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IN LIBRERIA

23 ottobre 2008

27 ottobre Piero Ciampi il film a Livormo


Mi sembra perlomeno doveroso dire che lunedì 27 ottobre alle 21.00 presso il cinema Mori di Livorno ci sarà la proiezione del film su Piero Ciampi Adius. Mi spiace probabilmente no potrò esserci ancora non ne ho la certezza però sarà fatica purtroppo è un lunedì - comunque con il cuore sarò lì. Ultimamente mi arrivano diverse mail di appassionati Ciampiani e questo a crescere nell'ultimo anno, io credo che il film il fatto che se na parli, ecco faccia bene...grazie ancora ad Ezio Alovisi che ripeto è stato tra i pochi inizialmente ad aiutarmi veramente per la realizzazione del libro. Ed ora ne devono uscire diversi uno esclusivamente sulla discografia, e una ristampa di quello che fu tutta l'Opera di Enrico de Angelis - io lo spero presto.

Poi pensavo anche a Ezio Vendrame, quanto ha dato anche lui per Piero - no so se ve lo ricordate al festival di S.Remo quando ha praticamente alla domanda di Bonolis chi erano i suoi preferiti - ha avuto il coraggio di dire che sono Piero Ciampi e Leo Ferrè avevano scalato le vette del suo cuore e in diretta ha dato del leccaculo a Gigi D'Alessio, la cosa incredibile è che con "il rumore" che ha fitto quella vicenda non si trovi l'episodio che era IN DIRETTA sparata, su You tube (probabilmente lo bannano). Ma trovo varie discussioni sulla rete tra chi lo ritiene un grande e chi un disturbato mentale.
Chissà perché c'è una così forte ostinazione a rifiutare la verità su tutta quella mafietta che c'è dietro a come ha detto bene Ezio "ma chi è quello lì che canta in napoletno?".

Posto in ricordo di Piero che Ezio Vendrame cita sempre e per rispetto di Piero e Vendrame questa intervista a cura di Cinzia Marongiu intervista del 4/3/2005

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Che cosa ci faccio io qui? È la domanda che sembra aver stampata in fronte. Lui è Ezio vendrame, ex calciatore ribelle, scrittore di successo, anarchico da sempre e ora “opinionista solo per amore di Paolo Bonolis”

di Cinzia Marongiu


Più i fischi salivano dalle file del teatro Ariston, più lui sorrideva felice. “Un trionfo. E’ stato un vero trionfo”, commenta a colazione, seduto tra i tavolini dell’hotel. “Se mi avessero applaudito, sarebbe stata una tragedia. Non voglio l’approvazione del pubblico di Sanremo”. Eccolo Ezio Vendrame, la mina vagante di questo Festival. L’ex calciatore che si rifiutava di fare gol se il portiere era a terra “perché è troppo facile e non c’è gusto”. Il poeta spettinato e barbuto che si commuove solo a nominare Piero Ciampi, “l’amico di una vita ma anche il compagno di tante bevute e di tante notti passate a parlare con le stelle”. L’anarchico che non è mai andato a votare “perché l’unico politico che riconosco è Gandhi, uno che indossava un vestito senza tasche. Diceva che per rappresentare gli umili bisogna vivere come loro e non arricchirsi alle loro spalle”. Ma anche lo scrittore di successo autore di libri come “Se mi mandi in tribuna, godo”, “Vietato alla gente perbene” e “Una vita fuori gioco”, pubblicato lo scorso novembre dalla Rizzoli e già in ristampa. Ezio Vendrame, il ribelle, l’uomo-contro per definizione, anzi l’uomo al di là di ogni definizione, e da ultimo, l’opinionista che mentre sta seduto sul palco del Festival sembra aver stampata in fronte una sola domanda: “Che ci faccio io qui?”. Che poi, forse è la stessa domanda che si sono posti da casa tanti telespettatori. “Ma che ci fa questo qui?”. E che “Sorrisi” immediatamente rigira a lui.
Ezio Vendrame, cosa c’entra lei con il Festival di Sanremo?
“Niente e non so neanche se resisterò fino alla fine”.
E perché è venuto allora?
“Per due motivi. Il primo è Paolo Bonolis, il secondo i soldi”.
Può spiegarsi meglio?
“L’anno scorso Bonolis mi ha invitato a “Domenica in”. Il giorno prima, alle prove, un autore mi porge un foglio con le domande. Era la solita schifezza. Non ci ho visto più e ho deciso di andarmene. Paolo, però, ha preso il foglio e l’ha strappato. Mi ha trattato con una delicatezza infinita. Ha avuto rispetto della mia anima. E io a quel punto per lui avrei fatto qualsiasi cosa. Buttarmi nel fuoco, andare all’inferno, dargli un rene o un figlio o il mio sangue. Tutto. Perfino venire a Sanremo”.
E i soldi?
“I soldi li voglio, ma non per me. A me non me n’è mai fregato niente. Sono a posto quando ho il necessario. Ma il massimo è dare qualcosa alle persone che ami. E poi perché i soldi li devo lasciare agli altri? Sono venuto a beccarli anch’io”.
Dica la verità. Si è pentito dell’intervento contro Gigi D’Alessio?
“Non vedo perché. Ho detto quello che penso e quello che ho visto e sentito”.
Manco a farlo apposta due signori si avvicinano al tavolo. “Complimenti per il suo intervento. Finalmente qualcuno che parla con il cuore”. Ma lo sa che D’Alessio è il superfavorito del Festival? Vende tantissimo, non ha bisogno di ingraziarsi nessuno…
“Allora, a maggior ragione, il suo comportamento non mi piace. I grandi non hanno bisogno di nessuna gruccia. Stanno in piedi da soli. E le leccate di culo è meglio farle lontano dalle telecamere”.
Come si trova qui a Sanremo?
“E come vuole che mi trovi? E’ un baraccone di follia dove sono salito anch’io. La gente da casa non vede tutto quello che c’è intorno. Io mi vergogno quando, dentro l’Ariston, ti danno ‘sto pass. Non lo puoi neanche infilare in tasca. Te lo devi mettere addosso, come un collare. Ma io i collari non me li sono mai fatti mettere da nessuno. E poi è pieno di gente che crede di essere qualcuno e pur di crederci non ha pietà nemmeno per se stesso. Tutti con il pass, quasi a volersi identificare in questo trionfo del nulla”.
Per caso si è pentito di esserci venuto?
“No. Più che altro sono preoccupato per Bonolis perché so che lui mi ha chiamato qui con tanto amore. Ma che opinionista del cavolo sono? Io non sono un opinionista. Di sicuro non bistratterò nessuno. Ho rispetto di tutti, ma non parlerò di queste canzoni. Cosa me ne frega a me? Io sono una scheggia vagante. L’unico di cui posso parlare è Piero Ciampi”.
Perché questo grande amore per Ciampi?
“Perché ho avuto il privilegio di essergli amico. Non mi perdonerò mai di aver litigato con lui l’ultima volta che l’ho visto prima della sua morte. Lui non aveva litigato con me. Lui non litigava con nessuno. Io, invece, non avevo ancora percepito cosa significhi amare”
Ma com’era Ciampi?
“Piero non si può raccontare, si poteva soltanto vivere. Con lui stavi bene fino a una certa ora. Poi cominciava a bere, a fumare una Gitanes dietro l’altra e a torturarsi. Era un vero Cristo, un vero poeta. E i veri poeti secondo me non hanno bisogno di scrivere versi. Sono quelli che vivono da poeti. I fuoriclasse del coraggio”.
Come lei?
“No, io so solo che appartengo alla categoria umana. Ma in realtà sono un disadattato. Non c’entro niente con questo mondo. E neanche con gli altri. Non ho mai bleffato in vita mia”.
Mi racconta qualche episodio legato alla sua carriera di calciatore?
“Non sono mai stato un calciatore. I calciatori hanno soltanto due gambe. Io ne ho sempre avute molte di più. Giocavo a calcio per divertirmi. Non per vincere”.
E’ vero che non ha fatto gol, nonostante fosse praticamente a porta vuota?
“Certo. Giocavo nel Siena. La partita era Siena-Spal. Avevo fatto un’azione incredibile, scartando almeno cinque avversari. Avevo dribblato anche il portiere ed ero pronto a calciare in rete. Solo che mi sembrava una vigliaccata. Volevo dargli almeno un’altra possibilità. Così sono tornato indietro e due terzini mi hanno tolto la palla. Niente gol. I tifosi del Siena mi avrebbero amazzato. Quella sera sono rimasto barriccato dentro gli spogliatoi fino alle nove di sera”.
E il momento più bello della sua carriera calcistica?
“Quando ho smesso. Ho sempre voluto tenere il telecomando della mia vita. Un privilegio che ai calciatori non viene consentito”.
E ora come passa la sua vita? Si è sposato?
“No, ho avuto tantissime donne, ma non ho mai incontrato la compagna della mia vita. Meglio per l’eventuale “lei”, perché non è facile starmi vicino. Sono un’anima inquieta, sempre all’inferno. Per il resto, vivo a Casarsa delle Delizie, tra Pordenone e Udine. E’ un piccolo paese, dove l’unica persona viva è Pierpaolo Pasolini, che è nato lì. Vivo in un monolocale, un loculo praticamente. Ci sto dentro a malapena e passo il mio tempo a scrivere”.
Sempre?
“Sì, a mano. Odio computer e tecnologia. E’ così bello scrivere. E se di una poesia devo farne due copie, non faccio la fotocopia, ma la riscrivo a mano. La poesia e i libri mi hanno salvato dalla voglia di togliermi di mezzo”.
E ora? Sta scrivendo qualche libro?
“A settembre ne uscirà uno di racconti, “Le lacrime delle cose”. E poi pubblicherò l’ultimo. Un capolavoro assoluto perché non l’ho scritto io ma la mia anima. Si intitola “Eroe di carta” e sarà l’ultimo perché poi dopo quello non avrebbe più senso scrivere altro”.
Sicuro?
“Certo e se non sarà così, la autorizzo a venirmi a cercare e a sputarmi in faccia. E lo scriva, per favor

1 commento:

Anonimo ha detto...

Grande Ezio (Vendrame e anche Alovisi), io non ci sarò a Livorno lunedì (ci va anche Rossella) ma spero di riuscire a fare un salto a novembre per il Premio Ciampi, stasera intanto vado a vedere il film documentario "La morte mi fa ridere, la vita no" del 2005 che fanno per il Roma Film Festival e che ancora mi manca, a presto !! ;-))