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28 ottobre 2007

Eutanasia e suicidio


Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate riguardo il suicidio. Intendo, mi sto chiedendo da anni ormai, se sia giusto pensare di proibire ad una persona di togliersi la vita, se questa in vita ci sta in maniera molto soffrente da del tempo. Io credo che sia un argomento abbastanza analogo a quello che si potrebbe tentare di fare con l'eutanasia.
Cioè l'egoismo è di chi si toglie la vita nel fare del male alle persona alle quale è legato, o viceversa può essere anche l'egoismo delle persona cui la stessa persona in causa decide di togliersi la vita, che preferiscono non sentirsi in colpa per un atto ritenuto terribile, quando magari il ben della persona a loro cara è di non essere più in terra?
Mi son fatta tante domande, perché sulla possibilità del libero arbitrio si potrebbero aprire capitoli infiniti.
E' doloroso senz'altro pensare che qualcosa di indipendentemente da una disgrazia casuale (più perdonabile personalmente, visto che ci assolverebbe), possa togliere una persona, e una parte di noi cara che se ne va con quel ricordo, ma il bene, verso un altro quanto ha a che fare con il senso di colpa, e perché secondo voi, sarebbe giusto opporsi se non per amor proprio che poi si dice verso l'altro - in una scelta consapevole?
le varianti possono essere molte, e molti i motivi diversi affinché una persona estremizzi un pensiero del genere, però se e in quali casi sarebbe giusto lasciare fare, e semmai legalizzare un'eutanasia consapevole pure per i non terminali?

19 commenti:

Anonimo ha detto...

eh, bella domanda della domeica, gi.
Penso che fra eutanasia (intendendo la scelta del malato di porre fine ai propri tormenti) e suicidio ci sia una bella differenza.
Se non hai più scampo, se sai che i giorni non possono riservarti che dolore, fisico e mentale, impotenza, dipendenza totale dagli altri, e comunque una sorta di non-vita, la legittima decisione di spegnersi ha queste e non altre ragioni.
Mi sa che il suicidio è un'altra cosa.
Credo che il suicida abbia impulsi diversi, il desiderio di morte (che è poi il desiderio di una vita diversa), il desiderio di uccidere (uccidere ciò che gli rende la vita difficile) e il desiderio di essere ucciso (una specie di punizione per non aver raggiunto idealmente ciò che desidera per propria presunta incapacità). E il tentativo fallito di un compromesso fra odio e amore indebolisce le difese rispetto all’autodistruzione.
Chi si suicida, tutto sommato, è già morto dentro e trova la sua ultima provocazione.
Allora la fatica è accettare, Cioran scrive che non esiste guarigione, tutte le malattie di cui siamo guariti le portiamo in noi e non ci lasciano mai.
La fatica è vivere, affrancarsi dalla “malattia” e dall’impotenza del vivere.
Non è tanto questione del male che si fa a chi rimane, ma è decidere se il coraggio rimasto sia più utile ad affrontare l’ignoto e il nulla cui si va incontro con il suicidio o piuttosto l'ignoto del vivere.
Forse dovremmo (noi occasionali aspiranti suicidi) ogni tanto sederci sulla riva a guardare il passaggio del tempo, tempo astratto, non concentrare sempre l’attenzione su noi stessi, c’è un godimento a distrarsi da se stessi per riconoscersi con il riposo delle cose.
Poi strascicare i piedi nelle foglie d'autunno a volte può bastare.
bacio
cri

Gisy ha detto...

Son d'accordo in qusai tutto quello che dici, probabuilmenteanche l'essere concentrati in sé porta ad una valutazione se non sono ciò che vorrei, e non riesco ad essere il resto non esiste.
Però non si può nemmeno prescindere che c'è un'indole caratteriale nel sentirsi portati, a questo sgurado esterno o meno, ed el resto la soddisfazione di una persona dipende quasi totalmente in base alla propria interazione naturalmentedal fuori. Per questo chi più si chiude (...) più limita questa interattività nel bene e nel male andando incontro a giudizi autoriflettenti, ma cosa si riflette, se non c'è che sé?
Esistono suicidi per disgrazie e dispiaceri che accadono tra capo e collo, e suicidi che capiano pure per noia (sì), e perché più nulla ha senso, come tu dici l'ignoto qua o là, cosa potrebbe essere peggiore?
Poi c'è suicidio come forma di vendnìetta (e credo di averne conosciuti), la rabbia tale per chi è invita potrebbe per alcuni essere compensata dall'idea, (magari falsa) del senso di colpa che innesca nei presunti colpevoli della propria insoddifazione. O ancora non si compie l'atto perilmotivo opposto, perché mi devo pendere la responsabilità di fare stare male chi mi vuole bne, perché io sto male...
Tante sono le sfumature.
Ma poi tutto passerà.

Anonimo ha detto...

@ -cri- sono pienamente d’accordo con il tuo scritto.

@ Gisy. Parto dalla tua domanda finale : “legalizzare una eutanasia consapevole,anche su richiesta di un malato non terminale?” No non è possibile. Sappiamo quanto è stato controverso il caso di welby. Già su casi simili vi è a livello politico/sociale una visione molto controversa. Lasciamo stare le religione cattolica che sappiamo sempre e comunque contraria ad ogni tipo di eutanasia. Dubito che il nostro Parlamento troverà il tempo per un Legge in materia.
Personalmente sono d’accordo, come nel caso welby, che fisicamente era morto da diverso tempo e solo le macchine lo tenevano in vita. Lui poteva solo pensare, e ha fatto la richiesta di staccare le macchine. In questo caso io sono pienamente d’accordo.
Per un malato, fino a che è in grado di decidere da solo, può rifiutare le terapie. Ma quando si finisce in coma, decidono solo i medici.
Per il suicidio, è una scelta cosi forte, che capita, lo sappiamo. Credo che qualsiasi persona che mi fosse vicina, e manifestasse qualcosa, sicuramente istintivamente lo aiuterei, a non farlo.

Anonimo ha detto...

“Durante l’adolescenza, la vita mi era odiosa e pensavo continuamente al suicidio; ma questo mio proposito era tenuto a freno dal desiderio di approfondire la mia conoscenza della matematica. Ora,
al contrario, godo la vita; posso quasi dire che ogni anno la godo di più. Ciò è dovuto in parte
all’aver scoperto quali fossero le cose che maggiormente desideravo e all’averne gradatamente acquisite molte, in parte all’essere riuscito a rinunciare a determinate aspirazioni, quali l’acquisi-
zione di una conoscenza assoluta di questa o quella cosa, perché essenzialmente irraggiungibile.
Ma soprattutto ciò è dovuto al fatto che mi sono abituato a preoccuparmi sempre meno del mio io.
Come molti di coloro che hanno ricevuto una educazione puritana, io avevo l’abitudine di meditare
sui miei peccati, le mie follie, le mie manchevolezze. Apparivo a me stesso, senza dubbio giustamente, un misero esemplare d’uomo. Gradatamente imparai a non badare a me stesso e alle
mie deficienze; giunsi a concentrare sempre più la mia attenzione su oggetti esteriori: le condizioni del mondo, varie branche del sapere, individui ai quali ero affezionato. Gli interessi esterni, è vero, possono essere ognuno causa di sofferenza, il mondo può precipitare nella guerra, la conoscenza di questa o quella branca del sapere può essere difficile da acquisire, gli amici possono morire. Ma questi dolori non distruggono la qualità essenziale della vita, come fanno quelli che hanno origine dal disgusto di noi stessi. Ed ogni interessamento esterno spinge a qualche attività, la quale fintanto che l’interesse si conserva vivo, è un sicuro preventivo contro il disamore di sé .“

BERTRAND RUSSEL
(La conquista della felicità)

Anonimo ha detto...

Io credo semplicemente che ognuno è libero di fare della propria vita quel che crede meglio. Perciò siccome ognuno conosce le proprie disgrazie/sofferenze e le vive sempre a modo suo che è sempre incomprensibile per altri è giusto che decida se vale la pena di stare ancora al mondo o meno. E' normale poi però che chi è più o meno felice della propria vita abolisce l'eutanasia e il suicidio e chi non lo è affatto è favorevole. Punti di vista. (Gio)

Gisy ha detto...

@ Grazie Paolo perquesto scritto di BERTRAND RUSSEL. Credo che una chiave di lettura sulla volontà di suicidio possa veramente trovasrsi in queste righe

"Ma questi dolori non distruggono la qualità essenziale della vita, come fanno quelli che hanno origine dal disgusto di noi stessi".

Tutto dipende dala percezione di sé in un determinato constesto. E riuscire a deconcentrarsi, da sé in ogni caso, credo dia più respiro alla vita.

@ Gio - Forse non è solo questione di essere felici o meno per essere favorevoli o meno all'approvare l'eutanasia, ma i avereuna certa cultuira - morale; però ci sono senz'altro sofferenze che altri non possono capire, così come altri ach esoffrono perunmotivo non riescono a rendersi conto di altri tipi di soffernze.
Personalmente renderei legale l'idea di un suicidio tramite eutanasia, senza complicazioni di morti drammatiche - alle quali un aspirante suicida è costretto a ricorrere. Resta sempre il fatto di responsabilità da parte di chi a questa persona vicina, di sentirsi in colpa o meno.

Non si può vivere senza il senso degli altri, e questa è la salvezza-fregatura.

Anonimo ha detto...

Parlando di citazioni, me ne ricordo una al riguardo.
"Soluzione permanente ad un problema temporaneo". A volte non è poi così temporaneo. Ma la soluzione è permanente senza dubbio.
Quel che mi chiedo: ad autorizzare l'eutanasia, quanti saranno i casi in cui si poteva ancora fare qualcosa?
I suicidi sono un brutto colpo allo stomaco.

Anonimo ha detto...

"Nessuno, secondo me, è in grado di capire un suicidio. Perlopiù non lo capisce neppure il suicida: è raro che chi si uccide sappia la vera ragione per cui lo fa. Non c'è un rapporto preciso fra l'esperienza del lager e il suicidio. Anzi in lager il suicidio era praticamente assente. Perché questo avvenisse e perché, invece, ci siano tanti più suicidi quanto più la società sia prospera, fatto questo abbastanza noto, è mal spiegato.
Io ho una mia teoria personale e penso che il suicidio sia un atto altamente personale ed intellettuale, se si vuole patologico, ma gli animali non si suicidano. Ed in lager la vita era quella dell'animale: non c'era tempo per pensarci, c'era da pensare a mangiare, a proteggersi dal freddo, e proteggersi dalle botte. Il tempo per meditare sulla vita e sulla morte e di scegliere per il suicidio non c'era".
Primo Levi, poco prima di morire suicidandosi.

Anonimo ha detto...

Suicidarsi per il dolore di disgrazie? Si, il dolore della disgrazia diventa più forte del desiderio di vita, si perde qualsiasi lucidità garantista.
Suicidarsi per dispetto? Mhhhh... non credo. Oppure lo si pensa, ma c'è qualcosa a monte che è diverso.
Per noia? allora non chiamiamola noia, ma depressione.
Guarda Pavese, "Verrà la morte e avrà i tuoi occhi", la sua manciata di sonniferi, hai mai letto la sua biografia? Fin dall'infanzia sembra la battaglia di Caporetto!
L'istinto suicida cambia poi anche fra i depressi, ce ne sono di arrivati a toccare il fondo, ma non tentano, altri che non fanno altro che provare e riprovare (5, 6, 10, 12 volte!) finchè non riescono (tu Gi sai perchè lo so).
Conosco un caso che, dopo diversi tentativi, si è cacciato in gola un seme di avocado avvoltolato in un fazzolettino, per essere sicuro che non scivolasse e potesse effettivamente soffocarlo.
Poi c'è il suicidio per adesione letteraria, cfr. Mishima, scritto e fatto, secondo il rituale seppuku, suicidio della tradizione samuraica. Per carità, adoro Mishima, ma non ci sono andata a cena (magari!), non so cosa sta dietro a tutto questo.
So solo che, dopo aver passato un mese con il sospetto di avere un cancro ai polmoni ( ed era una particolare forma di polmonite), vedo le cose diversamente e ho buttato l'antidepressivo.
Diciamo che sono passata dal vedere occasionalmente le rotaie del treno come binari verso il nulla anzichè verso la stazione, all'idea che si può anche provare ad affrontare il vizio del vivere, "Senza la possibilità del suicidio, avrei potuto uccidermi molto tempo fa" (Cioran), furbetto, a suo modo, eh?!
baciosi ;)
cri

Gisy ha detto...

@Antonio - "Soluzione permanente ad un problema temporaneo". Già, ma appunto quanta vita ti toglie il male? A volte troppa, ed è come sentirsi morti tra i vivi, mi capita ogni tanto, ho momenti che sto meglio,come oggi e ho un pò di respitro, ho imparato a non vergognarmi del malessere non l'ho mai fatto, ma a volte quei momenti di buona sembrano davvero non bastare. E' il bene degli altri l'unica cosa che davvero mi fa vivere, o meglio restare in vita, l'idea di far del male ad altri, mi fa più male che il mio male. Appunto quel pugno sullo stomaco.

@ Cri - Probabilmente chi riesce a suicidarsi in quel prciso instante deve essere depersonalizzato, è davvero una gran fatica l'identità da reggere e da uccidere.
Ho conosciuto un mio amico che credol'abbia praticato in maniera malsanamente estetica, e pure vendicativa veso la persona con la qule stava, è stato bruttisismo. Le pareti imbrattate di insulti alla lei che lo aveva lasciato, così.
Poi a volte bisogna stare attenti credo (e lo dico pure per me), a non prendere tropposul serio le proprie magagne, a fare delle proprie malattie l'unica risorsa. E' pure presuntuoso a pensarci.
Certoche quello che ha messo il seme nel fazzoletto, cacchio, ci vuole una certa ostinazione, eh, e auto-determinazione, ma come ha fatto?
Beh io sì cipenso, forse un pò come l'idea di dare una pacca mortale in testa al gatto che poi invece gli accarezzo il cranio che fa pure le fusa.
Non ho ancora capito quanto sul serio ci abbia mai pensato. Cmq anche solo pensarci non è un bell'affare, ma a volte pensare che si potrebbe da un momento all'altrao andarsene da tuttto - come Cioran dice è pure consolatorio, rassicurante. A volte il suicido il tentare più volte è un atto esibizionista, per tirare l'attenzione. Sì, c'è pure questo.

Per il fatto della tua buona notizia, ci credo, un pò è come tornare a nascere avere delle notizie del geneere, ed uno appena nato ha voglia di scoprirlo il mondo, non si fatto troppe domande. Non bisognerebbe mai forse, farsi troppe domande. Son felice per te.

Anonimo ha detto...

"E' il bene degli altri l'unica cosa che davvero mi fa vivere, o meglio restare in vita, l'idea di far del male ad altri, mi fa più male che il mio male. Appunto quel pugno sullo stomaco."
Concordo pienamente. Ma io del mio malessere mi vergogno molto. Per questo sto in mezzo ad altri e fingo di stare bene e rido e forse penso che anche altri come me stanno fingendo. (Gio)

Gisy ha detto...

@ Gio - son ben altre le cose di cui bisogna vergognarsi. E in genere chi si dovrebbe vergognare invece si atteggia da sbruffone. E' importante trovare qualcuno che senti vicino con cui parlare dei tuoi malesseri, comuqnue già riuscire a fingere anche se so che è brutto è qualcosa; ultimamnete nemmeno quello riesco. Uffa. Però hai tutto il mio sostegno, vai avanti il bene degli altri è l'altra nostra vita, che spesso non ci accorgiamo nemmeno di avere.
Bisogna apprezzare queste cose.

Anonimo ha detto...

C'è una persona che mi sta davvero molto vicino come tante persone non sanno fare più.Che nemmeno lo merito e non finirò mai di ringraziarlo che è la mia salvezza.
Che poi non ho nemmeno motivi gravissimi per questo malessere. Ma già il fatto di esserci è motivo di malessere qualche volta.
Spesso sto malissimo solo a pensare che sono così trasparente nei sentimenti (e dunque fragile) e che gli altri non lo sono affatto e questo è molto comodo per loro che se non stanno male non devono nemmeno fingere di stare bene.
Ci sono anche giorni in cui scoppio di felicità che mi vien da piangere per quanto sono felice. Ma tipo una volta l'anno.
Un desiderio inesaudibile: mi piacerebbe molto sentirti per telefono. Sicuramente non sono nè la prima nè l'ultima. Mi piace molto il tuo cinismo. Che uno si figura che sia una brutta cosa. E invece non c'è nulla di più sano.
Poi mi sembri anche sincera, anche ne La ragazza definitiva mi dai quest'impressione. A meno che tu non sia una gran paraventa, ma non credo. Che poi anche se non ti conosco io ho queste manie di fidarmi abbastanza del prossimo, almeno finchè non mi fa capire chiaramente che mi sta prendendo allegramente per i fondelli. Ma questa è un'altra storia. (Gio)

Gisy ha detto...

"già il fatto di esserci è motivo di malessere", già, questo lo capisco tantissimo.
Cinismo, non so se sia brutto, a volte penso di sì, ma non arriva gratis - è una difesa che nella vita ad un certo punto, ad una certa età si innesca quasi in automatico in alcune persone, queso non vuol dire che non si si soffre affato, anzi - che si ha paura a vivere, perché la vita ci ha fatto male prima. E forse è una doppia soffernza.
Se vuoi, puoi sempre scrivermi in privato

gisy@gisy.it

Anonimo ha detto...

Intendevo proprio il desiderio di ascoltare la tua voce non quello di romperti le balle con la storia della mia vita. Appunto, un desiderio. L'ho scritto di getto. Senza pensarci. Ti mando un bacio bellissima!

Anonimo ha detto...

Sono favorevole all'eutanasia.. perciò mi dilungherò sull'altro argomento. Ci possono essere molti motivi che possono spingere al suicidio.. ma trovo che tutti siano superabili con molta buona volontà. La cosa che meno sopporto sono le "finte" del suicidio.. quelle farse che si fanno soltanto per attirare l'attenzione. Io mi domando, in questo caso, cosa diavolo potrebbe pensare, quale orrore potrebbe assalire il suicida quando si accorge che sta morendo davvero e che non è un gioco, che non può fermarsi. Sono innamorata di un ragazzo che usa fare così... gli ho chiesto di non tagliarsi e non fare più cose tanto stupide, ma ha iniziato ad accumulare così tanto rancore, che alla fine l'ho lasciato libero di fare come credeva. Vi dirò.. mi è sembrato di commettere un delitto, di fargli capire che della sua vita non mi importava più. Sono veramente arrabbiata con lui, lui finge di suicidarsi... e questo non lo sopporto. Non so più cosa fare con lui... per vendicarsi di un mio comportamento (reiterato, ma ognuno ha i suoi difetti :-(, ha finto di suicidarsi al telefono. Da quel momento, è cambiato qualcosa.. e lo vedo con occhi diversi, quasi che prima non avessi mai collegato la possibilità che morisse "realmente". Mi ha fatto orrore pensare a lui che si diverte a far scorrere il sangue dalla sua pelle... l'ho immaginato per la prima volta con un taglio alla gola. Ma la cosa che mi ha più colpito.. è stato ciò che ho pensato. Anche se ho urlato, sono restata lì ad ascoltare che non fingesse, ma poi i rumori duravano da troppo e mi sembravano proprio reali.. allora mi sono spaventata ed ho chiuso il telefono.. e.. ho pensato che fosse pazzo e che questo l'aveva portato a morire. I suicidi usano la loro morte per ferire gli altri... per lasciare un senso di colpa e di vuoto. Sono contro il suicidio.

Gisy ha detto...

@ Anonima - risponderò volentieri alla tua lettera. magari la posterò anche pubblicamente, in un post più recente -

Ci sono moltissimi motivi che possono portare all'idea del suicidio, forse quasi tutti almeno almeno una volta nella vita, ci abbiamo pensato, anche se in maniera più o meno superficiale - arrivare al suicidio vero e proprio, è già più fatica sia per l'istinto base di sopravvivenza, sia e credo di averla vissuto, per il dolore che può provare nel provocare il dolore di chi amiamo e ci ha a cuore.

Tu parli anche di autolesionismo riguardo questo ragazzo, che è comunque uno stato mentale patologico, direi tutto sommato abbstanza diffuso, ma che va curato con attenzione.
E' logico che chi soffre di disturbi analoghi non li abbandonerà con una semplice richiesta.

Quasi tutti quelli che simulano suicidi, lo fanno con l'intento di avere delle attenzioni, o per ottener quello che non sentono di avere, magari affetto, o una solitudine incolmabile.
Spesso, e il suicidio ne è l'esempio più eclatante, ma ce ne sono tantissimi altri - l'autolesionismo, è una forma di masochismo verso gli altri, come il sadismo steso, è una forma di masochismo verso se stessi. Questo binomio è difficilmente dissociabile.

Ma non tutti i suicidi lo fanno davvero per ledere a chi rimane, alcuni sì, ma non tutti. Spesso, certi non ne parlano proprio, agiscono e basta.
Altre volte, sapere che c'è chi ci ama invece, anche in fasi in cui al suicidio ci si pensa, frena l'istinto autodistruttivo per la volontà di non fare del male.

E' meglio vivere una vita d'inferno? io non credo, certo si devono fare molti tentativi per cercare di vivere al meglio possibile, e curarsi. Ma non sempre questo ha esito positivo.

Sicuramente la persona con cui hai a che fare, ha problemi che non si risolvono solo a parole d'amici e fidanzata. sarà sempre inconsolabile, non abbandonarlo totalmente, ma non farti prendere dai sensi di colpa, sennò gli darai più forza nel continuare a fare quello che fa, perché capisce d'avere un potere, e non va bene.

Anonimo ha detto...

Ogni volta che sopravvive, ritorna con una voce che traspare gioia.. e mi dice che non l'ha fatto per me. Io resto un po' confusa, perchè un momento prima, sembrava che non ero più il suo primo pensiero e gli dava fastidio se cercavo di fermarlo. Oppure era come se fosse colpa mia, che ero arrabbiata...

Senza dubbio, facendo così detiene il potere. Ne sono molto innamorata, poi so cosa vuol dire soffrire.. ma forse questo mi porta a non vedere le cose in modo oggettivo. Ormai ne ha combinate così tante, che dovrei lasciarlo e dimenticarlo... ma ogni volta è difficile, c'è sempre qualcosa che ci riporta insieme.

In ogni caso.. sentire quei rumori al telefono per scherzo, è stato orribile. Risentirli poi, per davvero, per un'altro dei suoi suicidi "finti", è stato ancora peggio. Mi manca il cuore, ormai...

Non so come comportarmi con lui.. cosa devo fare? Devo fare l'indifferente? E se poi muore veramente? Oppure devo dargli retta e continuare a sentire degli ultimatum al mondo?

Sembra che i genitori non si accorgano di niente, eppure se ne va in giro bendato...

Gisy ha detto...

Ti ho risposto, postando il tuo commento come post recente.
son situazioni difficili. ma tu non farti prendere troppo dai sensi di colpa.