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News e appuntamenti


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IN LIBRERIA

02 settembre 2007

C'era una volta...e ora non c'è più.

Una domenica, qui mattina tarda.
E' a volte impressionante come giorni che viviamo un altro giorno futuro - riusciamo a ricordarli con tanta vaghezza, a meno che naturalmente non ci capiti in mezzo qualcosa che lo imprima. Così pure i mesi, e gli anni talvolta nel tempo diventa quell'amalgama di vita che è la vita definita dall'essere un tutt'uno del tempo più che una scansione di successioni vere.
Credo che di fatto l'essenza è una, inequivocabile per ognuno. Si può chiamare anima forse, ma non direi nel senso sacro.

Al di là delle rivoluzioni giovanili delle aspettative, in genere ho fatto caso (e credo di averlo già detto) - la vita per ognuno andrà fin come è sempre andata - non a caso la maggior parte di persoe tende a riproporre situazioni simili, senza volerlo spesso e volentieri, situaizoni che poi tendonoa riproporre sentimenti simili nel senso di "sentire" "percepire" - e questa è una spinta che davvero mi pare di capire va al di là del volere, e oltre le mode, le rivoluzioni passeggere uno nel tempo tende a ritornare quello che è sempre stato.

A volte credo che non guarirò mai da questa nostalgia- dolore - depressione, e sapete cosa penso ultimamente: che di fatto forse non voglio guarirne del tutto. Vorrei conservarla senza stare male, comodamente vorrei questo - e questo non è possibile. Perché quelli che magari vorrebbero cambiare del tutto la propria vita, in ogni cas non la cambierebbe veramente con quella di qualcun altro anche se bellissima, rinunciando del tutto alla propria strampalata.
Tanto è tutto un sogno. Peccato che ci sveglino in continuazione.

Buongiorno...intanto.

15 commenti:

Anonimo ha detto...

“Tutto in natura ha un’essenza lirica, un destino tragico, un’esistenza comica” (G. Santayana epigrafe a “le conseguenze dell’amore”)
la domenica è metafora precisa del circuito tragicomico di ogni settimana che epiloga senza troppo lirismo nello spazio bastardo della domenica pomeriggio. Ma non sta su l’idea di un ciclo vizioso e ineluttabile. Né mi sembra utile l’amaca paranoia di queste domeniche. Del comodo e perverso incesto con la tristezza di casa.
Violare, reagire, tradire. Uscire dal letto occhiali in testa, adulterare la propria sterile e malinconica inedia.
“chi abbia grinta sufficiente per tener testa al proprio destino, al cerchio della personale circostanza è in ogni caso uomo d’armi. Il tribolato che riconosce anche nel più fortunato dei mortali la sua stessa tribolazione è, nello sforzo compiuto per oltrepassare se stesso, un eroe…”
via di qua, in macchina o a cavallo per la mancha arida e selvaggia. Così va meglio. Molto meglio. Riprendo forza, bevo una mezza bottiglia d’acqua bollente trovata in macchina, fermo alla prima locanda e ordino una caraffa di caffè nero, lì fuori faccio bere il cavallo e immergo la testa nell’acqua gelida. Sono un uomo nuovo. Faccio fuori tre uova al tegame e riparto. Ho il sole in faccia e una voglia di figa accecante. do un colpo secco alla mosca che mi gira intorno, e sento un botto tremendo

Anonimo ha detto...

Tempi

“e io mi interrogai sul presente, quanto fosse vasto, quanto fosse profondo, quanto fosse mio”
K. Vonnegut, mattatoio n.5

“poi riflettei che ogni cosa, a ognuno, accade precisamente, precisamente ora. Secoli e secoli, e solo nel presente accadono i fatti; innumerevoli uomini nell’aria, sulla terra e sul mare, e tutto ciò che realmente accade, accade a me”
J. L. Borges, finzioni


Leggendo in fretta tuoi accenni sulla concezione del tempo mi sono venute in mente alcune cose. alcuni racconti di Borges e mattatoio n.5. le butto giù in disordine, riguardano tutte diverse concezioni del tempo, diversi modi di percepirsi in relazione alla dimensione temporale.

la vita su Trafalmadore, pianeta alieno su cui finisce il protagonista di mattatoio n.5 è un blocco unico onnipresente di eventi e situazioni:
“Passato, presente e futuro sono sempre esistiti e sempre esisteranno. I tralfamadoriani possono guardare i diversi momenti proprio come noi guardiamo un tratto delle Montagne Rocciose. Possono vedere come tutti i momenti siano permanenti, e guardare ogni momento che gli interessa. È solo una nostra illusione di terrestri credere a un momento ne segue un altro, come nodi su una corda, e che quando un istante è passato sia passato per sempre.
Quando un tralfamadoriano vede un cadavere, l’unica cosa che pensa è che il morto, in quel momento, è in cattive condizioni ma che la stessa persona sta benissimo in un gran numero di altri momenti. Oggi anch’io, quando sento dire che è morto qualcuno alzo le spalle e dico ciò che i tralfamadoriani dicono dei morti, e cioè: “così va la vita”.”
Secondo questa visione noi siamo sempre incastonati nell’ambra del momento presente, senza nessun perché. “tutto il tempo è tutto il tempo. Non cambia. Non si presta ad avvertimenti o spiegazioni. È, e basta. Lo prenda momento per momento e vedrà che siamo tutti insetti incastonati nell’ambra”

E c’è un killer ne il giardino dei sentieri che si biforcano (Borges finzioni), che prima di andare ad ammazzare svela uno dei suoi principi, offrendo consiglio:
“l’esecutore di un’impresa atroce immagini d’averla già compiuta, s’imponga un futuro che sia irrevocabile come il passato. Così procedetti io stesso, mentre i miei occhi d’uomo già morto registravano il fluire di quel giorno che forse era l’ultimo, e la diffusione della notte”

Gisy ha detto...

Intanto bei commenti entrambi.

"La domenica è metafora precisa del circuito tragicomico di ogni settimana che epiloga senza troppo lirismo nello spazio bastardo della domenica pomeriggio".

Davvero una gran bella frase.L'ho sempre sentito questo spazio vuoto della domenica pomeriggio, e della deomenica in sé che è di per sé un pomeriggio di 24 ore. Un pomeriggio nel pomeriggio. Quella zona morta, fredda che non ti è diposizione.
In certi momenti se c'è, è meglio davvero pensare alla figa.

Qualche volta ho detto che la vita serve a passare il tempo, ma credo di sbagliarmi è il tempo che serve a far passare la vita.

“tutto il tempo è tutto il tempo. Non cambia".

Sì, questo lo penso, naturalmente più in un sentire, sai che un giorno cambierai,ma non ti vedrai cambiare giorno per giorno, neppure guardandoti da vicino; eppure un giorno che non ci pensi non sarai più qello che eri.

In questo il genoma fa pensare, di come anche tutti nbostri processi siano già inscritti progettati programmati. Un libro che mi ha fattopensare riguardo "il gene egoista".
Tempo non tempo siamo mossi da un microcosmo che se ne sbatte.
Eppure piangiamo gridiamo sorridiamo scopiamo. Glieletroni ai loro posti girano quieti nei giri impossibili e regolari.

Eppure il nostro ego inevitabile, ovunque siamo, siamo sempre noi anche quandosono gli altri...

"O morte, la nostra miseria
è grande: la nostra materia
che soffre ed invoca l’oblio
gridando per sempre: - Non voglio
morire! – s’abbarbica all’io
così disperatamente,
come il mollusco aderente
con tutte le forze allo scoglio:
l’io per ciascuna persona
è come un’amante noiosa
che stanca sopra ogni cosa,
ma che tuttavia non si dona;
l’amante che più non si varia,
compagna in piaceri e malanni
e che, con l’andar degli anni,
diventa vieppiù necessaria;
l’amante un poco volgare
che ha verso di noi mille cure
e che spesse volte neppure
ci si accorge di sopportare".

C.Vallini

Anonimo ha detto...

“Gli amanti che passano la vita insieme non sanno dire
che cosa vogliono l’uno dall’altro. Non si può certo
credere che solo per il commercio dei piaceri carnali
essi provano una passione cosi ardente a essere insieme.
E’ allora evidente che l’anima di ciascuno vuole altra
cosa che non è capace di dire, e perciò la esprime con
vaghi presagi, come divinando da un fondo enigmatico
e buio.”

PLATONE, Simposio, 192 c-d.

Stasera, dopo aver letto questo tuo Post, cercavo una
frase (che non trovo e non ricordo su quale libro è) che
trattava sul mald’anima per il vuoto di un giorno
qualunque e che molto spesso è di domenica.

Ho visto questa di Platone (pagina iniziale, dopo la
dedica, del libro “Le cose dell’amore” di Umberto
Galimberti).

Io questa frase di Platone, la adatto alla vita in
generale.

Mi viene in mente le domeniche pomeriggio da
adolescente (13/14enne) in piena crisi, da solo mi
rifugiavo al cinema, per un verso perché non volevo
incontrare nessuno, e poi con il terrore quando
accendevano le luci che qualche amico o conoscente
fosse li e mi vedesse….mi piegavo e scendevo il
più possibile lungo il sedile…. E poi non avevo
più il coraggio di uscire….alle volte mi vedevo il
film due volte….

Riferendomi alla tua affermazione: “a volte credo
che non guarirò mai da questa nostalgia ecc.”
Io capisco bene questo, e un po’ (o forse molto)
ogni tanto mi ci ritrovo. Gli esperti lo dicono:
ognuno di noi nella vita si porta dietro consapevole
o no le esperienze avute da bambino o adolescente.
La paura del buio, gli incubi infantili, la timidezza
adolescenziale, poi da adulto qualcosa rimane.
Da adulto può essere la difficoltà ad amare, non
saper ben affermarsi nella professione, difficoltà
a decidere o non decidere su tante cose anche banali,
e altro che ognuno soggettivamente da solo o con
l’aiuto dei cosiddetti specialisti può riconoscere.

violazione ha detto...

io non saprei vivere da "felice"...
sono totalmente incapace di gestire la felicità...

quasi che mi sento "felice" quando sto di merda...

in un certo senso è questa la mia essenza, o la somma delle esperienze infantili/educative, che mi hanno formato così...

poi, nel tempo, i casi della vita, o forse spinto da un inconscio istinto, mi hanno portato ad esaltare questo "stato delle cose", di cui soffro solo quando ci sarebbe da "esser felici insieme", a qualcuno intendo...

vabbè, non vi tedio con la mia "felicità"...
: )

ma in fondo, credo che la mia felicità del vivere, risieda nell'aver accettato la mia essenza per quel che è...

Anonimo ha detto...

Branduardi diceva "sono malato d'infanzia e di ricordi" e lo si comprende benissimo. Il tempo soggettivo ruota sulle lancette delle percezioni. No,da nostalgie simili non si guarisce...ma davvero vorresti?

Gisy ha detto...

@ Paolo - Naturalmente è l'imprercepibile, l'inafferabile che ci fa stare attaccati cos' attaccati al volere al desiderio.
Qualche post fa scrivevo "Ed ora che erano diventati uan cosa solo, cosa sene facevano l'un dell'altra?", ed è un pò così, nel momentoin cui si ingloba l'altro essere ci deve esesre un'altra ricerca dell'imprecettibile volere che sia nostro, ma che non lo sia del tutto.
Ricordo un mio exm di cui ero follemente innamorata,ma lo detestavo e anche viceveersa lui una volta mi ha proprio gridato "io t amo,ma non voglio che tu sia come sei" ed io credo, che ahimé questa è una regola avolte scomdoda del volersi, dell'essere, del tentativo continuo di voler fare degli alrtri una nostra parte, ma se poi fosse così non ci accorgeremo più di loro.

@Violazione - Nemmeno io saprei vivere "felice" almeno per quel che si può intendere all'incirca con questo termine in cui non credo troppo. Posso credere all'emozione, ma alla felicità poco.
So che se fossi veramente solo felice, mi verrebbe a mancare qualcosa. Ma probabilmente o lo si è da sempre o è fatica percepire solo la felicità se non la si ha avuta da sempre.
Ma chi l'ha avuta da sempre?
L'importante è fare del proprio male qualcosa di luccicante. Visto che ci si deve convivere.

@Arkadius - Credo che la malattia dei ricordi, sia un motore fondamentale per il futuro.
Io penso di esesre malata nche di nostalgia del futuro. So già che certe situzioni mi verranno a mancare; non solo, soffro della nostalgia degli altri che mi traccontano il loro passato, questo a me piace sentirlo raccontare, sono una voyerista della nostalgia mio modo. Ah sì, non per niente il libro su Ciampi - cosa credi se fosse stato vivo e vegeto, se fosse stato giovane, beh forse, ecco io non so se l'avrei fatto.
MA la nostalgia è un causa assoluta per me.

Arkadius ha detto...

Capisco, allora suppongo che il delizioso male in questione sia il sehnsucht. Non comune ma sempre amabile ansia dell'irraggiungibile, malinconia velata del tutto. Necessaria se lo spirito deve essere creativo...

Anonimo ha detto...

Una volta, durante una seduta, mi sono scappate queste parole: "a volte è come se non volessi guarire".
Tutte le parole che si conoscono non possono bastare.
Reagire, non reagire...
Vivi, cara mia. A grandi passi o a grandi ronfate.

Gisy ha detto...

" Andare, camminare,lavorare..." cantava Piero Ciampi.

Anonimo ha detto...

signori miei sono cazzate. strascicare i piedi lasciandosi dietro strade di bava melanconica e ritornare a leccarla compiaciuti, ostentare con orgoglio ebete male di vivere immotivato, imbandire grottesche tavole rotonde defilippiane, eleggersi auto autoanalisti prêt-à-porter con gergo da benzinai, seguaci senza vertebre di una tradizione d'esistenzialismo ignorata o pateticamente scimmiottata, cantori assuefatti della propria sfiga,

brindo a voi che campate contenti sui vostri lamenti, qua fuori c'è vino per tutti, ma le larve non bevono credo

tu tesoro mi fai sempre venire voglia invece, splendida

sorrisi

Gisy ha detto...

Caro Arthur, dopo aver dato dimostrazione dei tuoi ghiotti virtuosismi stilistici - se non ci fosse il malumore,la rabbia, e varie non ci sarebbe gran parte della grande letteratura e musica da cui tutti possiamo attingere noi stessi appunto - in auto- analisi.
E' un pò una faciloneria liquidare così alcuni eccelsi saturnini.

Io faccio venir voglia sì, di prendere un'altra strada che non sia la mia.
Bevi pure caro Arthur io sono astemia.

Anonimo ha detto...

io la mia vita la cambierei volentieri con quella di mick jagger, senza rimpianti per la mia davvero.
gambini fa piacere sapere che hai letto. bravo non hai perso tempo.

Anonimo ha detto...

@ arthur: infatti sono astemio.
Cercavo solo di aiutare, come tutti del resto. Ah, e le larve... maturano.

Anonimo ha detto...

"... niente scoramenti, andiamo! Andare Camminare Lavorare!...."