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IN LIBRERIA

04 febbraio 2010

Prossimo a morire...

Oggi son andata avanti con una lettura "pseudo-filosofica"  diciamo, di Zoja, che è alla stessa stregua di quello che  Moravia, è agli occhi di Pignagnoli. Cmq

Fa tutto da sé eh. Vi giuro che non ho aggiunto/tolto nulla

che se uno cerca conferma all'ovvio, dell'ovvietà e dei lori derivati è un libro perfetto, se poi ama i luoghi comuni con maschera di pseudo-filosofia è ancora più perfetto, se una massaia o chicchessia ha dei figli adolescenti che crescono e non si capisce cosa ci sia da fare in questa società così rancida per salvarli, e ovviamente Zoja analizza passo per passo il ranciume, lui essendo una spanna sopra gli angeli, è un buon libro per compiacersi di pensieri ad un passo dall'ovvio delle massaie (con tutto rispetto per le massaie, ma non per zoja eh)
Se uno cerca conferma che tra diversi scrittori-filosofi si leccano il culo, è un libro perfetto, che però ovviamente quasi come sempre avviene, codesti si sentono in difetto versoi il leccato, ma con rigoroso riconoscimento, e Zoja a chi se non l'ovvio Galimberti che di bel parola profana in un'orata fallazio a se stesso mentre sbrodola dei che son scorreggiati da suo stesso medesimo deretano?

da

la morte del prossimo di Luigi Zoja ed Einaudi pag 16

"L'abitudine a incontrare immagini non vere, rende normale non provare sentimenti davanti figure nuove.
 A questo punto, scendiamo in strada, siamo assuefatti a considerare tutto come una recita commerciale: così, anche le persone reali son costrette ad alzare continuamente il tono pur di fasri sentire.
il mendicante tradizionale - appartato e dignitoso, che regge una ciotola con richiesta implicita - è divenuto invisibile. Anche a lui si richiede l'esagerazione espressiva, Nella sua orrida provocazione erotica al rovescio, il mendicante postmoderno  deve esprimere l'altra faccia del sesso esplicito e senza preliminare. Per ore in ginocchio, al centro del marciapiedi, spacca un denso flusso di folla, reggendo un grande cartello "AIUTO HO FAME". Gli estremi si toccano.
Sullo stesso marciapiede elegante passano le modelle, e anche le modella hanno fame. Spesso la loro vita alimentare e sessuale è sconvolta . Dovrebbero essere appunto "modello". Ma il loro corpo urla una solitudine. Nelle sfilate, la posa, il passo, lo sguardo alteri non sottintendono, malgrado l'esposizione intima, un invito all'amore, ma proprio il suo contrario,: una condizione irraggiungibile. 



Con questo bel pout-porri di profondità da donnette, e ometti, pensa sicuramente di dire delle cose profondissime, così profondissime che se sotterrasse sarebbe anche meglio; delle profondità che vanno oltre il confine dell'ovvio, anzi per un ovvio abbattuto subito da una banalità sbandierata di dolce-stile-postmoderno-filosofico. Un intingolo di frasi così palesemente leccaculate nei confronti del Galimba, per sentirsi dire "Bravo!" che l'intero libro a lui è dedicato. Penso proprio che la vuotezza acconciata allo bello stile, con i voli pindarici, resti sempre poca cosa, Qualcuno che non era Zoja diceva: Dio ha creato tutto dal nulla, ma il nulla traspare...e dire che questi non son mica Dio. Ma se questa morte del prossimo potrebbe rassicurarli contro solitudine e il rancore, dal quale si sentono probabilmente esclusi generazionalmente, enfatizzando al para_mercato e alla para_pubblicità. Attenuante, cavalca l'onda, vera che l'oggi è un disastro. Un pò come la crisi no?

11 commenti:

Fabio Antonelli ha detto...

Già chissà cosa potrebbero pensare "un pastore abruzzese", "un bracciante lucano" o "una casalinga di Treviso" di Morettiana memoria di tale arguta profondità...

Gisy ha detto...

Oddio, non voglio dire che non potrebbero pensare. Dico solo che però certe parole messe in un certo modo, cavalcando quello che molti vogliono sentirsi dire, compiacciono le coscienze certi frasi che ho trovato proprio strategiche. (tipo luogo comune modella anoressica, e la scena grottesca più da romanzo del mendicante moderno)
Quale gioco migliore.
Carmelo Bene, diceva : applaudite l'ovvio, applaudite.
ovviamente vale anche per molta cultura borghese questo non solo per x y z...

Anonimo ha detto...

pensieri oziosi di un ozioso:
di sicuro QUESTO è il migliore dei mondi possibili;
non diamo per sccontato il fatto che il DOMANI potrebbe essere anche peggio di oggi;
i mendicanti: potrebbero essere la borghesia di domani oppure sono da ammirare perche non si [s]vendono in questa realtà di compromessi...

Ad maiora
Stefano

Ilaria ha detto...

Mah... che poi, insomma, assuefatto sarà lui! Non li sopporto quelli che per dire banalità sul mondo e sulla vita usano quel tono categorico come se fossimo tutti uguali e loro conoscessero LA legge in base alla quale pensiamo e guardiamo le cose... vorrei dirgli: "Caro Luigi, ma parla bén per te!" ;-))

Gisy ha detto...

Sì infatti, l'idea generalizzante dà molto fastidio. Mi dà un pò l'impressione di quello che crede di vedere dall'altro e addita con le sue parole magistrali di banalità magistrale.
Poi devo essere sincera fino in fondo come i libri bellissimi, anche i libri osceni vien voglia di non perdersene una riga.

Anonimo ha detto...

io penso che alla base delle crisi moderne ci sia un principio di complicazione delle cose semplici.

E' banale parlare banalmente della vita (ma anche della morte)? Ma è la vita stessa a essere di una banalità... a volte mortale. Si trascorre il tempo "indaffarati" e poi? L'immortalità dell'anima? Speriamo... L'immortalità di aver lasciato ai posteri qualcosa? Ma chissenefotte!! [continua]

Anonimo ha detto...

In realtà siamo ipocriti. Un tempo lessi un racconto di Buzzati che parlava di un tale che voleva guarire dalla lebbra. Ebbene, si mise a pregare. E guarì. Ma pregò talmente da vedere dio (inminuscolo) e da non volere più la vita di prima.

Il ns. benessere (fare colazione e cena, neh?!) si basa immancabilmente su un sistema economico che fa morire qualcun altro di fame... Questa è banalità?! No, è realtà. [continua]

Anonimo ha detto...

E allora teniamoci stretto il ns. piccolo mondo banale (per questo ho scritto che è il migliore dei mondi possibili) ee non sfottiamo chi lo descrive per quel che è!

Che tanto, il coraggio di guardare in faccia dio (in minuscolo) non ce l'abbiamo...

1+1=2 è ovvio;

x+y/mc*k+3 fa più figo... ma spesso è contabilità creativa.

Ad maiora
Stefano

Gisy ha detto...

Non credo sia ipocrisia caro Stefano, ma semplicemente il bisogno umano d'identità, quel lasciare traccia, quel riempire i vuoti, e pure la vita se non ci fosse dell'indaffaramento ne risulterebbe vuota.
Non parlo ovviamente dell'indaffaramento frenetico del lavoro o delle ossessioni moderne. Riempire, magari di cuore e le azioni restano sempre il modo più genuino.
E' chiaro che è tutta una fischiata, ma è anche umana la volontà di lasciare traccia.

H
o ben presente il racconto di Buzzati che dici, di quel principe che si ammala, e lo tennero dai lebbrosi, poi passò così tanto tempo, mai abbandonando la speranza che quanto riuscì con la speranza a sconfiggere la malattie e lo liberarono facendoli vedere da quel lazzaretto cosa rimaneva del suo impero, appena ebbe uno straccio d'orizzonte e vide lontano lontano che le cose erano cambiate, dopo tutte quelle preghiere decise di rimanere nel lazzareto.
60 racconti, il meglio per me del Buzzati.
Si fa casino anche per passare il tempo, pure io critico, ma vedi poi li leggo, alla fine.
tempo per tempo, paradosso per paradosso, banalità per banalità ... passa...

Anonimo ha detto...

mai parlato di ipocrisia (LO GIURO!!!)...

Solo il mio modo di essere: ascolto silenzioso il più possibile con la PRETESA di imparare da tutti. Che le frasi migliori e i gesti più belli (spesso) non vengono dagli intellettuali, ma dalla povera gente.
E anche se mi imbatto in una "banalità", ne cerco il contesto, la paragono alle mie esperienze e ne ricavo comunque un senso. Magari distante da chi l'ha pronunciata. Di sicuro importante per me!
Che spesso, nel casino della mia vita, ho bisogno del ragionamento semplice per ritrovare la mia dimensione umana.

Ad maiora

Stefano
(mi pubblico come anonimo perchè son pigro e non ho voglia di registrarmi)

Anonimo ha detto...

PS: il capolavoro di Buzzati è "Un Amore".

Nel racconto il principe rinuncia al suo impero tornando nel lazzaretto non perchè le cose erano cambiate, ma perchè (a detta di Buzzati) dio non lascia scampo! E se, pregando, riesci a "comprenderlo" allora tutto ciò che PRIMA ti sembrava bellissimo, POI perde completamente di senso, a tal punto che ti pare perfino orribile e sudicio.

:)