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IN LIBRERIA

05 novembre 2009

Libertà, l'ho vista nei campi coltivati. Alla Merini


Quest'anno stato un anno di grande perdite, dal punto di vista artistico-culturale, Prima la Pivano e dopo La Merini (in mezzo Mike :/), mi sembra che delle due grandi donne citate non se ne sia parlato poi tanto, almeno non mi sembra sia stata data l'attenzione che meritavano, almeno mediaticamente considerando prima la Pivano e ora la Merini, certo caratteracci, posso dirlo con certo, almeno della prima, ma quanto hanno dato?! (e nel caso di Alda, quanto hanno sofferto)



Ci sono persone che morendo chiudono dietro li loro un mondo, la fortuna è che ci può rimanere una forte testimonianza di quel che è stato dato, però come dire, la mancanza è la mancanza, e siccome quando si è anche quando si vorrebbe non essere, si sarà per sempre, (Sartre diceva che si sarà di troppo per l'eternità anche quando si vorrebbe togliersi di mezzo).

Mi fa molto piacere invece vedere il calore rivolto a  queste grandi donne nei blog, nei pensieri personali, e nell'affetto. Troppa sofferenza a volte la vita.

Tante canzoni mi hanno fatto pensare a lei, ma uno in particolare di De Andrè, che è "Il suonatore Jones" -  che posto sotto una poesia di 

Alda Merini  da "Clinica dell'abbandono" ed Einaudi.

C'è gente che prende il granito
per farvi battere il cuore.
Dio ci prese la carne e l'anima
mettendo insieme i confini.
la nostra carne così debole, così informe
sogna di essere buttata nel granito
per perdere il cuore



 




"Sentivo la mia terra
Vibrare di suoni
Era il mio cuore,
E allora perch coltivarla ancora,
Come pensarla migliore.

Libertà l'ho vista dormire
Nei campi coltivati
A cielo e denaro,
A cielo ed amore,
Protetta da un filo spinato.

Libert l'ho vista svegliarsi
Ogni volta che ho suonato
Per un fruscio di ragazze
A un ballo
Per un compagno ubriaco".


  De Andrè

6 commenti:

luludia ha detto...

Per me la più bella canzone italiana.L'immagine del vortice di polvere e della gonna di jenny mi commuove sempre...della merini mi piace questa:

Spazio spazio io voglio, tanto spazio
per dolcissima muovermi ferita;
voglio spazio per cantare crescere
errare e saltare il fosso
della divina sapienza.
Spazio datemi spazio
ch'io lanci un urlo inumano,
quell'urlo di silenzio negli anni
che ho toccato con mano.

Gisy ha detto...

Quell'immagine mi ha sempre colpito tantissimo anche a me, e ho pensato che era poesia allo stato puro, un'immagine che nonsi stacca molto facilmente:

"In un vortice di polvere gli altri vedevan siccità, a me ricordava la gonna di Jenny in un ballo di tanti anni fa..."

la Merini è davvero forte.

luludia ha detto...

Sempre la polvere e sempre la Merini:

I versi sono polvere chiusa
di un mio tormento d'amore,
ma fuori l'aria è corretta,
mutevole e dolce ed il sole
ti parla di care promesse,
così quando scrivo
chino il capo nella polvere
e anelo il vento, il sole,
e la mia pelle di donna
contro la pelle di un uomo.

Adoro il verso "ma fuori l'aria è corretta", l'idea della polvere dei poeti (polvere luminosa?) rispetto all'ipotetica (reale?) bellezza della vita...

Gisy ha detto...

Forse che "la correzione" c'è a prescindere, anche quando non lo è in noi, o quando non la percepiamo tale, è tutta la nostra gravità che vogliamo fare leggera, ma finché siamo, non possiamo essere altro che noi. Ahimè. e per fortuna.

Mi piaceva anche questo che scrive Gianni Celati sulla polvere, l'avevo postatao mesi fa, ma mi piace ribadire questo splendido concetto

“Tutto ciò che si scrive è già polvere nel momento stesso in cui viene scritto, ed è giusto che vada a disperdersi con le altre polveri e ceneri del mondo. Scrivere è un modo di consumare il tempo, rendendogli l’omaggio che gli è dovuto: lui dà e toglie, e quello che dà è solo quello che toglie, così la sua somma è sempre lo zero, l’insostanziale.Noi chiediamo di poter celebrare questo insostanziale, e il vuoto, l’ombra, l’erba secca, le pietre dei muri che crollano e la polvere che respiriamo.”

Si capisce no?

luludia ha detto...

Si scrive sempre dopo, mai durante. E si scrive su ciò che resta, avanza...sui ricordi che sono polvere...forse che un moscerino scrive? L'atto di scrivere, solo quello, è comunque anche se polvere di polvere (o se vuoi polvere luminosa di polvere luminosa)ancora la vita...dopo bisognerebbe fare come i mandala orientali, soffiare tutto via...io non lo faccio, perché ho biogno delle parole, per ripeterle quasi come formule magiche, talismani...
Non sono certo saggio...

Dice Rilke:

Impara a dimenticare che hai cantato. Trascorre.
Cantare in verità è certo altro respiro.
Spirare a nulla. Un soffio nel dio. Un vento.

La frase che adoro è "impara a dimenticare che hai cantato"...
Io però non me lo dimentico mai, o quasi...

*....n__@__i__f....* ha detto...

la poetessa dell'emarginazione..
ha trasformato il disagio in poesia..
ci ha mostrato come possa possa diventare anche trionfo della gioia..