E' ovvio che ancora esiste questo pensiero, dato che è pieno di non autori che pur di vedere le loro idea stampate nero su bianco pagano; ma oggi come oggi non è che essere pubblicati dalla maggior parte delle case editrici che comunque hanno (diciamo) un nome sia indicativo di qualità, è tutt'al più indicativo di tentato fiuto, di commercializzazione, di prova, di lancio, di argomento, di manualistica, e questo va naturalmente a discapito degli autori che invece perseguono un identità più letteraria, oggi abbastanza snobbata da molte case editrici ( a meno che non ci sia di mezzo un postumo o un autore che si è affermato in tempi non recenti).
Quindi, resto anch'io del resto ancora legata che la casa editrice possa avere una parola in più perché è un filtro rispetto alla quantità di scelleratezza che spesso leggo con volontà di pubblicazione, (scelleratezza intesa come demenza purtroppo); ma per come scelgono, e seguono oggi le case editrici gli autori (anche quelli in gamba),, forse auto pubblicarsi agli occhi di oggi 2013 non è che sia una cosa così spregevole come mi pareva in assoluto fino a qualche anno fa.
Avevo già accennato ad un discorso analogo, voi cosa ne pensate, auto-produzione letteraria, sì o no, discrimina l'autore o oggi no?
1 commento:
True human happiness should be, as he put it, complete.
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