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News e appuntamenti


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IN LIBRERIA

09 dicembre 2012

Piero Ciampi Maledetto poeta























In questi giorni finalmente sono riuscita a vedere il libro fisicamente, quindi è uscito per davvero nonostante non ne abbia ancora una copia. 
Ce n'è voluto di tempo per questa riedizione che avrebbe dovuto uscire già ad agosto 2011. Mi spiace solo una cosa: che ci debba essere sempre molta malafede riguardo la mia scelta e quella dell'editore sugli interventi inseriti. 
Ma questo è un altro fatto e preferirei che protagonismo e amore stiano ben separati in questa sede. Ciò che mi auguro è che questo libro, così come tutti gli interventi dedicati a Piero e alle sue Opere possano servire a farlo conoscere per arrivare a chi se lo può meritare. Ci sarebbero troppe cose da dire su questa grande persona, e ho cercato di farlo dire a chi l'ha conosciuto per diversi motivi, lavorativi di pura amicizia; mi pareva del resto la cosa più sensata.
Del resto quanti amano Ciampi? Oggi penso abbastanza, e proprio perché in tanti hanno creduto nel suo "essere maledettamente puro, autentico, estremo, ironico, dolce, duro e sfacciato con tutti, compreso se stesso" -
Viene da sé chiedersi chi è stato, da dove arriva questa sua forza?
Sarà che ho un debole per le cause perse, e per me è stata una folgorazione l'incontro con Piero, questo non mi bastava, era più che giusto, una mi necessità poter condividere tutto questo, e penso che questa sensazione l'abbia provata più volte chiunque l'abbia incontrato in maniera vera, decisa, - "come fa uno così a essere così poco conosciuto?" Maledetto! più rumore la sua vita che la sua morte per il Livornese a differenza del suo caro amico Tenco. Due grandissimi ben inteso, ma con riscatti diversi.

Dalla prima edizione ci hanno lasciato tante persone che avevo intervistato, così importanti nella sua vita, persone che gli sono state accanto e creduto in lui fino alla fine così come, Ennio Melis, Gianni Marchetti, Gianni Elsner, Italo Greco pochi mesi fa. Una grande nostalgia non può che assalire, e per questo penso sia proprio la cosa più importante lavorare sul passato che ci interessa, per dire che niente e mai andrà perduto se il loro ricordo ci tiene vivi e ancora ci fa vibrare.

Grazie a Piero e a tutti quelli che lo hanno amano, lo amano e lo ameranno.

22 novembre 2012

Il vestito e il monaco

Mi è capitato qualche giorno fa, prima che mi ammalassi per intenderci di andare dalla pescivendola, lì non ci vado spesso, ma quel giorno ero vestita meglio del solito, per meglio intendo che non ero vestita in maniera sgualcita come mi capita se devo uscire per fare la spesa.
La cosa che mi ha colpito è che dopo aver ordinato delle alici, mi ha guardato da cima a piedi, e quando il suo occhio e
cascato sule scarpe nuove, o su una sua idea mi ha chiesto "gliele posso pulire?".
Cosa che non è mai capitata le altre volte che ero vestita in maniera diciamo "normale".
Altro episodio, entro in un negozio specializzato in luci per video, mi servivano, le volte scorse che ero andata in sopralluogo semplicemente per vedere i prodotti, il proprietario si è rivelato al limite della scortesia, come dire "che scocciatura questi che entrano e non comprano un cazzo".
Ma questa volta dopo un acquisto importante, l'atteggiamento è cambiato radicalmente, con frase finale "speriamo di vederci, anche per non spendere dei soldi, se ha bisogno di aiuto..." frase che significa esattamente, "vieni se devi spendere":
Quindi oggi la tua identità acquisisce valore se è associata ad un valore monetario, possibile? perché quel valore, è potenzialmente un valore da acquisire anche a chi ti sta servendo, e rende loro "migliori" per tipologia di clientela, perché i soldi dei poveracci valgono meno di altri :(
Se spendo 4 euro per le alici e ho un giubbotto o ne spendo 4 e ho una pelliccia, saranno sempre 4 euro ben presi no? NO. non è più questo il concetto.
Perché poi come qualcuno mi ha scritto

"you are beautiful but the money makes you gorgeous".

Penso che questa sia ahinoi la chiave di lettura odierna. La bellezza senza il potere, non conta più nulla, e non parlo ovviamente di bellezza o avvenenza fisica, pure quella della poesia eccetera eccetera.

14 agosto 2012

Omo-fobia e uomo-fobia degli uomini














Dell'omofobia si è parlato già molto, ovvero della repulsione e dell'atteggiamento di emarginazione degli uomini verso gli omosessuali, dovuta sia la fatto che non di vogliano assolutamente identificare con questi e appartenere in un qualche vago modo a quella "categoria" che per altri molteplici motivi sociali.

Ma ancora l'uomo-fobia invece mi pare sa un'altra piaga molto comune e diffusissima, ovvero, il timore, ma soprattutto il pudore di un uomo nel rapportarsi ad altri uomini.
Dico questo perché se ne voglia si parla tanto dell'onesta amicizia tra uomini che va bene esiste sì c'è anche, ma quando un uomo entra per qualche motivo in contatto con un altro, specie se tramite una donna (che non è detto sia la compagna o una donna desiderata) ho notato scatta una sorta di rivalsa e di pudore incredibile che nelle donne raramentissimamente ho notato.
Faccio un esempio pratico.
Su fb ci siamo sia io che il mio fidanzato, è' capitato più volte che conoscenti comuni sia reali che no, già miei amici una volta che ricevono la richiesta d'amicizia dal mio fidanzato gliela neghino (chiaramente la chiede solo se o ci sono davvero argomenti in comune o li ha conosciuti dal veri).
Siccome questa cosa sarà capitata almeno con una decina di persone, mi fa capire moltissime cose.
E che non mi vengano a dire ma io con lui non ho niente da dire, o altro perché per amicizia in comune mi sembrerebbe una cosa naturalissima accettare un'amicizia virtuale.
Premetto che questi uomini non soon necessariamente persone che hanno mire particolari o ci provano, ma con tutta evidenza accertando la sua amicizia si sentirebbero più limitati nel loro teatrino personale.
Credo sia lo stesso motivo per cui per orgoglio, molti uomini si vergognino a chiedere le informazioni stradali per strada e preferiscano perdersi vagando e perdendo tempo, pur (nella loro testa) di non dimostrarsi all'altezza di qualche situazione.

Potrei anche dire facendo un piccolo riferimento s/m che in molti schiavi non a caso l'umiliazione più grande arriva col confronto con altri uomini o compagni che tendono appunto a svilire o demonizzare la loro virilità.
Altra cosa che vorrei dire a proposito.
Diverse volte, quando trovo schiavi o utenti particolarmente insistenti o fastidiosi, (molto particolarmente insistenti o fastidiosi) devo fare intervenire il mio fidanzato, in genere ovviamente me la sbrigo da me, anche perché se non richiesto non ficca il naso nei miei rapporti virtuali nonostante sia a conoscenza di tutto. Solo in quel caso nel 99% dei casi fin ora si crea un STOP almeno momentaneo.
E quando avverto, della serie "bene ora ne parli con il mio fidanzato vediamo cosa ne pensa" - diverse volte rispondono, ah alla fine hai bisogno di un uomo per difenderti.
Il fatto è che la decisione della donna, così come la sua parola, ancora per molti vale poco più d un cazzo, e solo la presenza e l'accostamento di un maschio può intimorire anche per motivi del tutto futili e inutili un altro maschio.
io la chiamo uomo-fobia, alla fine molti uomini non si sanno proprio gestire emotivamente per motivi di stupido orgoglio e per cultura difronte un altro uomo, questa è la verità.
Tutte queste pugnette a mio parere (odio il noi perché significa fare categorie ma devo) le donne, sotto questo aspetto sono molto meno problematiche.

01 luglio 2012

Intervista a Xena Zupanic: oltre la men
















Xena Zupanic, nata in Croazia con dimora a Milano. In duplice esilio, dalla sua terra nativa e da quella adottiva, dai suoi studi filo-sofici e dal mestiere di attrice, molto drammatica. Artista, attrice, regista e performer, ha lavorato, tra gli altri, con Harald Szeemann in Xena & her foolish wives, in Future is at Balkans al Tanzquartier di Vienna e in Blood & Honey, al Sammlung Essl Museum di Vienna, nel 2003. Ha partecipato dal 2005 al 2008 a MarKette, programma televisivo di La7 condotto da Piero Chiambretti.



Xena, hai un trascorso molto denso per esperienze e per collaborazioni, nomi che significano vite nella storia dell'arte, della cultura internazionale, da modella per Helmut Newton ad attrice per Marco Ferreri..chi ricordi con maggiore ardore e chi tra tante menti e tanti cuori che hai incontrato sia stato (è stato) un mentore per te...e così una mia curiosità come ricordi la tua partecipazione al video "Il pippero" con Elio e le storie tese?"

Chi è il mio mentore? La mia mente, il mio corpo pensante? Quante volte mi hanno mentito? Tante, mi viene in mente, mi ricordo con precisione. La morte è il mentore più vivo di tutti: il ricordo della vita presente.
Il video_clip “Il pippero” è la parodia puntuale del mondo assurdo e paradossale. Una avvelenatrice che batte la cassa è la vita che ci assale quotidianamente.


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Tu dalla Croazia, dopo esserti laureata in filosofia storia dell'arte, per un caso sei capitata in Italia, da questo punto di vista pensi sia stato più difficile affermarti e intraprendere questa strada ? nella tua terra d'origine che immagine hanno di te come artista?

Nella mia terra d’origine mi vedono come un’Origami giapponese. Ogni volta piegata cambio la forma del mio essere artistico: la piega infinita di un barocco giapponese inesistente.


Quanto è contato per arrivare ad essere ciò che sei passare attraverso il lavoro di modella?

Il modo di essere modella lascio ad “Elle”. Ho cominciato dalla lettera A come Arte in tutti i sensi : l’arte modella la mia vita, coprendo le mie spese nel bene e nel male. Le spese sono alte ed arte deve essere concentrata e non spalmata sulla superficie troppo estesa. L’arte è un l’antidoto naturale contro le modalità appese sul nulla.
Chiudo gli occhi, mi concentro per bene, faccio un AUM (MMMM) profondo e incomincio a contare : fino al numero tre ci arrivo?

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Fare televisione come la vivi, non può essere riduttivo per una persona come te ?

Le mie apparizioni televisive non hanno ridotto la mia sensibilità artistica, semmai l’ha sfidata a trasformarsi in brevi, lampanti frammenti del tempo. Un esercizio haiku: in pochi gesti e parole un mondo nuovo si rivela periodicamente nel mio caso.
Patino sul schermo piatto televisivo dando i voti artistici a me stessa. Mi riduco così, purtroppo! 


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Si può fare arte, come si vuole e non scendere a compromessi?

L’arte odierna è scesa sotto la soglia del compromesso universale. E’ compressa come i bagagli del low-cost flies con pretese di un sucesso interplanetario; questa arte pigliatutto ha comprato anche il compromesso.
Dio mio, manda il tuo Messo per sopprimere il compromesso, sia la volontà tua conforme ad arte ben messa.
L' Arte in se stessa è un compromesso, aiuta a sopravvivere invece di annientare come terribile Messo di Dio che giudicherà la nostra vita. Solo morti siamo ben messi. 


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Ha senso essere sinceri nell'arte; alcuni dicono che le persone (un pubblico) se ne accorgono quando c'è di mezzo la verità, la sincerità, l'intensità dell'intento, io ci credo poco, tu cosa ne pensi?

Credo che il pubblico è sincero: con grande diligenza mastica molti gruzzoli di merda, l'operine marchiate e firmate con un “a” minuscola ma sontuosa, l’arte per i cittadini democratici, un po' trasgressivi, un po' bigotti, ma sempre vogliosi di novità fresche, stimolanti. Viva la sincerità: gli auguro la buona digestione! 

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La felicità non può esistere per gli spiriti eletti, una verità o un concetto troppo occidentale?

Essere spirito “eletto” porta nella maggior parte dei casi alla lacerazione estrema, alla catastrofe sicura. Parafrasando il poeta Renè Char, la creazione è l’atto d’autoesclusione, è il luogo della lacerazione dove abita la felicità.
Posso felicitarmi che la felicità quasi non esiste, ergo nell’atto di felicitarmi sono felice di eleggere il concetto della felicità al grado più alto del pensiero, ho eletto la felicità e sono felice anch’io confermando la sua esistenza.


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Alla verità invece ci si può arrivare solo attraverso tortuose vie, o anche qui tutto da rivedere, o forse no è poi così importante perseguirla...

La verità è la retta via che porta puntualmente nel labirinto: è lì che reggiamo la verità sulle nostre spalle, soccombendo.

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Da cosa si riconosce la grandezza di una persona per te, e quella di un artista?

La grandezza di una persona è la bassa condizione: guardare dal di sotto verso la vetta pura. L’artista può essere anche un infame, una non-persona, un demiurgo contorto, anche questo fa parte della grandezza, della rivelazione del mistero dell’essere.

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Essere belle come te, è penalizzante se si vuole esprimere un concetto forte, o può essere anche un vantaggio?

Essere belli ed esprimere un concetto forte è un vantaggio orgasmico, cosmico, un ordine che appartiene solo agli dei che non abitano tra di noi.
I belli portano bellum, la Guerra dei concetti destabilizzanti. Dalle ceneri così rinasce l’ordine che porta il vantaggio della bellezza. 


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Come si possono superare i pregiudizi sulle belle donne, ma soprattutto sulle donne?

Nel caso dei maschi sviluppando il lato femminile. Nel caso delle donne omettendolo.
Le donne belle campano sui pregiudizi, mentre le altre si logorano difendendosi. Superarli vuol dire superare la vita stessa. 


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Una mia impressione, sei talmente consapevole della tua bellezza, che hai potuto permetterti di interpretarti in modo mostruosamente inquietante. Una scelta coraggiosa, che pochissime donne sceglierebbero; come mai questa scelta? generalmente sono infastiditi gli uomini da questa tua posizione?

Gli uomini vogliono il riparo, vogliono le donne rassicuranti. Ma l’eterno femminile è l’inquietudine senza fondo, è la mostruosità della finitudine mortale che ci aspetta nel suo grembo materno. La mia non è una scelta , è un impulso naturale che lavora silenziosamente a finirmi, a terminarci. Sono solamente struggente strumento rivelatore di sterminazione lento ed inesurabile.
Il mostro che si presenta in società è altamente coraggioso: sfida l’ordine prestabilito basato tra l’altro sulla mediocre e scialba nozione della bellezza.
Gli uomini, tutti i portatori del complesso di S. Giorgio vogliono ucciderlo. Le donne vanno liberate anche a costo di ucciderle. 


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Come è nata in te l'elaborazione dell'inquietudine, e come hai capito che potevi trasformala in qualcosa di vivo?

L’inquitudine è sempre viva, è una danzatrice che danza tutti i giorni, al permanente crepuscolo dell’Impero che è la nostra stessa vita. Io l’ho elaborata portandola sopra il superficie del mio corpo, rendendola visibile come una contrazione fisiologica densa e liberatrice. Ora lei danza fino allo sfinimento. 

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Il messaggio più forte che vorresti fare arrivare attraverso ciò che fai...e cosa vorresti poter dare in futuro tramite le tue interpretazioni?

Nessun messaggio. Lascio correre il cavallo selvaggiamente senza il messaggio mentalmente ben predisposto. Il cavallo galoppa verso il futuro? Un cavallo sciamanico che scavalca dei livelli, portando innumerevoli rotture. Si viaggia penetrando i mondi, senza i messaggi ingombranti. Non c’è tempo di leggere, solo di vedere e agire.
Morire presto per risorgere subito, il messaggio che contiene il futuro in nuce.


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A uno sconosciuto che ti dice "sei bellissima" cosa risposeresti?

Risposeresti? Un lapsus freudiano?
La bellezza bisogna sposarla e risposarla di continuo. E’ uno sforzo matrimoniale perpetuo, giornaliero, che porta agli esiti dove la noia distruttrice non sfibra il matrimonio. 


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Qual'è la forma artistica nella quale ti senti meglio rappresentata e quella che senti di rappresentare al meglio?

Il teatro – un tête-à-tête attorno al quale latrono i cani rabbiosi, l’intimità che scioglie la paura omnipervasiva ; mi rappresento, mi rappresenta, mi cosenta, voglio andare avanti!

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Qual'è il tuo lavoro artistico che ritieni più riuscito?

Lo spetaccolo teatrale U-BITI, eseguito a Zagabria durante il festival teatrale “Eurokaz”. Parla di un assassinio reale efferato di un giovane studente. Nessuna colpa, nessuna espiazione, nessun attacamento alla terra madre. Niente Dostojevskij catartico. Solamente un nichilismo balcanico, chiliastico senza colpa e senza rendenzione. Ero un omicida sul palco e non avevo paura. Il Chaos contemporaneo modellava il mio corpo democriteo, tempestandomi con gli atomi malati e vitali fino alla follia. 

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Cos'è il significato, e cosa ci resta del significato?

Il significato è la bandiera Bianca della resa, permanemente alzata sul territorio accanto a noi, ardetamente desiderata. Un’esca mortale sulla quale il corpo morto si accascia quasi con gratitudine.
Un sentimento per te costante che ti ha accompagnato tutta la vita e sai ti farà compagnia..
La finitudine della Morte. La morte morde la mela già avvelenata.


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Qual'è l'arte e la forma artistica che a tuo parere oggi rispecchia meglio la contemporaneità?

L’arte cinematografica, ma non andrà all’infinito. Sta nascendo dal tramonto qualcosa di nuovo: un uovo cosmico orfico che non bisogna ne guardare ne contemplare. Il suo albume (albore) sarremo noi. 

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Cosa ne pensi della body modification?

E’ un misero tentativo d’allentare la finitudine, la morte. In certe forme artistiche è un eroico gesto di cambiare l’ordine del mondo in maniera radicale, mentale, usando il corpo come modificatore più potente, saldamente micidiale. 

Autori che sono più vivi dei vivi?

Carmelo Bene – la phoné, la guida oltremondana sciamanica, l’ascia bipenne labirintica
W. Shakespeare – un shake senza tempo, fresco fino allo sfinimento
E.Cioran – la mela avvelenata risvegliatrice

La musica cosa ti ha dato? cosa eleggi in musica?

La musica è radicale uscita dal mondo in un’istante. Un accelleratore cosmico che rivela i pianeti nuovi, perfettamente abitabili. La sua forza è la legge di fare e di disfare, demiurgicamente senza esitazione.
Cos'è oggi che scandalizza veramente?

Oggi lo scandalo è un uomo claudicante, inceppato su se stesso. Un ceppo secco dove molti artisti devono avere il coraggio di poggiare la loro testa sacrificale.

Esiste una visione al femminile e al maschile del mondo, dell'arte, e l'arte stessa come potrebbe essere di parte se per eccellenza vive di interpretazione universale?

E’ una illusione di vivere la visione dell’arte al femminile o al maschile. L’arte sono le viscere senza il sesso, la forza senza il compromesso, il Dio Apollo aconico, armonioso, ma sempre letale. Il sole rapisce felici ed infelici.
Trovi che troppi artisti si credono di poter essere Carmelo Bene? Come mai lui e altri no, è riuscito ad entrare così a fondo in un determinato immaginario di genere?

“E’ falso dire: Io penso: si dovrebbe dire mi si pensa”(A. Rimbaud). La volontà cattiva dell’Io sta per soccombere nei tempi senza il volto. Carmelo Bene lottava da gigante contro il colosso dell’Io tiranno. Una volta abbattuto il colosso risveglia molti David frustrati incitandoli di autoflagerarsi.

A proposito si può non esistere, essendo all'ennesima potenza?

Essendo all’ennesima potenza sempre veniamo a meno: l’Io è sorpresso e fisiologicamente siamo la fiamma incolore che brucia divinamente.

Cosa pensi della pornografia?

La pornografia rivela la verità dell’essere: la nudità e
l'enigmacità del mondo rappresentato tramite la sessualità disarmante. Un consumarsi, vivere l’istante dell’oblio pressochè totale del nostro ingombrante Io.


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Cos'è il fascino?

Il fascino: un fascio ben compatto ed esile della nostra energia che trascina alcuni verso la rovina.

Un incontro fortunato?

Con l’Ignoto, con il mio Gatto, con il mio Cane. L’elementare mistero sempre fausto.

Tre cose che non esistono e vorresti esistessero?

Tutto esiste ma non si esprime in maniera assouta e prepoderante: Amor, Roma, Marò o il Caputmundi (Roma) che con l’Amore (Amor) naviga nella testa di un Marinaio (Marò).

Tre cose che elimineresti dalla faccia della terra...

O-DIO, BELLUM, POVERTA’

Se c'è una frase o un consiglio che vorresti dare a tutti..

Di sconsigliare se stessi quotidianamente

Intervista di Gisela Scerman

24 giugno 2012

Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani























Che dire, occorre leggere tanto altro?




“Gl’italiani ridono della vita: ne ridono assai più, e con più verità e persuasione intima di disprezzo e freddezza che non fa niun’altra nazione. Questo è ben naturale, perché la vita per loro val meno assai che per gli altri, e perché egli è certo che i caratteri più vivaci e caldi di natura, come è quello degl’Italiani, diventano i più freddi e apatici quando sono combattuti da circostanze superiori alle loro forze. Così negl’individui, così è nelle nazioni. Le classi superiori d’Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano è il più cinico di tutti i popolacci. Quelli che credono superiore a tutte per cinismo la nazione francese, s’ingannano. Niuna vince né uguaglia in ciò l’italiana. […] Per tutto si ride, e questa è la principale occupazione delle conversazioni, ma gli altri popoli altrettanto e più filosofi di noi, ma con più vita, e d’altronde con più società, ridono piuttosto delle cose che degli uomini, piuttosto degli assenti che dei presenti, perché una società stretta non può durare tra uomini continuamente occupati a deridersi in faccia gli uni e gli altri, e darsi continui segni di scambievole disprezzo. In Italia il più del riso è sopra gli uomini e i presenti. La raillerie (canzonatura, ndr.) il persifflage (punzecchiatura, ndr.), cose sì poco proprie della buona conversazione altrove, occupano e formano tutto quel poco di vera conversazione che v’ha in Italia. Quest’è l’unico modo, l’unica arte di conversare che vi si conosca.”

— Giacomo Leopardi – Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani (1824)

09 giugno 2012

Apparenze
























Dicono che l'apparenza inganna;  ma devo dire che molta gente fa schifo almeno quanto sembra.
E' sul buono che ci si può sbagliare. Ecco lì sì, è vero, a volte inganna.

29 aprile 2012

musica parlata e musica cantata





















Qualche giorno fa parlavo con un mio amico ed è nata una discussione che ci ha portato a discutere. Ovvero lui sostiene che non ha senso parlare di musica dove il cantante parla il testo anziché cantarlo, dice in quel caso avrebbe senso di "parlautore" non di cantautore.
Visto che di musica si parla, la musica quindi il suono dovrebbe essere l'elemento centrale, quello imputato a far sì che la musica, e così anche la canzone possa rientrare in dati parametri di valutazione per essere inserite in un contesto musicale.

Pensavo che gran parte della musica italiana che a me piace, e piace tanto, è accompagnata dalla musica, ma di fatto mi piacciono proprio in particolare cantautori che spesso non cantano nel vero senso del termine (piero ciampi ne è un esempio, fausto rossi ne è un un altro in certi album, ma la lista è lunghissima davvero).

Si può dunque dire che questa non sia musica o che sia meno musica, ma piuttosto una forma poetica musicata? che se un pensiero rientra a voce su di una base melodica non si attiene alla definizione di canzone, ma tantomeno si può parlare di musica?
Personalmente proprio quel tipo di musica, perché per me di musica si tratta ha dato molto emotivamente, anzi tante volte ribadisco che è stata per me più letteratura della letteratura stessa talvolta. (appunto mi sento dire, vedi che non è musica!).

 No ribadisco perché la voce ha un suono, ha un ritmo, ha una melodia intrinseca, e quindi penso sbagliato scindere la musica di suono e di cantato da una parte e la canzone di parlato da un'altra. perché la voce è suono, è ritmo appunto, è quel trasporto che solo un tono, un colore, un'espressione può dare esattamente come una sequenza di note in minore o maggiore. Cosa ne pensate?

19 aprile 2012

Mario Rigoni Stern

Intervista a mario Rigoni Stern, la trovo di una bellezza incredibile.

05 aprile 2012

Decadenza dei blog
















Sbaglio, o a prescindere da me non posto pochissimo oramai qui (ma che continuerò a farlo) i blog stanno miseramente decadendo?




01 aprile 2012

Aprile !

















Attenzione ai pesci !

30 marzo 2012

Amore bestiale

Woody Allen...


19 febbraio 2012

Giudizi pregiudizi, sessismo e lavoro.


Chi è bello generalmente è avvantaggiato.

partiamo da questa condierazione abbastanza banale e comunque.

Questo riguarda specie il genere femminile, ma anche no dato che - nei lavori "la bella presenza" è sempre più richiesta in ambo i sessi. Poi "la bella presenza" che è di fatto la prima impressione che si ha su un idividuo - uno che rappresenti bene la propria immagine e di conseguenza anche l'immagine dell'azienda o del posto di lavoro in cui verrà \è inserito.

Vita dura per i brutti, per le brutte sembra davvero orrenda, perché se sei donna e per di più brutta, non ti perdonano nulla, né le donne, né gli uonini, la società di fatto. A meno che non si abbiano aòtre prerogative talmente forti da camuffare questo stato, ma queste prerogative in questa società sono molto più vicine al potere nelle sue forme che non alla sensibilità, l'intelligenza e le sue forme.

Se sei bella, mettiamo caso, basta anche carina, le prime considerazioni che cadono sul tuo conto è immediatamente sulla considerazione personale, anche in ambiti in cui non dovrebbe essere tirata in ballo, qiomdi in maniera istintiva entra da subito esiste un occhio di riguardo differente da chi non è stato premiato dalla natura di questa caratteristica.

Per chi la possiede la bellezza, così come l'intelligenza, la simpatia, la creatività e tante altre componenti diciamo dell'individuo (e ho citate solo di positive, ma vale ovviamente anche l'inverso) - è una caratteristica che può essere vista e vissuta tanto quanto un talento. E come tutti quelli che possiedono in maniera innata - grandi talenti - può adagiarsi su questa prerogativa con sicurezza, così come molti musicisti di grande talento, o pittori, o scrittori che per estrema sicurezza, si lasciano andare al compiacimento di se stessi che il più delle volte è dannoso - tipo atteggiamento di chi vive con la convinzione e l'aucompiacimento di possedere una cosa (che ineffetti c'è, esiste) magari raggiungendo all afine di tutti ci conti mete meno esaltanti di chi non le possiede meno, ma proprio per questo non vi si adagia orizzontalmente e la verticalità imposta da quel due terzi lo spinge al miglioramento. la bellezza a differenza di altri dote innate però va trattata anche per questo motivo con un occhio di riguardo in più, dato che effetivamente il tempo complice non è mai, ma non lo è in fin dei conti nemmeno per altri tipo di talenti innati.

Però tant'è che di bellezza volevo parlare, c'è chi dice come in prima affermazione che è un vantaggio, e in primis è davvero difficile affermare il vantaggio, dato che la biologia stessa porta vantaggi alle specie più robuste, più sane e più belle, ma inserito in società, in una società quindi strutturata anche da menti pensanti è penoso pensare che ci sia sempre questa barriera da scavalcare pera avere un giudizio meritocratico, una selezione meritocratica.

Se il vantaggio deve essere sempre suggestionato da un fatto sessista, rompe un po' i coglioni, perchè se un uomo anche se non è uno splendore viene valutato meritocramente nel suo lavoro, o quanto meno in maniera on condizionata nei suoi rapporti, idem in quelli lavorativi - o almeno molto difficilmente viene avvantagiato perché chi lo prende in considerazione mentalmente pensa ad un vantaggio personale, o anche solo ad un sentimento di favore.

Sì perché non sto dicendo che chi ti sceglie nei lavori, qualunque essi siano lo faccia brutalmente per provarci, ma dal momento che una è una donan bella o carina, scatta probabilmente anche psciologicamente un sentimento di protezione nei confronti della bellezza, di accondiscendenza, perché poi di fatto l'essere umano vuole essere circondato da cose belle, che poi in parte ol bello sia condizionato dal sociale o dall'innata simmetria e proporzione melodica di fatto nessuno vuole attorno ciò che ritiene essere brutto, e quindi cosa sei dentro o meno, sono giudicati sempre e solo in un forse secondo momento.

Ma parlando di sessimo la forza che rappresenta una bella donna, non è assolutamente uguale a quella di un bell'uomo, dto che la donna ha reale peso sociale se è bella, l'uomo se è realizzato - e questo genere di consideraioni purtroppo, ahimé le ho sentite fare anche da uomini di cultura, che ritengo delle belle menti. Se ne esce quindi?

è lì, il caso della natura che ti ha voluto cogno o anatroccolo - lì che le donne vengono ferite o riverite; e questo di fatto è un vantaggio davvero? sapere che comunque la tua parola deve fare una fatica boia prima di scavalcare il tuo aspetto fisico ? O che quello che fai un ambito differente da quello estetico deve sempre essere prima smarcherato dai migialia di pregiudizi che gli si affibbiano sopra?

Per cui se sei carina e ti occupi anche di qualcos'altro che esce dagli ambiti usuali, è molto difficile essere preso seriamente in considerazione, questo è un vantaggio? secondo me NO.

Ecco io ho sempre in mente questa cosa qui, che nel bene o nel male con le donne non esista mai un sistema veramente meritocratico. così se sei in gamba e fai le cose dicono le voci

"eh grazie, hai sei risucita a fare qursto e quello perché sei bella, non perché hai dei meriti (quando ocvciamente non dicnon di peggio, che di solito dicono di peggio)"

-se non riesci a farle - ti danno imemdiatamente della cretina, perché una bella che cervello vuoi che abbia

-se sei brutta - non hai alcuna valore assoggettato. Quindi anche quello che fai non è che importi molto. Ci sarà qualcuno più bello di te, che si vende meglio, che saprà prendere il tuo anonimato e dargli una faccia.

04 febbraio 2012

Mio Thumbl - Golden Age is burning


















Chi vuole ora può seguirmi anche a questo ind di Thumbl Golden Age is burning 

:)

01 febbraio 2012

ma chi erano mai questi Beatles ??????






















Stadio

Chiedi chi erano i Betles 

Norisso - Curreri

Se vuoi toccare sulla fronte il tempo che passa volando in un marzo di polvere e di fuoco e come il nonno di oggi sia stato il ragazzo di ieri, se vuoi ascolteranno solo, per gioco il passo di mille pensieri chiedi chi erano i Beatles

Se vuoi sentire sul braccio il giorno che corre lontano e come una corda di canapa è stata tirata,o come la nebbia è inchiodata alla manofra giorni sempre più brevi se vuoi toccare col dito il cuore delle ultime nevi chiedi chi erano i Beatles

Fino qui occhei c'è un po' di ossessione del tempo che passa, ma quella ci può stare, ne siamo un po' tutti vittime. E di generazione in generazione va così.

Chiedilo a una ragazza di quindici anni di età - chiedi chi erano i Beatles e lei ti risponderà la ragazza bellina col suo naso garbato, gli occhiali e con la vocina chi erano mai questi Beatles lei ti risponderà!

I Beatles non li conosco e neanche il mondo conosco Sì sì conosco Hiroshima, ma del resto ne so molto poco.Ha detto mio padre: "L'Europa bruciava nel fuoco."Dobbiamo ancora imparare, siamo nati ieri, siamo nati ieri.

Quindi la ragazzina bellina a 15 anni ha già un sacco di presunzione, non sa in effetti chi erano i Beatles, ma ha una consapevolezza della madonna riguardo la proprio ignoranza, poi va avanti e fa la falsa modesta "Sì sì conosco Hiroshima, ma del resto ne so molto poco" - quando con ogni probabilità conosce i Beatles, ma Hiroshima no la vedo improbabile, o forse ha visto "The day After" e gli è rimasto molto impresso, e riconosce di essere nata ieri, difatti sempre con quella finta modestia, che però vuole fare bella figura con gli interlocutori amanti dei Beatles dice per due volte, noi siamo nati ieri, siamo nati ieri rivolgendosi a tutta la sua generazione, perché tutta la sua generazione è di fatto una generazione di ignoranti che ignorano sicuramente come lei chi erano i Beatles, e anche loro, quelli della sua generazione dovrebbero farsi avanti e avere sete di sapere chi erano i Beatles a suo parere, perché essendo nati ieri sono dei mocciosi che non si fanno domande. 

Dopo le ferie d'agosto, non mi ricordo più il mare. Non ricordo la musica, fatico a spiegarmi le cose. Per restare tranquilla,scatto a mia nonna le ultime pose chi erano mai questi Beatles

da questa frase si capisce chiaramente che il sole d'agosto ha dato alla testa alla ragazzina bellina, tanto che "non mi ricordo più il mare" che dopo essersi rincoglionita dal sole comincia ad avere nostalgia per la nonna, ed essere ossessionata da chi erano quei Beatles che lei non sa mica, ma gli hanno messo curiosità ormai.

Voi che li avete girati nei dischi e gridati voi che li avete aspettati ascoltati bruciati e poi scordativi dovete insegnarci con tutte le cose non solo a parole chi erano mai questi Beatles chi erano mai questi Beatles

Insomma la ragazzina comincia ad avere una sorta di transfert con gli interlocutori amanti dei Beatles, tanto che la nostalgia per questo gruppo che lei manco sa chi sono, si fa sempre più soffocante, in poche parole sembra che lei avrebbe voluto vivere la giovinezza negli anni '60, e ora non lascia tregua vuole sapere TUTTO di loro di quello che hanno fatto ecc ecc, non solo dei Beatles ben inteso anche degli appassionati.

La pioggia cade presto asciugata dal sole. Un fiume scorre su un divano di pelle. Ma chi erano mai questi Beatles Le auto hanno brusche fermate le radio private mettono in onda la nebbia e le vecchie paure. Chi erano mai questi Beatles

In vena poetica attanagliata dalla nostalgia di non aver vissuto quel tempo, butta lì una mediocre frase (che però attenzione a 15 anni è un buon inizio) come metafora del tempo che scorre "La pioggia cade presto asciugata dal sole". "l'acqua che scorre sul divano di pelle" che quindi non assorbe l'acqua e passa come niente fosse, fa capire il cinismo del tempo e del mondo, e quindi ora che la ragazzina anche lei che grazie a chi gli ha messo la pulce nell'orecchio ha sempre più nostalgia e voglia di conoscere, capisce a 15 anni che è solo merda di fatto quella che passano le radio private, che fa entrare con la metafora di nebbia come che offusca le menti tipo. 

Di notte,sogno città che non hanno mai fine. Sento tante voci cantare laggiù gente risponde. Nuoto fra le onde di sole,cammino nel cielo del mare. Chi erano mai questi BeatlesChi erano mai questi Beatles

Talmente è grande la sua ossessione ora, comincia  sentire le voci, che però sono quelle degli altri, probabilmente quelle dei suoi interlocutori amanti dei Beatles proiettati allora negli anni '60, loro sì che l'hanno vissuto il mondo ele resto, e quindi chiam, chiama, che li chiami da un'altra epoca, ma a forza di sentire le voci, le voci si fanno sentire, ma manco si degna di risponderle.
A questo punto. per potersi rilassare e liberare dall'ossessione va  farsi quattro passio, ma si capisce, non è una spiaggia quella che percorre, bensì un cielo cammino nel cielo del mare, usando a suo parere un magnifico ossimoro - ma ormai quella frase le ha devastato la mente, e non basterà una semplice camminata a calmare la smania "ma chi erano mai questi Beatles?"

No vabbè è così una piccola considerazione, che mi divertiva

ora ascoltate pure senza preconcetti



13 gennaio 2012

Álvaro de Campos





Álvaro de Campos (Fernando Pessoa), 15/01/1928

Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler essere niente.
A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo.


Finestre della mia stanza,
della stanza di uno dei milioni al mondo che nessuno sa chi è
(e se sapessero chi è, cosa saprebbero?),
vi affacciate sul mistero di una via costantemente attraversata da gente,
su una via inaccessibile a tutti i pensieri,
reale, impossibilmente reale, certa, sconosciutamente certa,
con il mistero delle cose sotto le pietre e gli esseri,
con la morte che porta umidità nelle pareti e capelli bianchi negli uomini,
con il Destino che guida la carretta di tutto sulla via del nulla.


Oggi sono sconfitto, come se conoscessi la verità.
Oggi sono lucido, come se stessi per morire,
e non avessi altra fratellanza con le cose
che un commiato, e questa casa e questo lato della via diventassero
la fila di vagoni di un treno, e una partenza fischiata
da dentro la mia testa,
e una scossa dei miei nervi e uno scricchiolio di ossa nell’avvio.


Oggi sono perplesso come chi ha pensato, trovato e dimenticato.
Oggi sono diviso tra la lealtà che devo
alla Tabaccheria dall’altra parte della strada, come cosa reale dal di fuori,
e alla sensazione che tutto è sogno, come cosa reale dal di dentro.


Sono fallito in tutto.
Ma visto che non avevo nessun proposito, forse tutto è stato niente.
Dall’insegnamento che mi hanno impartito,
sono sceso attraverso la finestra sul retro della casa.
Sono andato in campagna pieno di grandi propositi.
Ma là ho incontrato solo erba e alberi,
e quando c’era, la gente era uguale all’altra.
Mi scosto dalla finestra, siedo su una poltrona. A che devo pensare?
Che so di cosa sarò, io che non so cosa sono?
Essere quel che penso? Ma penso di essere tante cose!
E in tanti pensano di essere la stessa cosa che non possono essercene così tanti!
Genio? In questo momento
centomila cervelli si concepiscono in sogno geni come me,
e la storia non ne rivelerà, chissà?, nemmeno uno,
non ci sarà altro che letame di tante conquiste future.
No, non credo in me.
In tutti i manicomi ci sono pazzi deliranti con tante certezze!
lo, che non possiedo nessuna certezza, sono più sano o meno sano?
No, neppure in me…
in quante mansarde e non-mansarde del mondo
non staranno sognando a quest’ora geni-per-se-stessi?
Quante aspirazioni alte, nobili e lucide -,
sì, veramente alte, nobili e lucide -,
e forse realizzabili,
non verranno mai alla luce del sole reale nè troveranno ascolto?


Il mondo è di chi nasce per conquistarlo
e non di chi sogna di poterlo conquistare, anche se ha ragione.


Ho sognato di più di quanto Napoleone abbia realizzato.
Ho stretto al petto ipotetico più umanità di Cristo.
Ho creato in segreto filosofie che nessun Kant ha scritto.
Ma sono, e forse sarò sempre, quello della mansarda,
anche se non ci abito;
sarò sempre quello che non è nato per questo;
sarò sempre soltanto quello che possedeva delle qualità;
sarò sempre quello che ha atteso che gli aprissero la porta davanti a una parete senza porta,
e ha cantato la canzone dell’Infinito in un pollaio,
e sentito la voce di Dio in un pozzo chiuso.
Credere in me? No, né in niente.


Che la Natura sparga sulla mia testa scottante
il suo sole, la sua pioggia, il vento che trova i miei capelli,
e il resto venga pure se verrà o dovrà venire, altrimenti non venga.
Schiavi cardiaci delle stelle,
abbiamo conquistato tutto il mondo prima di alzarci dal letto;
ma ci siamo svegliati ed esso è opaco,
ci siamo alzati ed esso è estraneo,
siamo usciti di casa ed esso è la terra intera,
più il sistema solare, la Via Lattea e l’Indefinito.


(Mangia cioccolatini, piccina; mangia cioccolatini!
Guarda che non c’è al mondo altra metafisica che i cioccolatini.
Guarda che tutte le religioni non insegnano altro che la pasticceria.
Mangia, bambina sporca, mangia!
Potessi io mangiare cioccolatini con la stessa concretezza con cui li mangi tu!
Ma io penso e, togliendo la carta argentata, che poi è di stagnola,
butto tutto per terra, come ho buttato la vita.)
Ma almeno rimane dell’amarezza di ciò che mai sarà
la calligrafia rapida di questi versi,
portico crollato sull’Impossibile.
Ma almeno consacro a me stesso un disprezzo privo di lacrime,
nobile almeno nell’ampio gesto con cui scaravento
i panni sporchi che io sono, senza lista, nel corso delle cose,
e resto in casa senza camicia.


(Tu, che consoli, che non esisti e perciò consoli,
Dea greca, concepita come una statua viva,
o patrizia romana, impossibilmente nobile e nefasta,
o principessa di trovatori, gentilissima e colorita,
o marchesa del Settecento, scollata e distante,
o celebre cocotte dell’epoca dei nostri padri,
o non so che di moderno - non capisco bene cosa -,
tutto questo, qualsiasi cosa tu sia, se può ispirare che ispiri!
Il mio cuore è un secchio svuotato.
Come quelli che invocano spiriti invoco
me stesso ma non trovo niente.


Mi avvicino alla finestra e vedo la strada con assoluta nitidezza.
Vedo le botteghe, vedo i marciapiedi, vedo le vetture passare,
vedo gli esseri vivi vestiti che s’incrociano,
vedo i cani che anche loro esistono,
e tutto questo mi pesa come una condanna all’esilio,
e tutto questo è straniero, come ogni cosa.)
Ho vissuto, studiato, amato, e persino creduto,
e oggi non c’è mendicante che io non invidi solo perchè non è me.
Di ciascuno guardo i cenci e le piaghe e la menzogna,
e penso: magari non ho mai vissuto, nè studiato, nè amato, nè creduto
(perchè si può creare la realtà di tutto questo senza fare nulla di tutto questo);
magari sei solo esistito, come una lucertola cui tagliano la coda
e che è irrequietamente coda al di qua della lucertola.


Ho fatto di me ciò che non ho saputo,
e ciò che avrei potuto fare di me non l’ho fatto.
Il domino che ho indossato era sbagliato.
Mi hanno riconosciuto subito per quello che non ero e non ho smentito, e mi sono perso.
Quando ho voluto togliermi la maschera,
era incollata alla faccia.
Quando l’ho tolta e mi sono guardato allo specchio,
ero già invecchiato.
Ero ubriaco, non sapevo più indossare il domino che non mi ero tolto.
Ho gettato la maschera e dormito nel guardaroba
come un cane tollerato dall’amministrazione
perchè inoffensivo
e scrivo questa storia per dimostrare di essere sublime.
Essenza musicale dei miei versi inutili,
magari potessi incontrarmi come una cosa fatta da me,
e non stessi sempre di fronte alla Tabaccheria qui di fronte,
calpestando la coscienza di esistere,
come un tappeto in cui un ubriaco inciampa
o uno stoino rubato dagli zingari che non valeva niente.


Ma il padrone della Tabaccheria s’è affacciato sulla porta e vi è rimasto.
Lo guardo con il fastidio della testa piegata male
e con il disagio dell’anima che sta intuendo.
Lui morirà ed io morirò.
Lui lascerà l’insegna, io lascerò dei versi.
A un certo momento morirà anche l’insegna, e anche i versi.
Dopo un po’ morirà la strada dove fu stata l’insegna,
E la lingua in cui furono scritti i versi.
Morirà poi il pianeta che gira in cui tutto ciò accadde.
In altri satelliti di altri sistemi qualcosa di simile alla gente
continuerà a fare cose simili a versi vivendo sotto cose simili a insegne,
sempre una cosa di fronte all’altra,
sempre una cosa inutile quanto l’altra,
sempre l’impossibile, stupido come il reale,
sempre il mistero del profondo certo come il sonno del mistero della superficie,
sempre questo o sempre qualche altra cosa o nè una cosa nè l’altra.


Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),
e la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.
Mi rialzo energico, convinto, umano,
con l’intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.
Accendo una sigaretta mentre penso di scriverli
e assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.
Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,
e mi godo, in un momento sensitivo e competente
la liberazione da tutte le speculazioni
e la consapevolezza che la metafisica è una conseguenza dell’essere indisposti.


Poi mi allungo sulla sedia
e continuo a fumare.
Finche il Destino me lo concederà, continuerò a fumare.
(Se sposassi la figlia della mia lavandaia
magari sarei felice.)
Considerato questo, mi alzo dalla sedia.
Vado alla finestra.
L’uomo è uscito dalla Tabaccheria (infilando il resto nella tasca dei pantaloni?).
Ah, lo conosco: è Esteves senza metafisica.
(Il padrone della Tabaccheria s’è affacciato all’entrata.)
Come per un istinto divino Esteves s’è voltato e mi ha visto.
Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves!, e l’universo
mi si è ricostruito senza ideale né speranza, e il padrone della Tabaccheria ha sorriso.