E’ vietata la riproduzione, parziale o totale, in qualsiasi forma e secondo ogni modalità, dei contenuti di questo blog, senza l’autorizzazione preventiva dell’autore.
Tutte le interviste, gli articoli, e le pubblicazioni artistiche realizzate da Gisela Scerman sono protette dal diritto esclusivo d’autore, e il loro utilizzo è consentito solo citando la fonte e l'autore e/o chiedendo il permesso preventivo dello stesso.

Creative Commons License



News e appuntamenti


x




IN LIBRERIA

10 novembre 2007

Intervista ad Ermanno Cavazzoni

“Storia naturale dei giganti” – il tuo ultimo libro, una narrazione epica -ironica grottesca e dettagliate della vita usanze e dimensioni di queste creature, che hai ricostruito fondamentalmente attraverso i poemi epici - cavallereschi – da Pulci, Boiardo e molti altri meno conosciuti in poi. Come ti è venuta in mente questa bizzarra idea, e come sei andato avanti nel fare questo romanzo? 
 
Beh i poemi cavallereschi del rinascimento italiano sono tantissimi anni che li leggo; ho incominciato con l’Ariosto che è il più famoso, e ne sono stato talmente entusiasta che ho continuato a leggere molti degli altri poemi che l’hanno accompagnato; era un genere molto letto allora, e ne scrivevano in continuazione; allora se uno pensava a scrivere gli veniva fuori un poema, e doveva essere una bellissima cosa imbarcarsi in queste avventure fuori da ogni tempo e da ogni plausibilità, un po’ come la fantascienza oggi, solo che c’era di mezzo la scrittura in versi, che è un grande aiuto, come andare in carrozza sulle parole, in modo che ti portino loro.



-Il protagonista, lo studioso che ricostruisce la vita e le usanze dei giganti, si sofferma anche sulle attrattive sessuali di questi; sono esseri impacciati e ignoranti riguardo le pratiche di riproduzione, rapiscono anche belle ragazze, ma poi le tengono lì senza sapersene cosa fare, e con le stesse gigantesse dall'aspetto orripilante, non è che l'istinto abbia la meglio...ma non hanno il senso del bello o del brutto, o proprio manca l'istinto edonistico e riproduttivo ai giganti?

Beh, i giganti sono grandi esseri con degli uccelli minuscoli, degli uccellini da ridere, che a volte si perdono nelle pieghe della pancia o spariscono in mezzo al pelame riccio; anche lo stesso gigante faceva fatica a trovarlo il suo povero uccello, lo cercava a volte con le dite, perché sospettava che in presenza di una bella ragazza occorresse tirarlo fuori, ma il più delle volte cercava invano, per questo preferiva le verginelle, che non avevano mai visto l’arnese della procreazione, e quindi erano intimorite mentre il gigante si perlustrava la zona inguinale, tirando bestemmie, maledizioni, dicendo che al giorno d’oggi non si trova più niente. Con le gigantesse io credo che il rapporto sessuale fosse per contatto esterno, come fanno i galli con le galline, dove non c’è penetrazione, a quanto mi risulta, ma solo uno sfioramento delle cloache e l’emissione di un’impercettibile goccia. Per ciò le gigantesse dovevano avere rapporti multipli e reiterati, come la gallina, a quanto mi risulta.

-Lo sapevi che esistono nella realtà gli amanti delle gigantesse? Uomini che si immaginano minuscoli e amano l'idea di essere presi da donne immense dalle vagine giganti, o schiacciate da piedi enormi?

-Sì, capisco, credo che l’idea erotizzante sia di entrarci con tutta la testa e poi con il corpo, e poi tutti interi nella vagina, essere risucchiati su, in mezzo ai liquidi umettanti che sgorgano come ruscelli, e l’uomo ci nuota dentro e annaspa, e la sua piccolezza è tale che fa ridere, e fa ancora più ridere se si pensa quale sia allora la piccolezza estrema del suo membro eretto e insignificante, e inutile, dev’essere come per certi insetti dove il maschio è un affarino minuscolo mentre la femmina è corpulenta e pesante e sopporta l’apporto di centinaia di maschi. Io credo che questa attrazione derivi dal nostro arcaico cervello di ex insetti quali noi siamo.


-L'ignoranza dei giganti, fa si che il loro sfoggio, sia la forza e nella loro noia capita che si annoiano meno a tirare oggetti – ad un certo punto scrivi che
...a volte si insediano su un monte dove sotto ci sia un'abbazia e si mettono subito a tirar per aria dei sassi, di quattro, cinque chili o anche più, in modo che prevalentemente cadano sull'abbazia. Non stanno a guardare su chi in specifico cadano, se cadono su un frate o su un monaco assorto in una preghiera. Questo fa parte del caso; come fosse una precipitazione meteorologica, di cui loro sono gli agenti. In un certo senso il loro non è un atto contro le istituzioni e la fede cristiana; potrebbero assaltar l'abbazia, distruggere i muri e entrare e far man bassa; invece non si avvicinano. Preferiscono lanciare il sasso a distanza e starlo a guardare mentre scende a parabola; uno ogni mezz'ora, certi giorni nessuno, come se il fenomeno fosse cessato e ritornato il sereno; (---)
I monaci naturalmente protestano, nessuno riesci più a pregare in pace, perché magari proprio mentre uno è assorto, gli arriva un sasso sulla spina dorsale, o un sasso sulle mani congiunte, o sopra un calcagno, o sulla testa, o in mezzo alla chierica allora questi frati girano con il naso sempre per aria e la preghiera non è più sincera, perché per pregare bene bisogna essere lontani da sismi, da rischi di frana o di caduta massi, dalla grandine, in quanto che a lungo andare questi fenomeni creano disistima nei confronti dell'Onnipotente: cosa gli costerebbe arginare una frana con un miracolo? creare un muro di calcestruzzo o una rete metallica di contenimento; o anche contro i giganti cosa gli costerebbe confonderli, o obbligarli al trasloco? o far venire loro una sincope? come spesso augurano loro in particolari preghiere specifiche e molto sentite.

-Ha avuto una qualche influenza la non fede nello scrivere per te?

Un tempo auspicavo di scrivere. Oggi non me ne importa più, se mi viene lo faccio, se no non lo faccio; cioè non sto lì a spingere come uno stitico, casomai mi espongo all’aria fredda in modo da crearmi spasmi di pancia, con la conseguente emissione di scrittura, che però non sto lì a guardare, giacche mi fa anche un po’ schifo.

-Cos'è che ti rapisce dei poemi cavallereschi di un tempo, cioè che in un romanzo di oggi è inverosimile trovare?

Scrivere in versi sarebbe bello. Oggi il verso bisogna nasconderlo; nel senso che chi ha un po’ d’orecchio letterario scrive necessariamente e sempre in versi, ma guai a farlo vedere con le andate a capo, nessun editore ti pubblicherebbe e nessuno ti leggerebbe, cosa che peraltro non sarebbe neanche negativa, ma poi a forza di ricevere rifiuti uno cadrebbe in depressione e in forme prossime al suicidio.

-A parte Ariosto e Boiardo, che nel genere sono forse solo i due conosciuti, chi consiglieresti di leggere in argomento, sempre che si possano trovare...

Si trova poco oggi, oltre a quei due si trova Pulci, bellissimo da leggere e pieno di comicità ben riuscita; non si trova il Cieco da Ferrara, non si trova il Giambullari, solo ogni tanto fanno un’edizione accademica che però non circola, ed è in genere talmente costosa e talmente sommersa di note che uno dice arrivederci, mi do all’ippica.

-Dici che si è perso il gusto e la capacità di scrivere in versi, rendendo conto che pure l'ottava rima era un'invenzione strepitosa, solo italiana, oggi; non si è più disposti a provare fatica nell'ascolto, nella lettura, ciò che è difficile viene visto solo di settore, oggetto di studio, e se ne perde l'incanto. Credi un giorno - ci sarà un tornare indietro alla meraviglia dell'impegno - per la meraviglia?

Bisogna che un libro per essere letto goda anche di fama preliminare, abbia cioè dell’attrattiva, il titolo a volte svolge questa funzione, oppure a volte attorno ad un autore, ad un’opera circolano delle immaginazioni, delle aspettative che lo riempiono di fascino, in modo che alla gente vien voglia di averlo. Come ciò accada non mi è mai stato chiaro, però questo può sempre accadere, e anche i poemi c’è caso che un giorno non se ne possa fare a meno, io ci spero, perchè li considero molto.

-Mi son fatta l’idea che scrivere – scrivere nel senso trasmettere - significhi avere una dimensione di solitudine interiore molto forte; è possibile fare delle scrittura un mestiere senza essere permeati da questa sensazione?

Sì scrivere un libro o anche solo un sonetto viene dalla solitudine, è sempre un grido disperato un libro, una pagina scritta, perché qualcuno ti ascolti, e nel momento in cui uno lancia il grido, in quel momento è in mezzo all’umanità, vive nella regione dello spirito denso che circola. Poi finito di scrivere è di nuovo solo come un cane, anzi direi che dopo è ancora più solo, perché gli è anche andata giù la voce.
- T
-Tu dici che per te scrivere di se stessi, scrivere delle vicende che ti riguardano da vicino in un qualche modo svilisca la narrazione, perché “ ha qualcosa di meno eroico” scrivere di sé?

Scrivere di direttamente non ci riesco, c’è chi lo fa, se è contento e gli riesce questo, fa bene, ma mi sembra sia più di soddisfazione farsi portare dalla parola, cioè lasciare che le parole si sviluppino da sole in modo che lo stesso autore ne sia sorpreso, ne rida e ne sia contento; è chiaro che tutto parla di lui, nel senso che tutto è sempre un sintomo dei suoi stati mentali, però almeno la cosa non assomiglia alla confessione davanti al prete del confessionale.

-
C-Cosa ne pensi della letteratura sperimentale, in particolar modo quella che si era sviluppata in Italia? Ha senso fare delle regole nella letteratura quando l'oggetto del compiacimento rimangono poi le stesse regole?

Le classificazioni non dicono niente, non so cos’è sperimentale, certo in questo campo ci sono dei farabutti che spacciano materia adulterata, anzi peggio, spacciano per LSD del semplice bicarbonato, un lettore lo prende, spera di avere delle visioni, invece al massimo ha un po’ di bolle allo stomaco a cui segue un rutto, senza offesa per nessuno.
- -
- Oggi va anche un po’ di moda (secondo me) utilizzare la narrazione in prima persona, che è vero che non implica parlare di se stessi, ma in un qualche modo è fare omaggio a se stessi anche quando non si sta parlando di sé,- forse oggi il narcisismo del mondo odierno, si riflette pure su questo uso – iocentromorfo. Cosa ne pensi?

Adesso sono un po’ stanco e non me la sento di imbarcarmi nella questione dell’io, però ti giuro che dopo Natale provo a imbarcarmi.


-Se è cambiato, come è cambiato negli ultimi vent’anni con il cambiamento dell’editoria il concetto di letteratura? Oggi ha senso parlare di letteratura?

Con gli amici con cui ci intendiamo mi piace molto chiacchierare di libri, ricordarmi dei pezzi, delle frasi, questo è bellissimo, anche parteggiare per un personaggio o per l’altro, o tessere le lodi di un autore, ci son certi autori che io ci costruirei una chiesa, o un obelisco, e starei lì ad evocarlo e far sentire dei pezzi ad alta voce. Invece alle teorie non ci farei una chiesa, al massimo un soprammobile, ad esempio un sasso con su scritto “strutturalismo”, e lo metterei sulla credenza, dopo di che può star lì per secoli, che tanto nessuno ai soprammobili ci bada più.

-Cos'è che vedi veramente cambiato nelle nuove generazioni?

Secondo me l’uomo circa è sempre lo stesso da circa 30 mila anni, in apparenza è cambiato, ma secondo me c’erano i poeti sperimentali anche prima degli Egizi o dei Caldei, solo che allora eran più spicci, li mandavano ai remi ad esempio, come Ben-Hur quando voga nella galea e il capo galea lo frusta, ecco, secondo me molti suoi colleghi seduti agli scalmi e incatenati erano poeti d’avanguardia.

-Ci sono dei suggerimenti di dare a chi volesse intraprendere il mestiere di scrivere? O ogni caso è a sé?


Beh io direi di stare attenti a non venir catturati da qualche negriero schiavista, che magari ti manda a zappare la terra, o ti manda a remare su un fiume, o ti manda in una miniera dove spesso esplode il grisù e fa dei massacri. Uno scrittore aspirante deve pensarci bene prima di rischiare.

-Proprio in base ai criteri di mercato, oggi il libro, almeno da fuori vien visto un prodotto come un altro, per te questo non è deprimente, o credi che l’idea di autonomia propria di un libro, non vada veramente ad intaccare la verità dell’opera.

Magari va ad intaccare, e infatti quando poi sei lì che zappi la terra e il negriero ti frusta, magari dici che era meglio non intaccare la verità, però continui a zappare o a scavare nella miniera augurandoti che non esploda il grisù.

-C’è un libro dei tuoi che senti più riuscito rispetto a d altri?
-  
No, io credo che debbono essere tutti sbagliati, mentre li facevo mi piacevano molto, queste erano le epoche più belle della mia vita, potessi tornare indietro e non aver scritto niente e dover scrivere tutto. Ma si vede che qualcosa di sbagliato c’è perché a pensare ai miei libri mi viene da piangere e se uno li cita mi viene da cambiar discorso, anzi delle volte mi dico: perché non ho fatto il minatore, o lo schiavo in una piantagione di cotone dove gli schiavi li trattano male, e loro però cantano, e a forza di cantare hanno inventato gli spirituals.

-
D-Domanda retorica, ma la collaborazione con Fellini è stato per te un valore aggiunto, a distanza di tempo, che ricordo ne tieni, e cosa ti ha lasciato?


Ah che bella epoca, Fellini era un grande spirito venuto dall’aldilà a portare un po’ di anima alla terra desolata e afflitta, poi se ne è ripartito, adesso chissà dov’è. Però 5 o 6 volte mi è venuto a trovare di notte, e sono sempre stati dei sogni che mi lasciavan contento.
-
C-C'è un libro già esistente che avresti voluto scrivere tu?

Ce ne sono migliaia.

-Ci sono degli autori che ritieni siano stati per te dei maestri?

Migliaia.

-Tre cose che se potessi leveresti dalla faccia della terra

Il mare, io leverei le spiagge, se la terra fosse secca e asciutta come la luna non ci sarebbero le ferie estive con la conseguente balneazione ecc. ecc.

Tre cose che se potessi far esistere le faresti esistere.

Qui, una bella ragazza accanto a me, con due sue amiche belle e simpatiche anche loro, non che voglia farci niente, sono molto rispettoso degli altri, però queste tre cose credo che le gradirei, anche se ad esempio mi sposassero, nel senso che mi stessero accanto, molto discretamente, anche fossero messe lì dal diavolo per tentarmi e farmi cadere in errore, io comunque le apprezzerei, anche fossero puri spiriti che vedo io solo, però mi piacerebbe vederle e parlarci, anche sfogarmi un po’, avere consigli, di notte le metterei in un camerino che ho di fianco alla cucina: state lì –direi loro- arrivederci a domattina, perché preferisco dormire da solo; ma se fossero puri spiriti magari le faccio dormire nel letto, che tanto non ci lascerebbero neanche l’impronta e non farebbero puzza.


- PPerché il mare e l'estate son così tanto sopravvalutati?
 
Come i fenicotteri vanno a riprodursi sul Nilo, così la specie umana di questo secolo si riproduce in certe particolari condizioni climatiche.


-
Se c’è una frase che vorresti dire a tutti


Eh, difficile dirla, che so? cari amici arrivederci nell’aldilà, anche se sarà difficile riconoscersi.

-



6 commenti:

Anonimo ha detto...

Tra la solitudine che prova lo scrittore, e gli schiavi che arrivano a creare il gospel dalla loro condizione di libertà negata, alla fine la differenza è quanto tempo in cui si sta male, no?

N:C. ha detto...

Qui parla il WM!!! Non sono lento, ma in questo periodo sono sopraffatto da l lavoro e visto quanto la Gisy mi paga, penso che non si possa lamentare ;-)

p.s. CANAJA!

Gisy ha detto...

Antonio - non mi è mica chiaro quelche dici...però se è come ho capito..beh oddio...

W.M - Guerra tra poveri, via ;) Studia esen almeno se non mi fai gli aggiornamenti! :=)

Anonimo ha detto...

Un libro è un grido disperato che nasce dalla solitudine... la cosa strana è che poi questo grido possa portare conforto e compagnia a chi lo raccoglie (leggendo il libro), come è stato per me leggendo di questi giganti, per es.; ero in un periodo un po' triste, aprendo il libro mi sentivo subito più felice e anche più libera (schiavitù o non schiavitù) :-)
Due parti dell'intervista che mi hanno fatta ridere: i monumenti agli autori e i soprammobili alle teorie (concordo) e l'idea dei poeti sperimentali di migliaia di anni fa, e il galeotto poeta...! Bellissima intervista :-) Grazie.

Anonimo ha detto...

M'inchino di fronte a quest'uomo e inizio a costruire un'obelisco dedicato.
GRANDISSIMO. Che bellezza, che spirito

Ali

Gisy ha detto...

Ilaria - sì, è vero anche a me è capitato con certo autori, pure emiliani, e in un qualche modo consolava il mondo leggere, ti dava qualcosa in cui attacarti e sorridere. In questo perido sto leggendo poco, dovrei riprendere a sorridere prima che mi si fermino i muscoli delle mandibole a pesce lesso.
X l'intervista, son sempre le risposte che fanno l'intervista

Ali - Eh sì, un'anima eletta !