27 luglio 2009
Un'intervista che mi è piaciuta (un pò di autoreferenzialità)
1)Come ti senti adesso che hai 30 anni?.
Molto meglio di quando ne avevo 20, si è troppo infarciti di ideali a 20 anni, anche giusti, ma troppi e non si ha una grande conoscenza profonda del sé, nemmeno a 30, ma te ne rendi un po’ più conto che conoscenza e consapevolezza non sempre vanno a braccetto. ..questo ti fa prendere con più calma tante cose, anche se paradossalmente la responsabilità aumenta,
2) Lavori ancora molto come modella per foto?.
Meno, le foto le faccio solo con chi mi sento di poter lavorare bene senza pesantezze o conflitti; sono fasi della vita, uno deve cercare di non cascare nel ridicolo, almeno ai propri occhi. Con Giovanna Casotto trova la miglior collaborazione empaticamente parlando .
3) Vivi o hai vissuto la competizione con le altre modelle?.
No, per nulla. Sembra una frase di circostanza, ma non lo è. All’inizio lo pensavo, poi mi son resa conto che per lo più le desideravo alcune, e non necessariamente nel senso carnale, ma il possesso anche metafisico “del bello”. Quando ti trovi di fronte a tanta bellezza non è molto importante il tuo orientamento sessuale, vivi nell’arte che per definizione è universale e ermafrodita e indefinita..
4) Hai mai avuto qualche flirt con delle modelle?.
No. Ci ho pensato qualche volta, ma più che ammirarle non mi son mai pronunciata, forse qualcuna si sarebbe offesa, o qualcuna avrebbe ceduto, forse si sarebbe rotto un grande sogno erotico..
5) E con te ci hanno "mai provato" delle donne?.
Spesso. E’ facile quando sei in un ambiente che ha a che fare con l’arte e soprattutto con la consapevolezza del corpo..
6) Cosa ti consola del tempo che passa?
Cosa mi consola? Son felice che passi, siamo a buon punto, la vita serve a passare il tempo, fare interviste, rispondere, interessarsi alla cucina, alla morte di Micheal Jackson, all’estate, le ferie…la trasgressione, la fede…tutti escamotage per far passare il tempo. Se ci riusciamo senza fermarci noi, beh è una sorta di vittoria.
In ogni caso mi sembra una cosa tragicamente democratica che il tempo passi.
7) Però sul fronte dell'età, poi si compensa col fascino non credi?
No, anche questi sono escamotage per addolcire le pillole. Si è giovani e belli, e oggi la moneta è questa per le donne. Il fascino è un termine di “rattoppo”. Oh sì esiste eh, non lo nego, ma è bello per le chiacchiere, nessuno ti compra veramente per il fascino. .
8) Ami “essere comprata”?
No, ma stabilire il mio prezzo sì. .
9)Come si fa stabilire "il prezzo"?
Alla gente piace anche essere presa in giro, la cosa che più son disposti a pagare oggi non è il tuo corpo, ma il tuo avatar. Buffo vero?
Poi non è solo così, ma molto così. .
10) Quindi tu scrivi, ma a questo punto la scrittura come la collochi come importanza?
E’ fondamentale per me, poi anche lì ho deciso di vendere ciò che potevo creare. Perché no? Basta all’ipocrisia, il secondo libro l’ho fatto per rabbia, ma anche per fare due soldi, non lo nego. Quando lo dico mi guardano male. Ma anche qui è l'ipocrisia, quante persone ogni mattina si alzano per fare 8-10 ore di un lavori che non gli frega nulla? Almeno in questo senso credo di aver avuto l'onestà di fare qualcosa che mi piaceva, il classico unire l'utile al dilettevole, spesso di unisce "l'utile al dovere", quando posso non lo faccio.
Per quello dico che oggi la gente forse desidera solo essere ingannata, gli dài il cuore e te lo riduce a merda, gli dài merda e ti fanno i complimenti o le offese che più o meno sono la stessa cosa. I veri complimenti son taciuti in genere, o...molto discreti .
11) Quindi è un falso il tuo secondo libro?
No, è vero. È tutto più o meno vero, ma l’ho fatto in buona parte per soldi. E poi non parla solo di sesso. ma delle pornografia umana. dell'essere.
12) Lo riscriveresti?
Assolutamente sì. Ma non adesso, son felice di averlo fatto qualche anno fa. Solo mi spiace che a risentirci sia più mia madre che me. Le malelingue più che altro la feriscono. Per me possono dire quello che vogliono, ho l’amore delle persone che amo, questo è tutto per me.
L’altra cosa che si è fatto vivo mio padre dopo 27 anni di assenza, e vari parenti, Avranno pensato che ho fatto i soldi. Troppo facile. .
13) Hai molti amici?
Ho molte persone di cui mi fido ciecamente. Alcuni sono miei ex.
14) Loro cosa ne pensano dei tuoi libri?
Non so bene. Dicono che l’ultimo sia migliore, ma forse perché mi conoscono. Non so se sia valido.
Per me il libro più importante rimane quello su Piero Ciampi. .
15) Un tua grande amarezza?
Non aver avuto una madre con cui parlare. A volte si è orfani anche con i genitori, anzi spesso, però questo mi ha portato a cercare risposte altrove. Anche nella chimica, nella letteratura, che se la si vive è davvero salvifica, ti sposta in un altrove, ma ti dà anche molti strumenti per affrontare la realtà. .
16) Il tuo autore preferito.
Dipende dai periodi, ma direi Thomas Bernhard e Cesare Pavese. .
17) Te dici sempre nelle tue interviste che ci sono dei morti che sono più vivi dei vivi…
Sì, guarda l’importanza che ah avuto per me Piero Ciampi, e penso a mia madre, le voglio bene, ma quando c’è l’incomunicabilità tra gli individui, che si parlano lingue diverse senza possibilità di traduzione, può esserci solo quell’affetto istintivo, ma non puoi cavare altro.
Ciampi dal suo inferno o dal suo cielo, mi ha suggerito delle vie d’uscita in periodi per me tragici.
C’è gente che è legata da un ombelico universale. .
18) Persone che ti hanno cambiato e colpito da vive?
Sono state diverse esperienze, oltre che persone. La prima a 15 anni, che a forza di andare male a scuola mia madre mi mandò a lavorare via da casa. E accadde qualcosa che mi cambiò. Non accettavo di fare la cameriera alle camere e lavare i piatti, però allo stesso tempo avevo trovato delle persone per bene in quell'albergo...con le loro durezze mi trattavano bene, con una sensibilità che prima non avevo conosciuto, da tempo mi ero appassionata a leggere le etichette alimentari, e lì tra la cucina e le confezioni di cibi, cominciai proprio ad aver la voglia i approfondire, volevo capire, mi trascrivevo gli ingredienti che non conoscevo su dei quaderni, comprai con i primi soldi un'enciclopedia scientifica e lì capii che la chimica e la magia degli atomi non mi avrebbe mai più abbandonato per tutta la vita. Poi senz'altro il fatto di venire a Modena, venir via da dove abitavo. Mi sento di dire di essere stata molto fortunata nell'aver incontrato persone che mi hanno aiutata tanto, e l'aiuto spesso è anche il darti fiducia, o farti vedere il mondo da un'altra prospettiva.
Le persone che ti cambiano son tante, a volte te ne rendi conto dopo, spesso son persone che ci sono accanto, che ti son state accanto, ai miei ex devo davvero tantissimo ad esempio.
Poi esistono delle "entità" persone oggettivamente speciali, e non solo per te, che intuisci hanno qualcosa "in più" - qualcosa che umanamente è anche fatica da definire, ma esiste e non serve spiegarlo. tra queste posso dire che importante è stato conoscere Ezio Vendrame, una persona di una sensibilità devastaste per sé stesso e per gli altri, un vero fuoriclasse, solo che a vivere così “ecorché” c’è da morirci, lo invidio per molte cose, ma chi vive così purtroppo non ha vita facile. E’ stato molto amico con Piero Ciampi, questo gli cambiò la vita, me l’ha trasmesso tutto, pure quello che viveva Piero…
Gianni Celati, altra persona immensa. Magari il mondo fosse questo, Celati ha questa capacità di essere un classico vivente…come dire, ti rendi conto che quando gli parli, di qualunque cosa dalla più stupida alla più incredibile, ti porta davvero qualcosa di magico e atemporale, anche una parola che per un’altra persona sarebbe banale e scontata in lui diviene altra,perché possiede altro che le persone “comuni” non possiedono. I suoi libri son meravigliosi, ma basta parlarci per capire che dietro le righe si eleva un cielo, non sono di competenza nostra queste possibilità. ad aver avuto la possibilità di parlargli in modo amichevole. e mi ha aperto gli occhi. su diversi aspetti del vivere, chi si interessa troppo ai sentimenti umanoidi dovrebbe imparare, l'esilio per qualcuno potrebbe essere una buona soluzione per ritrovarsi. Questo è un inferno dove viviamo., e non per colpa e merito dei politici, ma degli uomini. Comunque dovrei ringraziare tante, tante persone. Piero Ciampi tra i più forti insegnamenti poi..
19) Cos'è e chi è che non sopporti?
Le persone che amano definirsi - io sono quello - io sono questo - o quelli che parlano di sè in terza persona. Boh, non mi pare abbia molto senso. Quelli che quando scrivono dove vivono, ti mettono almeno 3-4 città una delle quali naturalmente una capitale europea, quelli che al posto della vita pensano di vivere una biografia..
20) Una dichiarazione d’amore?
Il tuo fegato, in cambio del mio cuore..
Intervista di A.D.
19 luglio 2009
La verità dei sentimenti
Spesso mi chiedo se in genere interessi la verità delle cose. Non parlo ovviamente di quella verità da gossip che ha a che fare con la veridicità dei stra-fatti e chissenefrega. Una delle ragioni che a volte mi fa da diavolo “basta non scrivo più, mai più” è il fatto di trovarsi davanti ad “un pubblico” che del tuo dolore così come del tuo amore non se ne farebbe nulla. Nulla. Questo quando si parla di scrittura, ma che non va tanto distante dal concetto di vita o anzi di esistenza, nasce per quello, da quella sofferenza che ti fa gridare e dire sottovoce “sì sono vivo”, e rivendichi un bene, visto che di vivere non l’hai chiesto. Allora si cerca di non subire quello che non si è chiesto, e già si entra in un paradosso. E’ una lotta anche se non è la morte la vita è quell’abbarbicarsi all’io come un mollusco allo scoglio …
Carlo Vallini che è uno dei mie poeti preferiti “dice”
“la nostra miseria è grande:
la nostra materia che soffre
ed invoca l’oblio gridando per sempre:
- Non voglio morire! –
s’abbarbica all’io così disperatamente,
come il mollusco aderente con tutte le forze allo scoglio:
l’io per ciascuna persona è come un’amante noiosa
che stanca sopra ogni cosa, ma che tuttavia non si dona;
Quanta poesia ! E Oggi? Cosa se ne faranno di tanta poesia, niente, poco niente perché c’è fb o myspace, o chissà quale altro accidente come supplente della trasformazione del dolore. Ma è uno specchio, e un io ce si abbarbica a se stesso anziché ad uno scoglio, non conoscerà nemmeno la più noiosa delle amanti, che già si potrebbe dire un lusso. A dirsene ci sono anch’io, perché non si scappa, che forza di volontà per andare oltre se stessi, oltre l’ego celato o malcelato.
Non ho ancora trovato nessun genio del cuore in un social network, al limite alcuni suoi fans, gente in gamba, gente simpatica, ma… accidenti. Almeno questa è la mia impressione, senza voler togliere sensibilità, bellezza, ricchezza interiore a nessuno, ma forse non lo si è abbastanza. Non è sbagliato o giusto essere in o non essere in. Non è nemmeno giudicabile, anche se già lo sto facendo categorizzare una qualità in questo modo. Però un pensiero ci va. Ci sono libri meravigliosi, che contengono lo scibile umano, oh sì, molto più dettagliatamente che in qualunque motore di ricerca. Penso al “Mestiere di vivere” di Pavese, uno dei libri più importanti sulla sofferenza.
Dove capisci cos’è un uomo, e cos’è un uomo che soffre, la fatica di tirarsi addosso.
Ma questi son discorsi noiosi che interessano a ben pochi, sarebbe molto più facile postare due foto che hanno a che fare con quella realtà tangibile che distrai il mollusco abbarbicato. No, non lo farò, non qui , non ora. Penso a tante cause dell’anno, di sofferenza forte, la perdita di Paride a febbraio. Quel ragazzo dell’accademia che di voglia di fare ne aveva tanta, e quando si perde qualcuno che ha voglia, cazzo, voglia di vivere così tanta in maniera così sciocca, beh un gran nervoso viene allo stomaco. E tutto, tutto diventa così inutile, se non proprio la vita prende valore, pesando che alla fine la cosa più importante è dare una carezza, salutare, cose stupide, occuparsi della vita proprio, dei sentimenti, perché ogni giorno per chiunque potrebbe chiudere un libro, e come ci si sente essere andati di fretta così, come a me capitò in una mattina di febbraio verso quel ragazzo che fu investito il giorno dopo. Si è presi da troppe cose. Io voglio ricordare, anche a costo di stare male. Per questo quando si scrive, e si vuole comunicare qualcosa di importante dispiace che le menti e i cuori siano così offuscati. Più di quanto sia giusto che lo siano.
16 luglio 2009
Alta moda
Spesso e volentieri mi sembra proprio ne voglia distruggere l'immagine...
va bene c'è
sempre chi dice che è arte...però forse se lo è, a patto che lo sia, non faccia risaltare il femminile.
o forse che ho un concetto un pò più stereotipato.
Meglio Botticelli,
°________O
13 luglio 2009
Intervista a Beatrice Antolini
E' uscita a ottobre nuovo Disco "A Due" Beatrice Antolini - che sembra proprio essere una promessa mantenuta della musica in Italia, ... Anzichè fare la velina le piacerebbe invece riuscire a suonare il pianoforte alla maniera di Jerry Lee Lewis, o forse di Diamanda Galas. Adora le sonate di Mozart, le piace Eugene Ionèsco e i quadri di William Turner... (Intervista integrale - uscita solo parzialmete a settembre per la rivista musica leggera "Coniglio ed"
“Big Saloon” è stato il tuo primo album, un album straordinario e fortissimo. Possiamo trovarci un’ amalgama di influenze musicali che sai rielaborare e fare tue creando un’identità ben precisa…mescoli blues, jazz, elettronica, pure del country-rock …è pazzesca l’abilità con cui componi a più livelli. Quand’è stato il momento che hai sentito l’esigenza di fare questo album, di dire: “sì, questo è il momento” …
Ho sempre suonato e fatto un sacco di demo, ma non mi sono mai sentita pronta di farli sentire. Visto che ho un’ alta concezione della musica, la rispetto moltissimo, non mi sentivo direi degna, o meglio, non ancora arrivata al livello a cui volevo arrivare, quindi tenevo quasi tutto per me.
Parecchio autocritica …
Di un’autocritica pazzesca, quando ho fatto sentire i provini e mi han detto “ma guarda che sono pubblicabili” – io ho detto “ma come sono pubblicabili? E’ impossibile ! – un disco no si fa mica così…”- per me i dischi sono fatti anche con dei materiali e mezzi importanti - ” che non avevo. Per fortuna sono stata spronata a tirali fuori, da qualcun altro – da varie persone. Erano più gli altri a dirmi che ero brava che non io a me stessa…
La tua prima pubblicazione con
Non è stata una decisione, ma una necessità, poi certo mi piacerebbe che la mia musica non sia solo per l’Italia, c’è l’idea di farla girare per il mondo, di farla arrivare al di là della ma nazione, ma soprattutto i testi sono in inglese perché spontaneamente la sonorità dell’inglese si accosta meglio alla mia musica. Ho provato a scriver delle cose in italiano, ci sto provando ancora, forse un giorno ce la farò…con l’italiano devi dire qualcosa di interessante, con l’inglese invece puoi giocare molto di più sui doppi sensi della parola; credo che la propria lingua vada rispettata, non che non rispetti l’inglese, ma l’inglese non la rispettano nemmeno gli inglesi, poi l’italiano come lingua chiude, chiude tutto, musicare questo è più complesso.
Nel secondo album “A Due” a mia impressione dài più rilevanza alla voce; se nel primo era alla stessa altezza della musica, qui ci dài un peso maggiore; come hai lavorato rispetto al primo su questo tuo secondo disco?
Può essere che la voce esca di più qui. In big saloon ci sono più sintetizzatori, ma suonati, io non programmo niente, assolutamente, l’unica cosa programmata nel nuovo disco sono delle chitarre velocizzate( in un pezzo Double J), ma la mia è musica suonata, per me è fondamentale, faccio pure poco editing, con qualche errore, con quel che succede, mi piace l’approccio “alla vecchia” – abbiamo poco tempo, facciamo veloce…
E finalmente il secondo album, registrato in studio, e non in una camera vero?
Sì, uno studio, ma che ho sentito come una casa, perché potevo lavorare in tranquillità e libertà come fosse casa mia.
A livello emotivo ti che differenza trovi con il tuo primo album
Per me questo è emotivamente più carico, nel primo sicuramente avevo un approccio con la vita un po’ diverso; in questi due anni ho avuto invece un approccio con la vita un più riflessivo e credo che nel disco si senta dove c’è pure del dolore.
Anche un po’ più cupo quindi…
Sì, un disco più denso anche più doloroso, ci son delle parti dove credo si essermi sfogata, che ne so… parti molto tese, in cui sentivo di tirare un urlo in piena libertà, e l’ho fatto! un album terapeutico
Qui i testi quindi hanno un’importanza maggiore…
Assolutamente sì, sono stati pensati di più, mi son consultato con un ragazzo di ragazzo di madre lingua.
Chi in particolar modo ti ha spinto “ad uscire pubblicamente”…
Federico della Madcap Collective - che è stata la mia prima etichetta - lui quando ha sentito i miei lavori è rimasto colpito, molto contento e ha deciso subito di pubblicarlo. Però non lo ritengo proprio un disco, è più una raccolta di fatti di idee dei miei ventitré, ventiquattro anni.
Giovanissima quindi, anche se credo sia giusto che la formazione dell’artista debba avvenire in giovane età… Pensando ad esempio a Bob Dylan, lui a venticinque anni era già Bob Dylan; ora a quaranta si è ancora esordienti, si è più mammoni anche in questi ambiti forse…
Sì, è vero, ma ora sono tempi diversi. Per me questi due anni che son passati sono stati molto intensi e personalmente sono cambiate molte cose anche artisticamente parlando; mi sento ancora un artista esordiente, però la fatica e l’impegno che ci sono voluti in questo tempo, mi fanno sentire di aver fatto il mio lavoro, anche se non ancora come vorrei farlo; è qui la differenza: che un tempo a venticinque , ventisei anni uno poteva fare il lavoro come voleva farlo, perché c’era un impegno da parte della casa discografica a seguire l’artista, ora non è più così, devi fare un po’ tutto da te, il tempo è più diluito.
Sì però quello che tu chiami il tuo “esordio”, per molti potuto essere benissimo un punto d’arrivo; poi qui in Italia mi sembra funzioni che la musica italiana anche se di basso livello può passare tranquillamente nelle radio nazionali, ma la musica “straniera” fatta “bene” da un italiano, o da gruppi italiani è dura da far passare a livello tramite le major…
Il problema è che qui in Italia non c’è musica, per quanto mi riguarda io mi sento totalmente un’artista italiana, e non mi sento nemmeno di fare musica inglese; io sono italiana.
Le sonorità da cui prendi però non sono italiane, i testi sono in inglese, se uno ti ascolta non ti associa immediatamente alla canzone italiana.
È vero, prendo da tante altri fonti, però io sono italianissima, nel modo di pensare soprattutto, e questo non me lo potrà mai levare nessuno, io son cresciuta in Italia e quello che mi ha influenzato sono questi paesaggi, il modo di guardarli di viverli, l’architettura che c’è in Italia, io quando suono tutto questo lo sento. Voglio dire quello che vede un italiano è differente da quello che vede un inglese o un giapponese, l’Italia è anche un paese pieno di poesia in certi contesti, ci sono cose bellissime che ti rimangono dentro, è molto visionaria poi la musica che faccio.
Ecco, sì, a me infatti ascoltando alcuni tuo brani, mi saltano alla mente film di David Lynch o di Tarantino; i tuoi pezzi, in quel contesto potrebbero starci, o ancora sentendo la tua voce e la musica – non posso non pensare a quelle favole psichedeliche alla Lewis Carrol, però in ‘anni 60… è poi inevitabile quando si ascolta qualcosa di nuovo procedere per associazioni, pensare a chi puoi assomigliare di già noto, da quali autori sei stata suggestionata nella tua formazione; mi pare che a te dia un po’ fastidio quando ti associano troppo strettamente a qualcun altro, del resto è inevitabile no?
Questo è inevitabile, oggi si associa un po’ tutti a tutto perché così facendo sembra dare un valore aggiunto al prodotto; per me invece è il contrario,perché se un artista, un prodotto cammina con le sue gambe è molto meglio…l’influenza poi ci può essere consciamente o inconsciamente…
Tom Waits, gli Sparks, Bijork, , possono essere degli esempi che mi vengono in mente ascoltandoti, anche se ho visto che in altre interviste spesso salta fuori la tua associazione ai Dresden Dolls, dai quali ti guardi bene a dire “sì è vero”. Io ascoltandoli in effetti ci trovo delle analogie, tu dove trovi di essere molto divergenti da loro?
Intanto, degli autori che hai citato prima non è anche abbia ascoltato granché…di Bjork mi piacevano i primi lavori, poi è diventata troppo elettronica, il resto lo conosco ma non sono tra quelli che ho più ascoltato, e non sono neanche i miei ideali. I Dresden Dolls sono un fatto diverso, a me non piacciono per niente e rispetto a quello che faccio li trovo un po’ più semplici, dire che ci assomiglio mi sembra un po’ riduttivo, loro fanno cose diverse, in modo diverso.
Però ti hanno detto anche che potresti essere Jerry Lee Lewis in gonnella, non è un complimento da poco…
Ecco, questo mi fa molto più piacere, tra l’altro l’ho visto dal vivo. Lui sì che lo sento più affine, con quella spontaneità che avevano gli artisti egli anni ’50. Jerry Lee Lewis tra l’altro non era un pianista tecnico, ma era uno che suonava con l’anima…
Estemporaneità in primis, però in te la tecnica esiste, eccome…è un tuo notevole punto di forza; non sei una che va all’incirca, si capisce che gli strumenti li sai, e li puoi usare come meglio credi
Sì però la tecnica va saputa, imparata, usata, e poi messa nel cassetto. Dopo un po’ di tempo la riprendi e ne crei una tua di tecnica. E’ quella la cosa più bella. Per esempio io non suono in una maniera standard, come suonerebbe uno del conservatorio, pur facendolo ancora, per la musica classica anche la postura il corpo dovrebbe stare in un certo modo; il piano ad esempio io lo suono in piedi, e già un pianista che suona in piedi sarebbe sbagliato. Mi sento più attenta a stare in piedi e mi piace così.
Lilli Greco che è stato il primo produttore di Paolo Conte, dice che per fare della buona musica, delle buone canzoni fossero anche pop o altro, bisogna avere una buona conoscenza della musica classica; cosa che forse oggi, pure tra i gruppi ed i cantautori prodotti dalle major tende ad essere se non sfottuta spesso ignorata. Tu in base agli studi di conservatorio invece derivi proprio da una formazione di questo tipo. Quanto credi ti sia servita per arrivare artisticamente ad un livello superiore la conoscenza della musica classica?
La conoscenza della musica classica fino ad un certo punto, perché la musica classica se la fai da bambino più che con la testa è una cosa che ti entra dentro, diventa una cosa che fa parte di te. Ha chiaramente delle complessità diverse rispetto ad altri generi come il pop, il rock, la musica leggera, ma se fin da piccolo sei abituato ad ascoltare delle melodie così articolate - non direi complicate, perché non sono complicate, certe cose sono pure semplice, ma articolate, e consapevole - la tua visione della musica cambia; se ascolti alcune sonate di Mozart, Beethoven, ti arriva subito, ti crea più consapevolezza dal momento che ti metti a suonare con qualsiasi strumento.
Oggi però esiste questa dimensione nel tenere poco in considerazione la musica classica.
Sì, è vero, ma la colpa è anche dei genitori , la musica classica o la classica contemporanea può tranquillamente piacere anche ad un bambino. Io quando andavo ad ascoltare quelli più grandi di me che la suonavano rimanevo affascinata.
Dunque tu sei cresciuta in un contesto culturale tale che ti ha spinto anche ad approfondire un certo tipo di sensibilità?
Diciamo che per fortuna casa mia, mio padre ascoltava della buona musica, soprattutto rock’n roll classico anni ’50, musica anni ’60, cose belle, ma perché quello era il minino sindacale ai suoi tempi; lui è abbastanza anziano ha vissuto gli anni ’60 e ascoltava della buona musica, probabilmente senza nemmeno rendersene conto, però, poi ad esempio questo ti porta a riconoscere la buona musica dall’altra, magari non te lo sa spiegare tecnicamente, ma capisce la differenza di qualità da quella di non qualità, perché la musica dei suoi tempi era mediamente ad un livello molto alto.
Su questo si potrebbe aprire un dibattito; cos’è allora per te che contraddistingue la musica di qualità da quella di non qualità…
Il discorso è che in una certa epoca le cose venivano fatte meglio, in tutto, e questo non si può negare: c’erano musicisti molto più competenti, le produzioni erano molto più studiate, affrontate anche con spese economiche più ampie; oggi c’è di più ma peggio, perché tutti si possono comprare le schede audio a poco prezzo, ma poi bisogna vedere la qualità di quella scheda audio, vedere come ti produci. Un tempo le case discografiche erano disposte a pagare parecchio per un’artista…
I tempi sono cambiati certo, ma quindi credi che comunque la gente, anche quella che non è necessariamente tra gli addetti ai lavori, se ne accorga quando dietro un lavoro c’è un’intenzione forte, che non è “il ci provo”, ma il “ci credo e fino in fondo”. Questo arriva ancora alle persone?
Vista la mia esperienza ti dico di sì, anche se si dice sempre tutto il contrario, che ormai non c’è più niente da fare, che la musica di qualità non esiste più…ma per quanto riguarda il mio caso, sono stata fortunata, sento che è arrivato il messaggio che volevo dare. Io non è che ci credo, io sono quello che faccio, e non potrei non farlo, questo è arrivato: è arrivato che con mancanza di mezzi ho cercato di dare comunque il massimo.
Ora che il disco è in uscita come ti senti?
Sono stanchissima ! Devo andare assolutamente a casa a riposare qualche giorno, mi sento in quella situazione in cui hai finito qualcosa di importante, ma non sai ancora se è del tutto finito. E’ molto difficile finire un disco, anche doloroso capire quando dire basta. Io ho detto basta, non perché pensassi che il disco fosse finito o perché non avessi altro da dire, ma perché io fisicamente avevo dato talmente tanto che dovevo smettere, se no mi ammalavo. Facendo tutto da sola, e vivendolo in maniera totalizzante rischio a volte di esagerare, di non dormire, non mangiare…di pensare solo al disco. Poi c’è anche la tua vita e devi riuscire a gestire tutto l’insieme; forse è un disco anche troppo intenso ! Ho dovuto dire basta anche se non volevo, sennò era il disco che prendeva il sopravvento…
“A Due” sono dieci pezzi…
Sono dieci pezzi più uno, undici in totale, perché “Modern Lover” che è il quinto è il finale del pezzo precedente; io credo che si senta questa energia, in questo disco ci sono gli estremi di tutte le cose, dal divertimento totale al dolore percepibile.
A distanza di un po’ di tempo come li percepisci i tuoi lavori precedenti ?
Da una parte mi fanno tenerezza e dall’altra mi stupiscono…questa è una cosa bella. L’altro giorno ho riascoltato “Big Saloon” in macchina, ed era un po’ che non lo facevo, provavo un po’ di tenerezza per come facevo le cose, forse anche con una maggiore libertà mentale, dall’altra mi son stupita di fare quelle cose con quella spontaneità, ora forse farei fatica proprio perché ora so di andare davanti ad un pubblico, prima questo non lo sapevo…
Ecco quanto ti condiziona sapere di avere un pubblico, sapere che qualcuno ha delle aspettative su di te, che qualcuno ti ascolterà…
E’ sia bello che brutto: è stimolante, ti spinge a fare il massimo, ma poi quella spontaneità, l’inconsapevolezza che avevi all’inizio nel fare le cose non la ritrovi più secondo me, è una cosa che c’era in quel momento e non ci sarà mai più…e va bene così. E’ bello stupirsi di quello che hai già fatto, dire ok, son felice che sia uscito quel disco in quel momento perché se fossero usciti magari dei provini che facevo a diciannove anni mi sarei un po’ pentita; del mio primo album invece so che non mi pentirò mai, perché era arrivato il suo e il mio momento. Prima non mi sentivo ancora una persona completa come essere umano, ogni persona ogni giorno cambia, acquisisce qualcosa.
Il tuo percorso è stato molto variegato, da il primo periodo di musica classica al conservatorio poi verso i quindici anni decidi di darti alla musica dark, al punk, poi ritorni alla classica…tutti questi passaggi come li hai vissuti?
Diciamo che sono delle cose estreme, tu magari hai fatto la classica, poi fuori dall’ambiente vedi quelli che fanno altro, e ti vien da chiederti, ma come loro suonano più di me che faccio il conservatorio, che faccio musica classica, ma anch’io lo voglio! Suonare sui palchi divertirmi, fare la musica anche in questo modo. Mi piaceva moltissimo anche studiare, ma mi mancava l’animalità magari di prendere un basso in mano e fare un concerto punk… E’ stato fondamentale passare da Mozart, a trovarmi su un palco a suonare cose che appartengono ad altri paesi come l’Inghilterra, ecc ed è stato bellissimo, poi ho ripreso studiare. A me piacciono molte cose diverse, poi magari ritorno su altri passi.
Si sente molto il Blues in te…
Blues, jazz, Swing anche tantissimo. Dentro di me ci sono tantissime cose, e anziché sceglierne una decido di sceglierle tutte, questo è molto complicata, anche da reggere fisicamente ! Non è come dire sono la chitarrista di un gruppo rock metto la mia chitarra in un disco e poi vado a casa, qui ho la libertà totale su tutta una serie di cose, ed è molto pesante, perché io non sono una chitarrista e si sente, però la chitarra me la voglio fare io, anche se vien da pensare che uno con più tecnica la farebbe meglio, ma penso anche che uno con più tecnica comunque non la farebbe come emotivamente la farei io…preferisco una chitarra suonata così, così, ma che sia quella che voglio…
Tu sai suonare benissimo un sacco di strumenti differenti, ed è incredibile…ma lo strumento che senti più tuo qual è?
Il pianoforte, per ché è quello con cui sono nata, ma io mi sento davvero una percussionista batterista…il pianoforte è uno strumento a percussione! Io lo sento quasi più come uno strumento da percuotere, come se ci dovessi tirare fuori la ritmica. Nella musica c’è stata prima la ritmica, poi la melodia, la melodia deriva dalla ritmica. La ritmica è una cosa primitiva, innata, se ce l’hai chiaramente, poi il passo successivo è dare a quella ritmica una connotazione melodica.
Al di là della musica, le altre tue influenze artistiche quali sono state?
Io ero, sono un’amante del teatro, non tanto del teatro che si vede, ma del teatro che si legge, della letteratura teatrale, sono stata una grande amante del teatro dell’assurdo Beckett, Ionesco, ho passato due anni a leggere questi due autori, soprattutto Ionesco perché aveva un approccio più ironico, più divertente e più divertito, mi ci ritrovo in quell’autore, ci trovo una corrispondenza. Questo a vent’anni, poi facendo anche l’Accademia di Belle Arti ho conosciuto altri autori del visivo che mi hanno ispirato, tra i pittori direi William Turner, soprattutto quei quadri su Venezia, sono perfetti, con pochi elementi e luci eccezionali - ti mostra Venezia esattamente com’è, poi tra i registi mi piace molto Polanski, Lynch anche mi è sempre piaciuto molto, tarantino invece è molto intelligente, ma non è un regista per come la vedo io…
Il fatto che oggi tutti possono fare tutto, è oggi qualcosa di deleterio per la cultura no, si mette a fare delle cose anche chi non dovrebbe farle, perché non essendoci sforzo, tutti ci provano, la comodità è deleteria e penalizzante per l’arte in questo senso - ci si viene a trovare meritevoli o meno tutti dentro un grande calderone - un tempo se uno ci provava c’era uno sforzo reale dietro, e credo che lo sforzo debba essere un criterio meritocratico, te come la vedi?
Assolutamente, oggi magri apri una rivista e vedi un articolo su di te, e nella stessa pagina del web con qualcun’altro di qualcuno che non centra assolutamente nulla, o paragonata ad altri che dal mio punto di vista non fanno nemmeno musica...
Bisognerebbe vedere i fruitori elle riviste o del web come percepiscono queste associazioni, se distinguano le cose con un minimo di merito da quelle che son lì per altre circostanze non ben definite. Poi basta guardare S Remo adesso per rendersi conto della musica, è una canzone uguale all’altra, una è la malacopia dell’altra, si scopiazzano a bassi livelli…
Fossi io in giuria a S.Remo non farei passare quelle canzoni lì…
Però poi si entra nel paradosso: che se un autore non produce un certo tipo di “musica”, gli è poi praticamente impossibile incanalarsi nei grossi circuiti ella major…i produttori lo scartano…per cui un autore anche con delle buone intenzioni iniziali forse in questo viene deviato nell’intenzione, ti producono se vai già sulla scia, sul terreno battuto di qualche nome già ben noto al pubblico…
E’ un problema anche degli addetti ai lavori senz’altro, perché sembra che non ci sia più possibilità di sviluppo, c’è quest’idea che sia già stato fatto tutto, che sia già stato detto tutto…
In un punto di non ritorno.
Ma i punti di non ritorno li fanno le persone. Poi forse ci si sente così, anche perché ci sono dei grandi talmente grandi, che è praticamente inutile tentare di assomigliarci, o pensi che sia inutile tentare di superarli…invece non è così, perché ogni essere umano è un’entità diversa da un’altra, astratta con tante sfaccettature, quindi secondo me si può fare ancora tanto in molti ambiti.
Però è anche vero che si tende che gli autori stessi anche se non lo ammettono facilmente tendono a voler essere il nuovo Bowie il nuovo Lennon; cito nomi importanti, ma anche con nomi naturalmente molto più alla mano…
Beh credo che se uno fa questo tentativo sia assolutamente sulla strada sbagliata come artista, è una speranza persa, meglio tentare di essere qualcos’altro, come John Lennon c’è solo John Lennon, e via dicendo, tanto vale provare ad essere se stessi no? Io non vorrei essere come nessuno, vorrei essere come me, migliorandomi. Quello sì.
Te vieni come categoria discografica vieni classificata sotto Indie - che ormai significa tutto e niente, poi non credi ci sia un abuso del termine outsider ?
Io mi sento outsider anche nell’indie! Ma non perché io sia superiore o inferiore. Sono, siamo nell’indie perché siamo etichette indipendenti, le major non si interessano a noi, ma l’indie non è un genere, è l’uscire con un’etichetta indipendente. Punto.
Ma capita una major ben venga no?
Sì, ma mi sa che è abbastanza improbabile, le major pensano ad altre cose…
Hai un pubblico specifico che ti segue, o è abbastanza variegato…
Varietà, ci sono gli anziani e i giovanissimi, io gli anziani li adoro, quelli di 80 anni che ti vengono a fare i complimenti o i piccolissimi, poi naturalmente c’è tutto quello che ci sta in mezzo che è bello.
Ecco te come ti trova ai live, trovo molto potenza nel tuo modo di porti nel palco
I live sono faticosi, ma è altrettanto bello fare i live, è talmente una cosa sincera, una cosa del tutto naturale, non penso a come farli, mi metto lì e li faccio, sto bene e credo che arrivi per questo non mi chiedo mai come deve essere un live…per me stare su un palco e suonare la mia musica è la cosa più bella che mi sia mai capitata nella vita, e ogni volta che lo faccio per me è così… è una cosa che mi spetta di diritto
Credi che se fossi rimasta nel contesto in cui sei nata avresti, non avessi girato l’Italia saresti riuscita a fare ugualmente quello che hai fatto? Ti è servito venire via da Macerata…
Credo che non avrei fatto le stesse cose, non perché non sarei stata in grado di farle , ma perché per fare certe cose bisogna essere al posto giusto nel momento giusto, incontrare le persone che ti incentivino a farle, è molto difficile conoscer gente nuova nelle città più piccole, quindi mi sarei forse trovata in una condizione di noia , e annoiandomi forse non avrei fatto niente.
Essendo una ragazza e bella, hai trovato un discrimine dal punto di visto artistico? Si tende ad un preconcetto sulle donne da un punto di vista artistico, vero dire, “sì, brava, ma si sente che è una donna”, oppure, c’è questa idea che alle donne non possa piacere davvero del jazz o del blues - personalmente hai sentito questo peso?
L’altra sera ho visto una sassofonista a Ferrara eccezionale che è molto meglio di tanti altri sassofonisti ; nei miei riguardi da un punto di vista del giudizio tecnico non direi di aver sentito questo peso, me lo auguro poi, perché sarebbe ridicolo oggi; dal punto si vista pratico invece ci son state delle occasioni in cui mi chiedevo se questo condizionasse la credibilità del lavoro; ma lotterò per questo!
Poi c’è sempre il la questione estetica nella donna, è inevitabile. Nel primo disco ho deciso di non mettere mie foto per questo fatto, proprio perché davo talmente importanza al disco, che mi sarebbe sembrato di troppo mostrarmi, mi sarebbe quasi piaciuto non esistere; come immagine dico, invece ora è diverso, con la maturità la vedo in maniera differente, la musica è la mia e quindi perché non mostrami?
Quando uno fa musica o scrive, o fa lavori legati all’ambito artistico - spesso da fuori la gente fa fatica a concepire che questo può essere un lavoro a tutti gli effetti, e ti chiedono cosa fai di altro…
Sì, ma no solo la gente da fuori, anche quelli che fanno questo mestiere, quelli che suonano e magari lo fanno in maniera differente da te. Io mi son resa conto che a volte non riuscivo a comunicare la mia fatica nemmeno alle persone che suonavano con me, per non appesantirle, ma poi mi dispiaceva se non veniva percepito l’aspetto totalizzante che vivevo in queste cose…che ti esclude anche di avere una vita normale, è una specie di voto che fai a qualcosa che ritieni importante
Forse come dici te oggi in Italia c’è poca musica, però ci sarà pur qualcuno che apprezzi nel contesto italiano?
Sicuramente sì, cito e citerò sempre i Jennifer Gentle, uno dei migliori gruppi italiani che suonano in maniera strepitosa, al pari dei grandi gruppi rock della storia a mio parere…Marco Fasolo è uno dei pochi musicisti veri che mi è capitato di incontrare, le canzoni son bellissime - fanno ottima musica inglese in Italia; poi ci sono anche artisti italiani che fanno musica in italiano molto bravi, Morgan per me ne è un esempio…
Di altri tempi…
Tantissimi, ad esempio anche i dischi di Piero Ciampi ne sono un ottimo esempio, anche se personalmente lo posso ascoltare con parsimonia, perché mi dà troppo e poi mi condiziona la giornata, anche con sentimenti negativi…
Immagino saranno tantissimi, ma se dovessi dire grazie a qualcuno in ambito musicale, a gruppi o musicisti che credi ti siano serviti a diventare quello che sei, quelli che ti hanno dato di più, chi nomineresti?
Parlando di gruppi rock sono tradizionalista e dico i Beatles, nei Beatles trovo tutto proprio, tutto quello che serve nei Beatles c’è. Sono bravissimi…A volte penso basterebbe ascoltare tanto i Beatles…
Non sono mai inflazionati…
Sì, non vanno mai in sconto nei negozi, ci sarà un motivo…
Ecco un tempo usciva un album dei Beatles ad esempio, o Rolling Stones, Bon Dylan, per dire e loro di un album intero non sbagliavano un pezzo su venti, ora esce un cd e c’è un pezzo decente, tutto il resto è contorno…se c’è, e pure il pezzo di punta se dura, dura una qualche mezza stagione…
C’è gente che fa il disco con un pezzo, magari il pezzo del video, è una cosa molto frequente: magari spendono molto tempo per un pezzo e gli altri li fanno in pochi giorni, per me è una filosofia orrenda. Un disco dovrebbe essere n percorso, dovrebbe avere una certa coerenza, descrivere qualcosa, non si dovrebbe vedere diviso da pezzo a pezzo…
Del resto se vanno i “Best Of”, è indicativo di qualcosa ahimè…questo fa capire molto di buona parte dei fruitori, ma dall’altro lato c’è anche da parte di alcune persone - come dicevamo - una necessità di ascoltare buona musica – nel pezzo “Young Americans” Dawid Bowie dice ad un certo punto “datemi una canzone che mi faccia crollare a piangere” -“Ain't there one damn song that can make me break down and cry?”
Perché credo che ci sia bisogno anche di trovare i riferimenti giusti per il pianto, per l’emozione, così a volte non trovando la vera buona musica, la gente si attacca a degli autori che ci provano, ma non sono poi dei veri buoni autori, voglio dire c’è una fame così grande di buona musica, che non essendoci più, la gente che ne ha bisogno scambia quella mediocre per stupenda e giù con i cold play ad esempio…gruppi o musicisti che sono una sottospecie delle buone cose, che illudono al vero, buono o cattivo che debba essere…
E’ molto vera questa cosa, c’è bisogno anche del pianto. Il pianto è qualcosa che non ha necessariamente a che fare con la tristezza, ma è una cosa che scaturisce nel momento in cui qualcosa ti va a toccare delle corde che hai tu dentro…non serve il pezzo triste per piangere, da artista è necessario intuirlo, perché per dare agli altri a tua volta, hai bisogno di emozioni e di sentire da dove ti arrivano…
Oggi c’è molta poca volontà di andare a fondo…
Tutto quello che è molto faticoso viene escluso a priori, perché andare a fondo vuol dire fare fatica e implica molta sofferenza in qualsiasi cosa…
Forse però è anche il contesto sociale e culturale di oggi che ti impedisce nella quotidianità - di andare veramente a fondo o no?
Ma perché farlo? Tanto mangi e dormi lo stesso…Fra scegliere lo sforzo mostruoso e la vita comoda, si sceglie la vita comoda…
Comoda, ma svantaggiosa dal punto di vista interiore…
Assolutamente; ma non è che negli anni ’60, ’70 la gente fosse più intelligente perché erano esseri superiori; erano più intelligenti perché serviva più impegno, serviva fare il passo successivo, e quindi facevano lo sforzo di fare il passo successivo, come esseri umani, come musicisti, come in qualsiasi altro ambito, adesso ci troviamo in una situazione ad essere più o meno imbambolati…
Credo sia importante anche riuscire a rimanere un po’ puri…
Ci si riesce?
Ci si riesce con il rischio di avere una vita sociale più difficile, rimanere un po’ puri può voler dire anche non essere considerati simpatici, o accomodanti; non avere gli stessi criteri di divertimento della maggior parte della gente, perché nella tua testa c’è una tua verità. Rinunci a quelle cose che ritieni superficiali, ma che in genere danno un benessere momentaneo, perché credi in un benessere totale per quando andrai sul palco…c’è una rinuncia.
Tu come la vivi?
Mi rendo conto che non ne posso far a meno quindi la accetto, per fare questo mestiere, bisogna chiudere tanto, i ponti, le finestre con un certo tipo di realtà che ti gira attorno, e rendersi un po’ straniero; se fai una cosa con tutto il tuo impegno, non lo trovi il tempo per fare molto altro…ti privi anche di cose che possono dare del benessere, come la serata con gli amici, cose semplici, il fatto di poter avere la testa non sempre impegnata...
No si stacca mai…
No, no si stacca mai, guarda la risposta migliore che mi è stata data da una persona in un momento di crisi, alla mia domanda - “sto facendo la cosa giusta?” – è stata “hai altre possibilità, alternative? Puoi fare qualcos’altro?” – Io c’ho pensato, e in effetti la risposta è “No, hai ragione” – non potrei fare altro, anche se sto male delle volte, poi ci sono momenti tanto brutti quanto belli, son sempre gli estremi delle cose, picchi di soddisfazione e merda totale, non c’è mai quella via di mezzo nella quale galleggi…
E tu, che tipo di aspettative hai verso te stessa, come ti figuri i prossimi lavori?
Mi rendo conto che nella mia vita le cose stanno migliorando, nel senso che ora, a differenza di anni fa ho la possibilità di lavorare sempre con gente più professionale: se prima dovevo fare dieci prove con certe persone, ora mi basta farne una, così mi auguro che già da questo disco “A Due”, avrò un minimo di tranquillità in più, che no ci sia tutto quello come sforzo di andare in giro con la macchina ad ore ed ore di distanza da una parte all’altra. Insomma, la mia pretesa sarebbe di avere una vita leggermente più agiata, leggermente poi dico, per avere un po’ di più serenità… Per quanto riguarda gli strumenti in “Big saloon” mi è piaciuto suonare molta più batteria, molte più percussioni, molta più chitarra, in questo “A due” c’è molto più pianoforte, chissà magari il prossimo sarà fatto con flauto e violino…
Tu come procedi nel lavoro, come componi, testi e musica, cosa viene prima…
Sempre prima la musica, come ti dicevo, prima la ritmica, poi la melodia, poi i testi..
E a livello proprio di composizione tecnica?
E’ stranissima questa cosa, quasi difficile da spiegare, è un evento un po’ soprannaturale…Quando mi chiedono “quando fai un pezzo come fai a farlo, da cosa parti”- “ti ricordi come, quando è nato quel pezzo” – in realtà, io non mi metto a fare un pezzo, non c’è un momento in cui mi dico, va bene, adesso mi metto a fare un pezzo, al massimo mi siedo e dico ora suono e vedo se mi viene qualche idea, ma i pezzi mi vengono da soli, varie volte ho sentito una spinta fortissima di andare lì e far uscire quella cosa, senza nemmeno girarci intorno, mi mettevo sul piano, e il pezzo era quello…io m metto a completa disposizione della musica, e mi sento completamente trascinata.
Non hai paura nel pensare, chissà se avrò ancora una pulsione così forte a creare, a fare a comporre…
Sicuramente ogni tanto ci penso, magari non i verrà quello che mi è già venuto, ma mi verrò qualcosa s’altro…ma non ho paura, mi emoziona invece a pensare dove andrò a parare nel prossimo disco, nel dire chissà cosa uscirà, perché per me la spinta è una cosa naturale, e non finisci mai, mi sembra inesauribile …
Qualcosa che vorresti dire assolutamente…
Tenderei a sottolineare che per me suonare non è una passione, ma una necessità, per questo ho intitolato il nuovo disco così…”A Due”, che ha una marea di significati - in inglese, “A Due” sta a significare il fatto ella cosa dovuta, della necessità, in italiano è pure l’iniziale del mio nome, che in due si fanno meglio le cose, anche se nella mia vita spesso mi son trovata da sola, a volte avrei bisogno quasi di un doppio…
Un doppio te stesso o un altro?
Beh se ci fosse un doppio me stesso riuscirei a coordinare meglio le cose, però se ci fosse anche un altro sarebbe bello, perché come ti dicevo gli altri mi hanno sempre dato tanto, è una vita di estremi, per me è così anche nei rapporti, ci sono persone a cui devo tantissimo e altre che non vorrei affatto vedere, questo dualismo me lo porto dietro…
Anche se son cambiata molto in questi anni, ho un carattere focoso, che scatto, prima poteva capitare che rispondevo male ai giornalisti se facevano delle insinuazioni, ora ho imparato ad autogestirmi di più, perché una personalità come la mia se non viene un attimo pacata potrebbe tirarsi contro anche le cose belle che costruisce, non sono brava ad esaltare la mia persona, sento che a volte potrei distruggere anche quello che di bello faccio…
Ora c’è l’intenzione di fare un video di un pezzo dell’ultimo album..
Che tipo di video?
Un video artistico, perché a me questi video modaioli non mi interessano. Dico mtv per far capire la tipologia dell’indie-rock che non mi interessa, la ritengo una cosa già vecchia. Invece mi interesserebbe fare un video con un buon regista, con una persona che sentendo un mio pezzo sia ispirata a raccontarlo mettendolo in immagini, tramite la sua di sensibilità artistica.
C’è qualcuno con cui vorresti veramente collaborare?
Adesso mi ha fatto le foto del nuovo disco Graziano Staino, mi son trovata bene e quindi spero che i video lo faccia lui…
E nella musica con chi ti piacerebbe…
… Bria Eno, David Byrne
E di nomi femminile chi diresti
La bassista dei Talking Heads, ci sono donne bravissime, uno dei concerti più belli che ho visto è stato tenuto da Diamanda Galas… sarebbe un obiettivo arrivare a quei livelli…
Un po’ destabilizzante lei per me almeno; tu dici arrivar a quei livelli non come genere, ma come potenza?
Non come genere, ma come sincerità intellettuale che ha…come live lei mi ha lasciato tantissimo, ed è raro che i live lascino molto, di solito son più i dischi, lei è stata il contrario, non l’ascoltavo perché come dici tu mi metteva l’ansia, e invece dal vivo è stata di una grandezza mostruosa, ha un modo di suonare il piano incredibile…arrivare ai suoi livelli, pianistici sarebbe importante per me…
Della musica pop cosa ne pensi?
Dipende, per certi verso salvo più quella che altra musica alternativa che si spaccia per tale; per esempio, trovo dei grandissimi produttori, cosa che nel rock non c’è in maniera così raffinata, per dirti Missy Elliot è un mito, lei è una produttrice da paura, dal vivo ha una carica mostruosa, forse quella è la new wave di adesso, c’è una concentrazione di talenti in produzioni, in arrangiamenti, son più bravi a togliere che a mettere, quindi son bravissimi a fare queste canzoni che sì sono commerciali, ma allo tesso tempo sono complesse perché hanno pochissimi elementi…certo c’è il soldo che potenzia tutto, ma non sono buttati: per una cosa commerciale viene fatto un prodotto di qualità…
Forse una piaga un di oggi: che per esistere come autori bisogna esserci, o imporsi anche come personaggi, cioè pubblicamente c’è la necessità mediatica di esserci prima come fenomeno, che come artista, questo lo trovo tremendo. Un’opera: un disco, un libro, dovrebbe valere o meno a prescindere da chi lo crea, oggi si giudica troppo spesso attraverso il personaggio, non attraverso la creazione…pensiamo ai nomi commerciali italiani, voglio dire in radio passano che ne so… Meneguzzi, toglie spazio a qualcosa che potrebbe essere più salutare, tornando al discorso di prima, la musica commerciale italiana di un tempo era comunque di qualità superiore rispetto a quella che ti trovi in giro per le radio ora…
Certo, basta pensare anche solo a Mina, quello che faceva la RAI, com’era S.Remo allora…
Ci vorrà sempre più forza individualmente per poter essere autentici…
Io credo che nel mondo si starebbe meglio se tutti facessero realmente quello per cui sono nati, solo che capirlo è difficilissimo, perché hai talmente tanti input, luci, lucette, lucine, che pensi “ah ma allora io sono questo, no, sono quest’altro, ma potrei essere anche questo! Ma potrei essere anche qualcosa altro che ancora no so…”
Ma in questa giungla secondo te, qual è il mezzo più semplice per capire cosa essere allora…
Magari fermarsi un attimo e pensare che siamo esseri umani, che siamo in un mondo, che non contano solo i soldi. In maniera semplice credo che il problema sia sempre quello, la rincorsa del nulla, il prodotto uguale, la globalizzazione, lo so che sono i soliti discorsi che fanno tutti, ma l’essere umano non è solo “quello che si venderà domani”
Ma i produttori, egli editori stessi ti mettono gli autori stessi in una condizione di non verità verso te stesso, oggi è importante che un nome esordiente giri, e al di là della qualità bisogna esistere materialmente, con una produzione più o meno costante così la gente “non si dimentica” – ma in questi lavori uno non credo si sempre pronto spiritualmente parlando, se a te dicessero entro sei mesi devi fare il nuovo album come la prenderesti?
La prenderei come una sfida, lo farei in due giorni ma lo farei…
Andresti all’estero per lavoro?
Per lavoro sì, per il mio lavoro farei qualsiasi cosa; certo se fosse necessario; ma se mi dicessero preferisci una casa in campagna in toscana o una casa in centro a Londra, non avrei dubbi, andrei nella casa in campagna in toscana.
La tua visione del mondo?
Ho un contatto con la natura pazzesco, io non sono per nulla underground o cittadina, per nulla, difatti nel disco le foto mi piacciono perché sono fatte all’aperto, per me la vista conta tantissimo, se davanti a te hai un palazzo grigio, farai delle cose che assomigliano al palazzo grigio un po’…io credo che sia fondamentale che uno cresca in un ambiente adatto a quello che fa.
Se tu vedi casa mia a Macerata, vedi la mia musica…io ho questa casa che è una casa un po’ liberty dei primi del ‘900 che aveva fatto costruire mio nonno, è tanto divertente casa mia, sembra un cartone animato, all’inizio era un po’ fantasmosa, ora è stata ristrutturata è diversa…i posti condizionano tantissimo. In cinque anni di accademia l’unica cosa intelligente che mi son sentita dir è stata “ma voi come potete fare arte qui dentro, che le parete son tutte scrostate?” - In effetti è demoralizzante, per un ragazzo di diciott’anni vedere solo quello, si ha la necessità di vedere cose belle… io ho bisogno di aver un po’ di verde attorno se no muoio, se dovessi vivere in una metropoli non ce la potei fare, è questa la mia italianità….
Gisela Scerman