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News e appuntamenti


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IN LIBRERIA

26 agosto 2010

Un grazie e un ricordo a Saramago



























Finalmente le giornate si stanno un po' alla volta accorciando anche se questa estate sembra tenere con questo caldo e questa afa, ma come dire l'idea che ormai sarà poca la resistenza che può fare la stagione mi solleva.
era un po' che non scrivevo e mi scuso, ma per scrivere con un po' di sentimento occorre creare almeno un poco silenzio e quando si è indaffarati in faccende di sopravvivenza non è facilissimo, l'azione la si mette a tacere sempre un po' dopo,così che quel silenzio che potrà venire dopo avrà un altro senso.

E' impressionante delle volte pensare come lo stare bene ci appartiene ed è la cosa più naturale con cui viviamo i giorno dentro e fuori, e altre volte in cui invece sentiamo ogni nostro sforzo vanificato dalla fatica, da ciò che va contro la nostra idea di bene, ma intanto tutto ci costruisce, Vedi sempre le solite cose succedere a persone diverse,  il tempo che passa il cambio dei colori, le domande che cambiano con l'età, ma che poi alla fine quelle volte che trovano risposta hanno il loro silenzio, oppure il silenzio dell'arroganza di aver capito.
In un qualche modo tutto va a finire nel silenzio. Per un motivo o per l'altro. per verità, per saccenza o per sfinimento, ed è per questo che tutto diviene una lotta perché questo non accada.

Come dicevo è un periodo in cui sono molto impegnata più che altra con il lavoro delle foto, il ché mi piace, ma allo stesso tempo mi leva un po' la possibilità di dedicarmi alla scrittura, ciò che mi ha smosso anche per rimettere piede al blog oggi, è stata un'intervista passata verso le due di notte l'altro ieri a José Saramago (morto purtroppo a giugno di quest'anno) e che i più conosceranno per il suo romanzo Cecità.
Come si capisce chi vive su altri piani, e quelle persone che non parlano ma volano, un po' come faceva De Andrè con le sue canzoni. e diversi altre persone con la loro arte. Inutile dire che si capisce che questa gente è baciata da un'aurea diversa, un po' la sensazione che ho avuto conoscendo che ne so o Gianni Celati, o Ezio Vendrame per motivi completamente diversi, ma ci sono persone che abitano altri spazi, e sinceramente con Saramago ho proprio pensato questo che i genio così come l'eletto non ha né genitori, e né figli, ma gode dell'esistenza e la vede la manipola la trasforma nella sua trasformazione.

Parlava appunto dei luoghi, di dove vive e di dove ha vissuto, dice che "abitiamo in un posto, ma viviamo nella memoria" lui faceva l'esempio del fatto che viveva a Tias in Portogallo (dove è anche morto), ma quello che ricorda in continuazine erano i paesi che aveva abitato fino ad allora dalla sua infanzia, alla gioventù ed oltre, e che quei paesi che abita lui ad esempio, sono paesi di un altro tempo e un'altro spazio, ovviamente (parlava di Berlino), la Berlino che lui la poteva aver vissuto era viva nella testa, abitata nella sua testa, ma di certo non la Berlino di oggi.

Anche se di per sé può sembrare una considerazione ovvia, il modo in cui l'ha detto mi ha fatto pensare molto, e penso faccia pensare molto in molti; ho pensato che sì, il presente significa che ciò che viviamo è una stanza per il nostro futuro, ciò che viviamo è la nostra ipoteca, è quello di cui vivremo, ma inteso proprio come spazio tempo, è l'altrove che ci salverà, è fermare la vita vivendola per poterla rivisitare.
Ed è davvero così perché quando ricordo, tutto è vibrante ancora, forse più di allora eppure quelle cose sono andate.

09 agosto 2010

Da "Gelo" di Thomas Bernhard

Il pittore Strauch è un caso clinico psichiatrico. 
"Mi spiegò come avesse imparato a trattare le persone come sassi e a considerare le cose nuove come fatti antichi. Come avesse scoperto che cosa è privo di pensiero, che cosa ci rende privi di pensiero, solitari, torpidi. Come lui in se stesso sapesse conciliare futuro presente e passato, e portare avanti questo gioco fino al punto in cui cominciava a sfuggirgli di mano. Come avesse imparato con un semplice calcolo a spegnere il proprio corpo, a spegnere anche lo spirito, a spingerlo in una direzione che per lui in quel dato momento era quella prestabilita, "l'unica direzione", una sensazione che durava forse solo una frazione di secondo. Come osasse vivere soltanto in mezzo ai morti, ai dimissionari, a uomini spenti destituiti precipitati. Passava attraverso la vita come attraverso a un tunnel senza fine e a null'altro che tenebre. E gelo.


"Gelo" Bernhard Thomas

03 agosto 2010

Bassotuba non invecchia

Ogni tanto se  c'è mi vien immediatamente voglia di rileggere, che l'ho consumato oramai che è Bassotuba non c'è, da quel momento lì in poi ho cominciato a capire che si può sconfiggere la depressione anche con dei libri che non sembrano dei libri, invece sono molto più libri di quei libri che si rivestono di libri, insomma fatto sta che a distanza di 13 anni, io torno a leggere quel libro che ha scaraventato Paolo Nori nell'Olimpo di quegli scrittori che si dicono scrittori, senza offesa intendo.


Allora rileggo le avventure di Learco Ferrari, da non confondere assolutamente con Learco Pignanoli, al quale lo stesso Learco Ferrari deve non pochi meriti, se non altro nel nome, con la differenza che Leraco PIgnanoli sicuramente ma più fame che fama, Learco Ferrari invece è stato simpatico a molta più gente, del resto Learco Pignanoli ha una personalità più contorta, e anche il suo far ridere è più contorto, e questa cosa del contorto non la capiscono tutti. Invece Learco ferrari, non ostante sembri meno sempliciotto di Leraco Pignanoli, e quindi venga spesso sfottuto perché è troppo semplice nei ragionamenti, ma fanno ridere, anche se la gente sfotte, sfotte ma ride di più, per cui poi lo hanno conosciuto in di più.


Quelli erano bei tempi e allora io porto una passaggio che mi piace di quello che dice Learco Ferrari sta volta:

“Cara Susanna Agnelli
domani si sposa un amico di mio figlia, che è anche il figlio del nostro medico di famiglia. E’ un ragazzo molto caro, che ci ha fatto un sacco di bene e ci ha anche invitato al suo matrimonio. Consigliaci, per cortesia, un regalo di buon gusto da fargli”.
E Susanna Agnelli rispondeva


“Un impianto stereofonico. Ce ne sono di tutti i prezzi e si fa sempre bella figura.”


A me, per esempio, mi scriverebbero:

“Caro Learco Ferrari,
abbiamo invitato a cena dei nostri amici a cui teniamo molto. Consigliaci un menù adeguato e di buon gusto.”
E io risponderei:



“Un bel piatto di merda, non costa niente e ce n’è in abbondanza.”


Paolo Nori - Da Bassotuba non c'è ed Derivi Approdi maggio 1999