E’ fatica parlare di quello che più ti è caro. Come è fatica fare le dediche vere a chi ti è vicino.
Ieri sera la straziante notizia della morte di un amico, almeno un tempo lo era, vari anni fa, eccome.
Morte decisa e consapevole, se mai una morte decisa può essere consapevole o se questa consapevolezza altro non sia che uno sdoppiamento in cui è la propria assenza più che la propria esistenza a deciderlo. Quali saranno stati gli ultimi pensieri,perché sicuramente li avrà avuti, prima di quell’assenza perpetua.
E poi ti rendi conto cosa tutto è nulla davanti ad una perdita del genere, dove quel rovistare in fondo, non ha fondo. Eppure andare avanti di veglie.
Pure lui uno dei personaggi che appaiono nel mio ultimo libro. Roger, che naturalmente non è il suo vero nome. Roger che con la morte ci giocava spesso, ci giocava e ci stava male, ci giocava e stava male bene pure col sesso. Tra manichini, Barbie, ratti di laboratorio, tarantole in gabbia, tavolini con gambe di manichini, luci rosse e dischi anni ’70. Roger che alla fine era stufo, e pure lui dato all’inorganico sesso di bambole teschi e luci alla fine si faceva amare, e sì era l’amore, come tutti che voleva e di trovava di ragazza in ragazza, o quando voleva essere lui altra luce negli occhi si faceva bello, si faceva bella. Ma amava le donne, e amava la morte, lo capivamo, sembrava anche un gioco e ci giocava spesso su questo estremo nichilismo. Che anni fa aveva creato il proprio santino plastificato con tanto di data di nascita e di morte, erano 8 anni fa circa.
Che poi ad un certo punto le nostre strade si sono divise. Si potrebbe trattare di bisogno d’amore. E lui che mi aveva scritto “ora posso dire di sentirmi veramente solo”. E a me dispiaceva. Poi ultimamente stava bene, caspita stava bene, cosa c’è da dire, stava bene, fino un altro crollo. Ma io questo non posso saperlo, ci eravamo lasciati i nostri ricordi alle spalle, quasi 10 anni fa, intensi anni che giravamo pure a vedere le belle donne, a sorridere a mangiare, e tutto quello che tra amici si fa.
Ieri sera è come se questa notizia mi abbia ricongiunta, perché la morte in un qualche modo ci riconcilia nel pensiero dei vivi, nel loro ricordo qualunque assenza. E io non posso che fare che ricordare così, come l’ho lasciato nel libro, ma anche per me naturalmente molto di più.
E chi sa, sa.
7 commenti:
nulla di tutto ciò che percepiremo in questo mondo
eguaglierà la forza dell'ardente tua fragilità,
il cui intreccio m'impone le sue bandiere,
dando morte ed eternità ad ogni e ciascun respiro
"Osserva il gregge che ti pascola innanzi: esso non sa cosa sia ieri, cosa sia oggi (...) legato brevemente con il suo piacere e dolore, attaccato cioè al piuolo dell'istante, e perciò nè triste nè tediato" (F.Nietzsche, "Sull'utilità e il danno della storia per la vita")
Ma dov'è andato? là. Vicino ad un fuocherello, tra la notte e l'aurora.
g
Mi spiace... non mi ci è voluto molto per trovare altre informazioni, ma questo è uno di quei casi in cui non sono mai abbastanza.
Non so cosa dire, cosa fare, nè dirti come sarà d'ora in poi. Hai perso un pezzo di te, che era con lui. La sua assenza si aggiunge ad altre, da altre sarà seguita.
Sto qua a scrivere, il pudore me lo impedirebbe, ma non so altro modo per starti vicino.
Con affetto, Antonio.
Insomma è il gioco della vita, se non si parte si è costretti a veder partire.
Da qualche parte ho letto "partire è un poco morire; morire è partire un pò troppo"...
là, dove mai son stato, felicemente sprovveduto,
gl'occhi tuoi trovano quiete:
nel tuo più delicato gesto ci son le cose che mi racchiudono,
o che nemmeno posso toccare tanto son vicine a me
Bellissima...
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