconia vado a fare 4 passi, non dove c'è della gente, altrove, per le viuzze, se ce n'ho la possibilità, dove mi sento meglio.
Mi siedo e mi guardo attorno, e penso che finché vivo farò un po' così. Poi da queste viuzze, chiamo qualche amico o per pranzo o per cena, in genere non amo mangiare da sola, a parte quando decido di scrivere di filata.
Son sempre seduta su una panchina o che cammino e penso che bisognerebbe fermare anche il selciato, che non se ne vada. Mi capita di vedere delle case abbandonate, o degli edifici, che solo fino un anno prima c'erano con delle cose vive dentro. E mi vien da pensare che non è mica vero che le case impiegano più tempo a morire delle persone; una volta che poi son abbandonate, cominciano questa loro decomposizione e si vede, come se quell'immagine ne avesse l'odore.
Allora queste cose mi fanno venire in mente che devo segnarmi degli appunti, se c'ho un diario (e spesso ce l'ho) con un penna (e se non si è sparso l'inchiostro nella tasca o nella borsa) segno tutto. No mondo, non puoi farmi andar così senza che ti fermo. Devo farlo in quell'istante, perché è volatile la forma tangibile del sentimento.
Poi penso che è una vita che dormo il pomeriggio almeno 2 ore se no non mi viene pace.
Perché è così? Non lo so ancora bene; dentro so che devo fare quelle due ore orizzontali, che c'ho una stanchezza atavica, e quelle due ore anche se dormo penso, perché come adesso quando mi sveglio mi vien voglia di scrivere, magari cose che poi non sono granché - ma è come se mi mettesse l'anima in (quasi ) pari .
Così succede che ieri c'avevo questa convinzione, che non lavoravo i 3 giorni dell'accademia, e quindi i son svegliata alle 7 di sera pensando che di notte avrei lavorato al libro. Poco dopo sento per caso sento una mia collega che mi dice "ci vediamo domani",
E tanti come mi saltano sulla testa.
Ah va bene dico. Domani? Sono troppo Holiday si vede. Peccato, pensavo già avrei sistemato il libro, o almeno cominciato, invece no, mettiamola che prendo più soldi mi so detta.
Tanto poi se non mi stanco mi vien della noia e della malinconia. Ma la malinconia ancora va bene, è la noia che no, non va bene, però poi ci penso e penso che mi vien noia anche nei giorni che faccio delle cose, e faccio delle cose oltre che per i soldi per darci delle martellate alla noia - mi sento che non ho la noia solo in momenti che sono di grazia, tipo quando lancio i sassolini dalla panchina, che uno dal di fuori può pensare sia il momento di noia estrema, invece no, non lo è.
Così stanotte visto che mi son svegliata alle 19,15 di sera ho preso sono alle 5,20. ma a cazzeggiare e non a fare il libro, perché ora i progetti si son frantumati. Stamattina è stata dura.
Incontro uno e mi dice, che non mi faceva una tipa che ascoltava de André. Io c'avevo sonno.
26 aprile 2008
Thomas Bernhard mai abbastanza
Troppo tempo che non cito nulla di uno dei miei autori preferiti ovvero Thomas Bernhard -
restiamo in tema. lascio alcuni pezzi presi dal suo libro "Un incontro"
“Le vacanze sono sempre importanti [...] Arriva il momento in cui non si possono più vedere le stesse facce, allora si cambia ambiente e si va in vacanza. Ma quando faccio vacanza io, in genere lavoro al massimo. A casa lavoro meno perché mi distraggono troppe cose. Durante le cosiddette vacanze posso mettermi a tavolino e fare veramente qualcosa [...] Per il lavoro, almeno per me [...] é importantissimo essere in un paese di cui non si capisce la lingua, perché si ha continuamente la sensazione che la gente dica solo cose piacevoli e parli di cose importanti, filosofiche. Mentre da noi, quando si capisce la lingua, si ha la sensazione che si dicano solo delle sciocchezze assolute. [...] Una cosa ragionevole é andare e tornare in continuazione, é molto importante. Cambiare é la cosa più importante.”
...................
«Mentre in alto parlo, in basso batto sempre il tempo con la punta del piede. Non l'ha mai notato? Naturalmente è impossibile osservare contemporaneamente il piede e la bocca. In me c'è un accordo perfetto, contrappuntistico. Devo farlo perché sono una natura musicale. Quando dico qualcosa batto continuamente il tempo con i piedi. Non lo posso fare solo quando sono in sala operatoria, legato a un tavolo. Ma in queste circostanze non si è nemmeno così loquaci. (...) In verità sono le persone tragiche e infelici a essere musicali. Non per nulla la gente viene sepolta a suon di musica, perché la musica ha evidentemente a che fare con il tragico e con il dolore. - Pare che tutti muoiano con una melodia in testa, l'ho sentito dire una volta, no? Quando tutto è già finito - spirito, persone, ricordo - rimane sempre, rimane pur sempre la musica.»
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Questo preso invece da "La cantina" che direi è tra i suoi, uno dei miei libri preferiti...cosa se non questo periodo - si avvicina di più a quello che dovrebbe fare ed essere uno scrittore?
"Per tutta la mia esistenza non ho fatto altro che disturbare. Io ho sempre disturbato e ho sempre irritato. Tutto quello che scrivo, tutto quello che faccio, é disturbo e irritazione. Tutta la mia vita in quanto esistenza non é altro che un continuo irritare e disturbare [...] Ci sono quelli che lasciano la gente in pace e ci sono altri, tra i quali anch’io, che disturbano e irritano. Io non sono un uomo che lascia in pace la gente, e nemmeno vorrei avere un carattere del genere”.
Link correlati
Thomas Bernhard site
24 aprile 2008
Chi ha tempo non aspetti denaro
Rimane uno sprizzo di tempino libero, che a quel punto no si può certo riempire con qualcosa di vero, perché per il vero serve andare a fondo, per andare a fondo bisogna fare sedimentare, nella mente e nel cuore, e ci vuole altro tempo, che se la mente è occupato. No, non si può. Allora in quello sprizzo di tempo, via altro passatempo inutile creato sull’esigenza di quel pezzetto di tempo libero a disposizione.
E’ desolante.
Si studiano anni, si pagano un’infinità di tasse per finire probabilmente a fare un lavoro che piace il giusto, se proprio non fa schifo, che paga la sopravvivenza, ma non di sicuro l’essere umano che sta davvero perdendo di valore in maniera preoccupante. Il tempo stringato per lo svago - e bada bene - devi svagarti proprio in quei giorni che PUOI svagarti un sabato e la domenica o quel mese mezzo di ferie totale all’anno distribuito sappiamo come. Se ci si ammala in quei giorni, forse salta l’anno.
Si prende un po’ di tempo per il rapporti virtuale, perché si è già sul lavoro – (a meno che non si faccia il muratore, ma oggi quale italiano fa il muratore? )- e quindi dove si passa il tempo si cerca anche di comunicare, e non necessariamente con chi abbiamo attorno. Cosa provoca la virtualità’
Io ho un’idea abbastanza precisa riguardo l’evoluzione dei rapporti in questo senso, cioè che come anche Nadiolinda nell’intervista dice, si ha questa impressione, che possiamo accendere spegnere chi ci troviamo davanti con un semplice pulsante della tastiera – quindi – sembra una semplificazione del rapportarsi - ma in realtà non fa altro che farci prendere poco sul serio le nostre direzioni, proprio, perché sapendo che possiamo sbarazzarci quando e come vogliamo, almeno idealmente di tutto questo, possiamo anche farne mille di tentativi, e questo fa perdere ulteriore tempo energia, con naturalmente l’idea di base che sia una potenzialità immensamente forte sul piano sociale – e lo è , ma come lo è?
Più i rapporti vanno nel senso del virtuale, più viene a mancare uno stimolo di altri parametri - che prima nel reale erano inevitabili. Perché prima di dire fare certe cose, ad un vicino di casa, o considerando il vicino di casa, uno ci pensava bene a dire fare, ora siamo tutti vicini di mondo, ma sappiamo che chiudendo il computer abbiamo il sogno di decidere di fare scomparire dalla faccia della terra chi vogliamo o chi no. Ma poi come già detto ovviamente il discorso non si ferma qui.
A me pare che ci sia molta maleducazione, i giovinastri sono molto sfottenti in rete, e no solo in rete) e anche chi in anonimo naturalmente butta sempre sentenze. E per come la vedo non si potrà che andare avanti di questo perché ci sono troppi interessi politici economici per badare al bene dell’individuo. Troppi. Vi pare che se davvero importasse dell’individuo, la forza principale che è ancora quella mediatica andrebbe nella direzione dei format amercani?
Poi c’è un altro discorso da fare, che se fino agli anni ‘70 circa, il progresso aveva una velocità, ora è tutto talmente accelerato che prima le generazioni potevano accorgersi delle differenze, ora pure i giovani- giovani fanno fatica a stare dietro a questi cambiamenti tanto sono rapidi- cambiamento che - da una parte portano all’estremo individualismo (mancanza di un senso REALE collettivo) dall’altra in paradosso all’omologazione estrema - della forma che - inevitabilmente condiziona l’essenza - i creando una specie di global emozionale, perché tutti devono corrispondere alle stesse esigenze, però stando bene attenti che uno è uno - e uno deve essere il meglio tanto quanto tutti gli altri in questo essere identici e differenziati all’interno di questi stimoli culturali indotti).
Io sono sempre per al diffusone del nascosto del dimenticato - perché oggi, io mi chiedo cosa avranno da ricordare, se non i ricordo di altri. O si riesce ad essere eremiti, ma davvero, o si è del gatto. Per quanta consapevolezza di può avere addosso.
“Credi che pensare al fare soldi ti possa giovare, è questo che credi? Ti sentiresti migliore? Gli antichi Maya usavano sacrifici umani, e non solo loro. Ma poi se è così, sei come tanti altri – che a differenza dei sacrifici, vorresti trasformare il sangue in denaro. Molto più conveniente, ma fidati, distante dalla verità ti troverai. Forse pure tu come la maggior parte della gente, non hai voglia di perdere, non hai voglia di perdere denaro – sangue. Oh mioddio devo fare qualcosa per recuperare denaro, non posso vivere senza. Ah sì? E con il sangue come la mettiamo? - Il pesce spada è svanito. La vasca è solitaria, come Denver quando è stata abbandonata agli eroi; nessuno piangeva, ma il cuore è gonfio di tristezza. Era meglio quando i Serafini leccavano la carne di chiunque gli regalasse un sorriso. E tu vuoi scampare? Scampare, eh? Strana pretesa amore mio”
21 aprile 2008
Aggiornamenti...
Giustamente come mi vien ricordato è un po' che non aggiorno il sito.Sia con le interviste che con le foto.
Mi scuso, ma non dipende da me, quindi cosa fare?
Visto che le interviste le metto sempre tranquillamente qui - è invece più tempo che non metto foto.
Ne posto qui alcune - di quelle nuove - quelle più recenti.
Mi pongo sempre il problema dei copyright , in genere io lavoro a photoshop da scatti di Giovanna Casotto, e quindi in realtà mi sento autorizzata a metà nel dire che queste foto sono "totalmente" mie - anche se da un punto di vista "legale" una volta che si interviene con photoshop, la creazione passa di diritto all'elaboratore, proprietà artistica di questo.
A Giovanna non interessa granché, dice che son fatti miei, perchéé lei mai le lavorerebbe come e lavoro io, anche se partiamo dagli stessi scatti.
A me piace l'immagine più pulita, lei soprattutto negli ultimi lavori, invece è più pesante - è molto vicina a Saudek come autore - che non mi di spiacciono affatto, però io son su altro genere.
Difatti se date un occhio vedete, la prima foto in alto a sinistra è un'elaborazione di Giovanna, le altre sono tutte mie invece.
Se volete darmi consigli su come potrei autenticare una firma fate pure, mi sembra giusto specificare che comunque lo scatto sia di lei...
Anche se certe variazioni sono minime e altre più marcate, poi il lavoro, non è più quello iniziale.
Altra cosa che volevo dire, dopo l'articolo sulle escort uscito su Repubblica, mi hanno scritto in molti in privato - molto più che sul blog, alcuni mi hanno scambiato per una escort ;) ehehe mi ha divertito la cosa, ma come direbbe Elio e le storie tese in "cara ti amo" "non sono una troia!" ... ;)
E intendiamoci per me questa parola non ha alcuna connotazione negativa...
Le troie quelle dispregiative per me son ben altre...
Per ingrandire le immagini clikkatele.
20 aprile 2008
Domande della settimana 1
gambe e Collant sono in assoluto le più ricorrenti (escludo i nomi dei personaggi) - le domande più ricorrenti invece sono riguardo ai tradimenti - e puttane e puttaieri, ma anche Céline non credete ha il suo seguito...
Oggi ne metto 3 che mi sono segnata.
E' reato guardare degli snuff movie?
La risposta non è semplice, perché per prima cosa bisognerebbe vedere se è uno snuff vero - e non una simulazione. O se capita accidentalmente di vederlo - ipotesi abbastanza improbabile - ma nel caso si tratti di uno snuff vero - assolutamente è reato non denunciare la conoscenza di tale materiale. Esattamente come vale per la pedofilia - perché si diventa concorrenti indiretti al reato - ricordo che gli snuff sono omicidi (in genere torture) di donne e uomini a fine-scopo sessuale. E' molto in discussione l'esistenza di questi filmati, ma sembra esistano, dove le vittime sono prelevate da territori poveri o belligeranti.
Cosa fare se si scopre un tradimento dopo molti anni.
Personalmente - perché questa è la domanda che mi sono trovata e non posso sapere le dinamiche personali di chi l'ha scritta - io lascerei passare, in passato mi è capitato una questione analoga, e fanno tempo a cambiare molte cose, se un tradimento è avvenuto - pazienza. Cioè bisognerebbe capire le interazione del tradimento, ma se poi il rapporto è durato negli anni con la compagna ufficiale, forse quel tradimento non voleva significare granché - anche se io credo nella recidività delle persone, ed è più facile che se uno ha tradito lo torni a fare. Però o uno ci convive tranquillamente con questa idea o è un casino. Nel caso sia una botta e via, sicuramente non è solo una botta e via con una sola persona, nell'altro caso, ovvero c'è stata un'amante non si può nemmeno parlare di rapporti occasionali ripetuti. Però è più facile in quel caso che se con l'amante è finita che sia finita. Però io credo sempre che la gente può modificarsi,ma cambiare...
Quindi consiglio personale - se si sta comunque bene con questa persona, passiamoci su - ma per come si è in grado di "sopportare" mi rendo conto sia una questione caratteriale.
Esiste un portale tutto sul tradimento se vi interessa
Il portale dell'infedeltà
Che fine hanno fatto i video bondage di Giovanna Casotto su you tube
Come dicevo pure per madamweb - credo sia un fatto personale, sono stati levati perché ritenuti inappropriati da qualche utente; nonostante non c'era assolutamente nulla di pornografico o lesivo - tra l'altro bondage ma in biancheria intima o vestita - a mio avviso - nel senso che paragonati a tantissimi altri video presenti su you tube mi sembrano davvero innocenti. anche a riprovando ad up datarli vengono ritolti nell'arco di pochissime ore. Sicuramente qualche accidioso\a.
18 aprile 2008
Come tu mi vuoi
Oggi sul venerdì di Repubblica è uscito un articolo sui clienti delle prostitute - (in un trafiletto è stato anche riportata ormai sappiamo già la mia classificazione dei puttanieri) - cmq l'articolo a cura di Emilio Marrese, verte sul quesito -
"Perché anche quelli che possono avere le donne gratis vanno poi a prostitute?"
Beh io direi che le motivazioni possono essere davvero tante.
Non metterei però che la solitudine sia necessariamente in vetta - io credo primaria - l'idea di essere svincolati e liberi, da tutti quelle resistenze che nella coppia spesso ci sono - per differenza di pulsioni, o per quella noia coniugale che nel tempo spesso assale - in più credo paradossalmente si ha più pudore con una persona vicina - che con una sconosciuta. e poi anche la volontà di potere del pagare, crea una specie di eccitamento in molti casi - cioè pago e quindi mi sento autorizzato a qualunque mia fantasia, sapendo che non offendo nessuno. E anche se offendo, beh cosa mi frega è il loro lavoro in fin dei conti e una prostituta non è mica una sorella di nessuno.
Poi consideriamo che l'idea che lo sfigato vada a prostitute, io non ci credo molto - per un motivo molto, ma molto semplice, chi va a prostitute in genere o decide di andarci - a parti casi disperati - è in genere una persona che con il sesso ha già almeno "un po' di confidenza" - se è difficile smettere per gli appassionati, non è altrettanto facile cominciare per chi non sa nemmeno da che parte si guarda una donna, e anche per il fatto che sarebbe (nella mente maschile) dichiarare una specie di fallimento sociale, andare solo a prostitute, senza aver battuto prima altre vie, invece avendo delle esperienze alle spalle, uno quella con una prostituta, la può benissimo considerare una variante di qualsiasi altra esperienza...
Ricordo che ci sono centri per "disintossicarsi dalla dipendenza da prostitute".
Come è scritto su quest'articolo, "per abolire la prostituzione bisognerebbe abolire gli uomini".
e io aggiungo - Ma poi senza uomini come cazzo si fanno i soldi? eheeh ;)
Ah - un consiglio spassionato agli uomini che passano da qui : non rompete troppo il cazzo con il sesso alle vostre mogli, andate mo' a puttane. No è che "doveri coniugali indotti" sono un altro d quei argomenti che mi stanno a cuore...
:) senza offesa eh
16 aprile 2008
Mario Marenco
Lascio questa ma bisognerebbe sentirla recitata.
Se volete sentire andate a questo indirizzo web cliccate sulla traccia marius marenco e seguite il testo sotto !
www.myspace.com/mariomarenco
IO LE RAGAZZE
Io non mi piace più andare con le ragazze
perché non è più come una volta
non mi dicono più niente
e io non le dico più niente
non ci parliamo
anche se le invito a cena
non ci parliamo
e non ci sparliamo
ci guardiamo male
loro pensano “che robaccia, che antipatico”
tento di sorridere, ed è peggio
un sorriso da lucertola
poi mi si vedono i denti, la lingua,
la glottide, l'epiglottide
la faringe, la laringe e la salpinge
e la meninge
subito la testa mi scoppia
e loro con una scusa si alzano
vanno al gabinetto del ristorante
a rifarsi il trucco
tornano dopo un'ora
forse hanno telefonato
fattostà che dopo un po'
con una scusa cominciano a dirmi
“non posso far tardi” “e' tardi” “domattina devo alzarmi presto”
Io non dico niente, non protesto
non mi alzo, non le accompagno a casa
non me ne vado a letto
forse dopo un po'
non me ne vado al cinema solo.
Non ho fortuna con le donne, forse no.
15 aprile 2008
Madamweb il nuovo blog
Io prima o poi a Madam Web (Anna Ciriani) ci scrivo un bell'articolo (visto che le è proibito rilasciare interviste smaccatamente private sulla sessualità) , perché se lo merita è una donna coraggiosa e onesta.
Fanculo questa ipocrisia di merda che c'è verso la libertà sessuale. Che è la stessa ipocrisia che porta a non denunciare le violenze sessuali di fatto. E però pi tutti a speculare sui troieggiamenti. vabbè ma è un discorso che si dovrebbe già sapere.
E che io continuo a incazzarmi quando danno contro a qualcuno che decide di gestire la propri avita privata in maniera autonoma.
Vi linko il suo blog a me pare dica cose sensate.
Madamweb blog
E qui intervista alle iene...
13 aprile 2008
Dx vs Sx
Cioè dover scegliere tra un cancro e un tumore, e se non lo scegli tu farlo scegliere agli altri.
Fatto mondo.
....Ci sono uomini che detestano questa società
e hanno già pronte le loro nuove regole.....
(ma dovranno usare quelle degli altri altri, come sempre)
Domani spero di tornare più serena.
10 aprile 2008
Ma quanto mi scopi?
Parlavo con varie mie amiche individualmente della sessualità nel quotidiano
Quello che salta fuori quasi sempre eccetto eccezioni naturalmente è che la biochimica ormonale maschile e femminile sia nella stabilità parecchio differente.
Cioè - posso dire - come constantavo in queste giorni con questa mia amica modella fetish più che me - che pur conoscendo molte ragazze che sono "pubblicamente" constestualizate in un immaginario erotico - quindi idealmente "libere" da instillati culturali (che vorrebbero la donna più restia ad una sessulità "porca") - siano comunuqe tutt'altro che iper-sessuofile.
Naturalmente parlo anche per me, che il sesso, sì mi piace, ma poi mi rompe anche il cazzo - quando diventa attività ginnica.
Quindi la media? una mi amica ha ribattuto, "ma sì il sesso, tanto quanto - come lavarsi i capelli, non più di 2 - massimo 3 volte a settimana". Se il shampoo è buono, sennò anche meno.
Come dire il contrario levato l'approccio dimostrativo iniziale che ha a che - a mio avviso ha a che fare più con il piacere esibizionistico che con quello fisico.
08 aprile 2008
Il bar di paese è stato la mia scuola
Domenica 6 aprile sulla gazzetta di Reggio è uscita questa intervista a Daniele Benati, curata da Chiara Cabassa - mi è parsa interessante, e la posto qui...buona lettura.
"Il bar di paese è stato la mia scuola tra le partite a carte e quelle a biliardo ho imparato le cose che contano davvero. Ho tradotto Beckett in dialetto per dimostrare la dignit� letteraria e la profondit�à della lingua parlata"
di Chiara Cabassa
D.B.
«Tutto quello che ti capiterà nella vita dipende da ci� che hai vissuto tra i 14 e i 16 anni. E
avevo 14 anni quando mio fratello, diciottenne, port� a casa un Lp di Bob Dylan. Tutto . iniziato in quel momento perch. quel disco mi ha aperto un mondo è stata la curiosità farmi tradurre le canzoni di Dylan, e ogni volta che riuscivo era eccezionale... Anche lo stimolo a leggere e a
scrivere, oltre che a tradurre, arrivato da Dylan: poi, dalla fine degli anni '70, è stata la
volta della letteratura giovanilistica a partire da Kerouac. Ma rivendico il ruolo del rock che ha dilatato l'età oggi i quindicenni ascoltano Vasco Rossi che ha superato i cinquanta. Era impensabile che io, a 15 anni, ascoltassi Rabagliati».
Dal suo elogio dell'adolescenza si deduce che per lei non � stato un periodo particolarmente travagliato.
«E' l'età migliore perché scopri che nella vita ci sono tante cose belle: la musica, la
letteratura, il cinema, il calcio. Mi ricordo ancora oggi quando vidi "Blow Up" di Antonioni:
non ci avevo capito niente ma avevo intuito che c'era qualcosa da capire. Poi il primo viaggio: a 17 anni, in autostop, a Parigi e a Londra. A spingermi, la curiosità per la cultura anglosassone».
A scuola non sarà stato il secchione di turno...
«Assolutamente no. Ho fatto il liceo scientifico ma se sono sempre stato promosso lo
devo al fatto che avevo buoni amici: in particolare amiche che mi passavano i compiti e
cercavano di farmi studiare. Ma in quel momento lo studio non era tra i miei interessi
principali. Per il resto devo dire che del liceo ho ricordi belli ma extrascolastici: dagli
scherzi ai prof alle ragazze. Insomma, facevo l'asino e non me ne sono pentito: . peggio
farlo a cinquant'anni. Poi, all'Università, la svolta: mi sono laureato in lingua e letteratura
inglese e la scala di interessi è cambiata».
La strada insomma l'ha trovata, ma non � stato poi così semplice.
«Da giovane ho cincischiato un po ', per scarsa fiducia nelle mie capacità, ma anche
perché letteratura e scrittura non erano le mie prime esigenze. Poi capisci che o ci
molli o ammetti che quella è la tua strada: ma se scegli la seconda ipotesi la vita si complica.
Probabilmente, se non ci fosse un destino, certe cose non accadrebbero neppure».
Lei docente universitario e scrittore, suo fratello Davide importante pittore...tutto merito del destino?
«Siamo nati e vissuti a Masone all'Abbate, una stazione di posta che un secolo fa fu
comprata dalla mia famiglia: mio padre avrebbe voluto studiare ma i casi della vita
l'hanno portato a fare il fornaio; mia madre ricamava ma era brava a dipingere. E
in casa qualche libro c'era: oltre ai testi di medicina di mio zio, una libreria era occupata
dall'enciclopedia di narrativa straniera della Utet».
Ma la sua vera scuola, partendo dal presupposto che il liceo � stata una bella gita durata cinque anni, qual � stata?
«Il bar di Masone. Dai 13 ai 28 anni, giocando a carte o al biliardo e ascoltando la gente, è stato lì che ho imparato le cose che contano».
Dal bar di Masone ad Harvard: e in mezzo?
«La mia carriera fino a un certo punto . stata piuttosto sgangherata. Dopo la laurea e
il servizio militare, ho lavorato, con mille virgolette, per due anni nell'area management
, prima al maglificio Sima poi alle Ceramiche Ragno. Ma mi sentivo falso, quindi mi sono licenziato per andare a insegnare alle scuole medie: l'obiettivo era trovare il tempo per scrivere. La
svolta tra il 1984 e il 1985 quando ho vinto una borsa di studio per andare in Irlanda,
che è diventata la mia seconda patria al punto che ho fatto di tutto per tornarci: nel '92 e nel `93 ho poi insegnato in un'Università irlandese. Nel '95 ero a Boston; in America ho insegnato sette
anni: quattro all'Università statale, uno ad Harvard e due al Mit dove sono stato il primo e finora unico insegnante d'italiano. Dal dicembre del 2006 insegno all'Università di Budapest. E' una città da un lato americana, dall'altro legata a un recente passato: il suo fascino sta nella convivenza
di queste due realtà».
E in lei come convivono la scelta di insegnare all'estero con l'assoluta fedeltà alle origini padane?
«E' un imprinting che non voglio perdere: più che reggiano mi sento emiliano. L'Emilia
è bella, e nelle fotografie di Ghirri questo concetto è espresso benissimo. Senza dimenticare
che l'Emilia diventa spesso un "altrove": perché anche quando racconto di ambienti irlandesi o americani, in realtà è l'Emilia che descrivo. Insomma, un piede lo tengo sempre lì, pur viaggiando. La mia è una vita instabile con i vantaggi e gli svantaggi che porta con sé, è bello partire sapendo che poi torni, ma a perderci è la scrittura che richiede stabilità».
Parlando di scrittura, qual � stato l'incontro fondamentale?
«Quello con Gianni Celati. Intanto perché è una delle "menti migliori", e poi perché mi ha fatto capire che la letteratura non è necessariamente scrivere bene, ma trovare una tua voce. Io per
esempio sono cresciuto in un ambiente contadino dove si parlava in dialetto e questo, a
scuola, era un limite: per tre volte sono stato rimandato in italiano. Celati mi ha insegnato
che i difetti non vanno nascosti ma ostentati».
Celati si �è subito innamorato della sua scrittura?
«Non proprio. Ho fatto di tutto per incontrarlo, poi gli ho fatto avere un mio racconto...Dopo nove mesi di silenzio l'ho cercato e lui mi ha sbriciolato bocciando il mio scritto. Poi, per�, la curiosità
è diventata reciproca: Celati mi ha presentato a Ermanno Cavazzoni e abbiamo creato "Il Semplice", rivista di ricerca letteraria alla quale hanno partecipato Ugo Cornia e Paolo
Nori, quest'ultimo arrivato giusto per l'ultimo numero.
L'esperienza era finita, ma si era creato un gruppo di "scrittori emiliani"».
Un elemento che caratterizza la vostra letteratura?
«Faccio un nome: Raffaello Baldini. E' lui il Papa della letteratura che piace a noi. Il
suo è un lavoro linguistico che viene dai più sottovalutato perché ricrea i difetti della
lingua parlata, in realtà è un''operazione sofisticata. Nel 2000 ho curato la versione americana di un suo monologo teatrale, "Carta Canta", nella convinzione che sia l'equivalente italiano di Beckett, considerato uno scrittore cervellotico. E nel '97 per il Rec, al teatro Valli, partecipando
a "Scrittori che leggono scrittori" scelsi Baldini».
Lei ha anche tradotto Beckett in dialetto...
«L'ho fatto per dimostrare la dignità letteraria del dialetto che dietro la sua concretezza, per esempio non presenta parole astratte, nasconde un'incredibile profondità. Quando
è la voce a imporre la lingua, allora non ha più senso parlare di correttezza o scorrettezza
grammaticale».
Cosa contraddistingue invece la letteratura padana?
«Diciamo che c'é la letteratura normale (vedi quella di Bevilacqua) e quella un po'
da pazzi, la nostra: qui prevale un forte elemento di interesse per il mondo "distorto",
si tratta di guardare alla realtà attraverso i suoi personaggi, abolendo la figura dell'autore
e la pretesa che si possa dare una visione oggettiva della realtà. E' un modo solitario di guardare alle cose che ti fa incontrare per strada altri sbandati solitari».
E' follia padana?
«In realtà è umorismo: la cosa più umana che ci sia, ma anche la più difficile da definire. Mi piace pensare alla letteratura italiana per aree geografiche: se i padani hanno familiarità con l'oralità, quello che appartiene alle aree siciliana e sarda è da sempre un linguaggio colto».
Tragico e brillante: un altro binomio ricorrente.
«Il comico è l'elemento più serio della letteratura e, come dice Learco Pignagnoli "se in uno scritto non c'é niente di comico vuol dire che non c'é niente di tragico e se non c'. niente di tragico
che valore vuoi che abbia?". Il comico . un altro tratto caratteristico della letteratura
padana: non il cabaret ma il comico che sprigiona dalle capriole che fa la lingua. D'altra
parte il comico è anche quello che salva la letteratura dalla seriosità finta, quella di cui sono pieni i libri di Moravia: leggi due righe e hai l'impressione del bluff, come se fosse stata spruzzata un
po' di puzza culturale».
Com'� cambiato il mondo editoriale?
«Negli anni '70 si faceva ricerca letteraria, oggi agli editori interessa solo vendere. Quindici anni dopo è successo nell'editoria quello che era accaduto per il mercato discografico: gli editori hanno capito che a comprare libri sono i giovani e, ciclicamente, lanciano fenomeni che, da "Porci
con le ali" in poi, parlano tutti dello stesso tema».
Se dovesse portare nella fantomatica isola un suo libro, quale sceglierebbe?
«Cani dell'Inferno": contiene la trasfigurazione di una mia sensazione dell'America
che diventa un "altrove": non si sa se sia Inferno, Paradiso o Purgatorio. E' un libro sull'America
ma che non avrei potuto scrivere se non fossi tornato in Italia».
Voglia d'America?
«Spesso. Ho nostalgia di Boston e di New Orleans. E in Tv, faccio il pieno di telefilm polizieschi cercando le strade e le case di Boston».
Da molti, lei � conosciuto per avere curato le "Opere complete di Learco Pignagnoli. E' il suo alter ego?"
«Direi eteronimo... Learco Pignagnoli ha una vita sua. Lui . nato a Campogalliano e
io a Masone. Diciamo che gli faccio dire le cose che, dette da me, potrebbero suonare
imbarazzanti... Con Ugo Cornia, Paolo Nori, Ermanno Cavazzoni e Marco Raffaini abbiamo
organizzato su di lui un finto convegno al Festival della Filosofia di Modena e alla
Cavallerizza: un trionfo».
L'ultima sfida?
«La rivista "L'Accalappiacani": l'obiettivo è aggregare persone che possano condividere
la nostra idea di letteratura. L'appuntamento è una volta al mese al cinema Cristallo:
arrivano da Milano, Firenze, Torino, hanno un'età tra i 20 e i 40 anni, e tanta voglia
di esprimersi».
Ma lei, che insegnante �?
«Non credo nella didattica ma nella personalità: puoi essere imbottito di didattica ma
se non sai comunicare è inutile. Il mio obiettivo è trasmettere la passione che io metto
in quello che insegno: è demoralizzante quando vedo che il messaggio non arriva, che
uno scrittore non provoca sussulti... Allora mi rifugio negli autori neutri. Per non rimanerci
troppo male».
Nel tempo libero, ammesso che ne abbia, cosa fa?
«Sono sempre stato appassionato di calcio: tifo Juventus e non mi perdo una partita.
Seguo anche la Nazionale, ma ci devono essere almeno sei juventini in campo. E poi,
una volta, suonavo la chitarra in una band "letteraria": ci chiamavamo I Fagiani...».
Bob Dylan apprezzerebbe.
06 aprile 2008
Se non ti piace dillo: intervista a NADIOLINDA
Bene, quel allora manoscritto che un anno fa circa ancora si trovava in maniera embrionale ora è uscito nelle librerie. Un'indagine veritiera e ironica sulla sessualità e sui rapporti ai giorno d'oggi. Nadiolinda al di la dell'argomento sesso (che no si sa perché ma sembra sempre squalifichi una qualità artistica), credo che porti in sé un'autrice che ritroveremo in futuro.
Se non ti piace dillo
il sesso ai tempi dell'happy hour
ed. Mondadori
autrice Nadiolinda
14 euro
Ecco qui l'intervista a lei fatta. Volià.
Perché escludere l’amore a priori? In fin dei conti l’amore se c’è, quando c’è - ha anche delle implicazioni attrattive sessuali…anche se certo può essere assolutamente non reversibile il concetto…
http://blog.nadiolinda.it/
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