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IN LIBRERIA

11 febbraio 2009

In ricordo della vita


Lunedì mattina sono andata in accademia, il cielo era azzurro, quasi primavera, il cuore un pò ebbene lo ammetto mi sorrideva.
Nel pomeriggio ho saputo che uno studente, un ragazzo dell'accademia di 24 anni era morto la notte di domenica, investito da una macchina mentre stava tornando a casa in bicicletta per via saragozza una via di Bologna, e il suo portone era a 20 metri da lì.

Ricordo che l'ho salutato venerdì mentre uscivo e per me era finito il lavoro. Ricordo il suo sorriso e il cenno con la mano.
Io cosa posso dire di lui? Nulla rispetto a quello che sento. Perché una morte simile racchiude l'universo, e fa diventare piccoli gli uomini con i loro problemi e nulla, ma proprio nulla rende giustizia a uno sconquassamento simile dell'anima, Qualunque orizzonte ora abbia di fronte, in qualunque essenza sia, io credo che esista anche per noi, e noi qui esistiamo anche per lui. Non posso dire di aver conosciuto così bene questa persona, ma ci sono volti che ti parlano più che altri, non a me nello specifico, ma a chi si incontra.

E badate bene, non dico perché di chi non c'è più non si può parlare che bene. Ma è un sentire, e i confini del sentire son ben oltre quelli della conoscenza.. Che nei corridoi lo vedevo quasi ogni giorno, ci parlavo qualche volta, nessun discorso così eclatante, e invece tutto diventa incredibilmente lucido e immenso ora,

Quello che più colpiva in lui era la sua pienezza di vita, la voglia di andare avanti, di fare, semplicemente. "Il fare semplicemente" che è tutta la volontà dell'universo. A 24 anni è giusto sia così, con le sue volontà, le sue speranze e la forza di creare.
Che nella sua pagina di netlog aveva scritto "Evviva la pittura". E questo è tutto, tutto quello che voleva e che credeva.
E mio dio come non sentirsi inermi di fronte la purezza. Quella vera, quel candore che deriva dalla pura volontà di futuro e di amore. Ho guardato un po' le notizie - quelle e parlano di dinamiche, di incidente, di salma di luogo, ma Cristo vogliamo parlare dell'uomo e della sofferenza una volta tanto?

Martedì l' accademia sembrava divisa tra quelli assolutamente non toccati, i curiosi, e quelli che fortunatamente sanno ancora riconoscere un sentimento così grande, come quello della perdita di un giovane, perché nella perdita di un giovane ragazzi, c'è tutto lo spreco che deve ancora esserci. E lui come era pulsante di vita! Di vita senza tante strampalature.
Il destino di un uomo, in un qualche modo rappresenta anche il destino di tutti gli uomini. Ma per questo c'è chi si sacrifica, e chi è sacrificato. E l'inferno è questo dolore nella terra. Altro non possiamo meritaci che il paradiso. Perché la tragedia di un ragazzo che perde la vita a vent'anni camminando tranquillo per la sua strada, non può e non deve essere semplificata con "disegno" o sfortuna" o "trovare una ragione superiore", perché è fuori da ogni logica che una persona, un ragazzo per bene possa implodere nella volontà di vita.

Perché a me fanno schifo i cinici che cercano di scappare da quelle fragilità umane, quelle che grazie a Dio ci appartengono e che rendono tanto unica e irripetibile l'esistenza, fino a farci battere il cuore in gola.
Perché Paride era un ragazzo come poteva essere un altro, o io, o chiunque altro legga questo blog, e non aveva certo in mente di smettere di amare la vita. Ed io, come quelli che gli vogliono bene e lo amano, finché saremo in vita e così le nostre parole che questo azzurrissimo cielo continui ad esserci anche per lui. Perché una storia così recente, non invecchi mai, e che il calore rimanga a raccontarla nella sua vita, insegnandoci ad ogni possibilità. Perché oggi la gente va a finire che confonde la vita e la morte con i reality, che non capisce più per che cosa bisogna emozionarsi se non gli viene detto.

Invece bisogna lottare perché questo non accada,lottare lottare lottare, per avere il rispetto, almeno quello del silenzio.

Bisogna saper sentire cosa è grave e quel che son cazzate. Perché ho trovato tanto calore, ma tanto gelo e questo gelo, mi ha gelato. Dove c'è stato chi non si è voluto fermare in accademia, pensando l'immobilità artistica come un segno di rispetto - dove non si può rispondere"son cose sempre successe" o "ma il mondo deve andare avanti", e perché proprio chi lo dice dovrebbe fermarsi un attimo a pensare cosa si è ma cosa soprattutto "cosa no si è", perché se prima dell'artista non viene l'uomo, non ci sarà mai l'arte, perché l'arte parte e passa dall'anima prima di arrivare a qualunque altra deformazione razionale.

Perché non deve esistere che una morte fa statistica.
Perché se esiste uno straccio di motivo per essere al mondo è l'amore, sia come sia verso cosa o chi sia. E questo ragazzo ancora più di altri per come l'ho conosciuto, amava e credeva nell'arte, così tanto che da Sassari aveva deciso di venire a Bologna per fare quel che aveva in mente, ma questo è nulla di fronte al cuore e a tutto quello che il cuore può muovere per chi può sentire. Oggi mi sembra tanta gente sorda. Un evento un episodio. Un tempo il parlare era legato al sentire, ora a cosa si è legati?
Sentite e aprite il cuore, e il cinismo non vi servirà a nulla dentro le vostre case, ma soprattutto non servirà a voi. Perché per difendersi bisogna essere indifesi. E se non ci si difende si può morire senza aver imparato nulla.
E Paride al di là di ogni opera era un'artista vero perché voleva vivere. Questo è tutto.

Io riprendo uno scritto che sento sempre molto vero e forte - e questo caro ragazzo la dedico con tutto il cuore

"Guardavo fuori dalla finestra e pensavo "Che alba stupenda" perché era un’alba stupenda. Forse il fatto che quella bellezza rimanesse al di là di lui, mi consolava, perché rimaneva anche per lui che l’aveva amata nei suoi giorni. Mentre vedevo il sole spuntare pensavo che non si poteva perdere tutto quanto, che finché ci sarei stata non sarebbe andato perduto né la memoria né ciò che amo".



e poi volevo lasciare una bellissima poesia scritta da Francesco per Paride,.

Segue il fiume come una catena di rosari,

e si cammina un po storditi e un po delusi

dal caos delle lanterne.

Amico sapessi quanti giorni!

Ho aspettato il piacevole profumo della nebbia

senza accorgermi

che amanti e amori si spargevano sulla sabbia

Così è venuto tempo di partire,

tutto è un viaggio

e non c'è mai promessa

per le anime che spostano le nuvole...

le parole appaiono lente e le stelle lontane,

lontane...

Ma basterebbe un sorriso

e una carezza

ad evitare che per il più lungo tragitto

le case venissero nude...


A Paride Emiliano Idda



10 commenti:

Pellescura ha detto...

...

Anonimo ha detto...

Il tuo blog è stato un pugno nello stomaco, forse perchè ho un figlio un po' più giovane di Paride, ma, Cristo, non è giusto.

B** ha detto...

ho perso a settembre un carissimo amico, 32 anni, ancora oggi non riesco ad abituarmi alla sua mancanza, leggere quello che hai scritto non aiuta, ma consola sapere che ci sono ancora persone in grado di esprimere certi sentimenti...
io mi fermo ad un inebetito rifiuto...

Gisy ha detto...

Bale - Credo che perdite simili siano capitoli mai chiusi, e per questo ne soffriamo tanto, ci è tolta la possibilità di leggere questo libro che in fin dei conti si è aperto con il nostro, ed è stata tolta la possibilità di scriverlo.

Sì, c'è ancora chi soffre fino in fondo, ma mi ha deluso molto la reazione della maggior parte della gente, e purtroppo non parlo solo dei blogger - difronte ad un evento così spiazzante.

Anche solo vedere un incidente (e mi è capitato a settembre o fine agosto forse) dove ho visto un morto "fresco" non mi ha dato pace per diverse settimane, eppure non conoscevo.
ma mi son fatta una sacco di domande.
Non voglio dire sia chiaro - di essere
più sensibile di altri - ma che tutti dovremmo essere più pronti anche a percepire l'importanza di esistere, di respirare di fare, di fare di fare di fare, ogni giorno quello che vogliamo fare, levare i debiti che vogliamo levarci con i nostri cari, perché non si devono avere rimpianto verso chi amiamo, e nessuno ha la certezza di poter domani chiedere scusa e di poter chiedere scusa.

Uno esiste, e paf un altro giorno, no.
E' così imperdonabile.

B** ha detto...

credo però che ciò che uno prova per una scomparsa non si possa ridurre ad una osservazione esteriore della reazione in pubblico,
personalmente non ho fatto nulla di diverso dopo la sua scomparsa, solo che ogni merdosa mattina continuo a svegliarmi pensando che non ho più la possibilità di scambiare due chiacchere con lui alla macchinetta del caffè... e non me lo spiego.. così come non mi spiego un sacco di altre cose

Gisy ha detto...

Sicuramente ogni persona ha il proprio modo di reagire al dolore, che può essere anche il silenzio. Però dei compagni di corso che il giorno dopo mangiano la pizza in aula, questo no.

B** ha detto...

il giorno dopo la morte di mario sono andato a nuotare in piscina come facevamo quando c'era lui... e ti assicuro che non è stato per mancanza di rispetto...

Anonimo ha detto...

Letto questo post, quelli successivi (ovvero, in realtà prima ho letto i più recenti, quindi sono arrivato a questo) e devo dire è difficile scrivere riguardo la morte, il dolore, anche se sembra più facile che scrivere della gioia, alle volte. Tu parli di Paride, ed io certo non posso parlare di Paride, e da un certo punto di vista tenderei a restare in silenzio, che qui nel web sarebbe non scrivere, eppure tu vorresti, avresti voluto, suscitare molte più reazioni, dal punto di vista dei commenti, e quindi un po' mi sento chiamato in causa, a sforzarmi di scrivere qualcosa. Non so se avrà molto senso, ma tant'è. Non potendo parlare di Paride, parlo di morte, e di dolore. Credo che noi, un po' questo mondo, abbiamo la tendenza a voler escludere morte e dolore dalla nostra vita, a voler rinchiudere questi aspetti in piccole scatole da non aprire, e ci sono "accettabili" solo in rappresentazioni finte, esagerate, televisive, recitate. Rappresentazioni che ci fanno dire "è lì, non mi riguarda". Quando invece "ci" riguarda, le cose si fanno diverse, ognuno reagisce a proprio modo, e non sappiamo cosa nascondono le parole degli altri, ed alcune magari possono ferire e sembrano indifferenti, mentre, forse, c'è solo un non riuscire a trovare un modo di esprimersi sul momento. A volte non sappiamo come esprimere quello che ci agita, ecco. Io non so mai cosa dire, quali parole sono "giuste", quali quelle che invece di ferire, leniscono un dolore. Capita di essere feriti e ferire in modo del tutto casuale, aldilà dell'intenzione di chi ci ferisce, o della nostra (nel caso in cui feriamo). E succede di ferire parlando, oppure rimanendo in silenzio, ed è difficile, in alcuni casi, prevedere le reazioni di chi hai di fronte.
La morte, il dolore, sono parte della nostra vita, e non sono da rifiutare, come, a volte, mi sembra si tende a fare. Non dico che ci debbano lasciare indifferenti, altrimenti, voglio dire, anche l'amore è parte della nostra vita, i colori dell'autunno...in somma, non è che se qualcosa è parte della nostra vita non ci debba sorprendere o far soffrire, tutt'altro. Solo che, impressione mia, in generale (e sicuramente succede anche a me) si tende a metterla in un angolo, ad escluderla dalla vita, come se fosse "male", mentre è qualcosa che permette la nostra vita, anche.
Avevo detto che probabilmente avrei scritto cose confuse e senza senso. Mi sembra di essere stato buon anticipatore, spero di non aver tediato nessuno con queste pseudoriflessioni.
Ciao.

Gisy ha detto...

Sicuramente il dolore è un fatto molto personale, di conseguenza privato e mi rendo conto che soprattutto nei blog sia un argomento spinoso.
Con la sofferenza uno è più portato starsene con pochi intimi se non da solo.
Però vedi quando si soffre e si soffre tanto, la voglia di condividere il dolore è penso un tentativo di dimezzarlo per alcune persone - poi a me in particolar modo viene anche abbastanza spontaneo esternarlo, perché in questo caso oltre al dolore, c'è l'idea proprio di una grave ingiustizia, e se fosse divina ancor peggio spiegazioni non se ne trovano umanamente.
Quindi forse sì, ho un pò esagerato nel post successivo perché forse in maniera egoistica pretendevo una consolazione per quel dolore che in quelle settimana era davvero fortissimo.
Nel blog non credo si possa parlare di ferire in modo casuale o causale, dei due spesso è causale... se uno ti segue e ha un minimo di percezione a capire chi ha davanti. Può al limite non esporsi e quindi tacere, ma questo non è proprio un caso, ed è qui lo sforzo che secondo me è importante per dimostrare rispetto anche su chi hai ipoteticamente davanti...
Anche se naturalmente può essere meno vero della propria ombra.
La nostra cultura tende a reprimere tutto quello che ha a che fare con la morte e associarlo all'osceno - al vero pudore, molto più di quanto non lo faccia il sesso. Poi oggi.

Anonimo ha detto...

La giustizia è, appunto, un'idea. E come ogni idea, quando la si mette alla prova con i fatti, traballa. Purtroppo. Non so se è cultura, o se siamo noi a interpretare male la nostra cultura. Se penso ad esempio alla cultura cristiana, mi sembra che vada nel senso contrario a quello che dici tu. D'altronde mi sembra anche contraria al senso delle posizioni cattoliche, che dovrebbero essere le più cristiane. Boh.

Riguardo al ferire o meno, anche nella comunicazione webbica accade, sia casualmente che meno. Il "tacere" è comunque una forma di espressione, che forse a volte ci fa rabbia, ma a volte ci fanno rabbia anche certe parole.
Non credo, non mi sembra, tu abbia poi esagerato, e vedo un po' quel post come "specchio" del silenzio altrui. Tu avevi bisogno di, in qualche modo, gridare, come altri sentivano la necessità di stare in silenzio. Quando una cosa è necessaria, non si esagera. L'esagerazione è propria del superfluo, credo.
In questi tuoi post si sentiva la necessità (almeno a me è sembrato così), quindi non posso definirli esagerati. Grazie per la risposta, ciao.
Buon pomeriggio.

andrea